Per far fronte all'emergenza dopo la chiusura dell'autostrada A19, Trenitalia ha introdotto due nuovi convogli al giorno: regionali veloci da 3 ore e 11 minuti. Nel 2013 il governo regionale stabiliva la percorrenza in 2 ore e 45 minuti. Rimasta sulla carta, sebbene basterebbero pochi accorgimenti
Ct-Pa, nuovi treni lenti e assenti sul sito Come abbattere i tempi a costi contenuti
«La velocizzazione dei treni è un mix di miglioramento delle infrastrutture, degli orari e del materiale rotabile. Ma il vero problema della Catania-Palermo è la frequenza del servizio. Se le ferrovie non ce la fanno, dev’essere la Regione a intervenire». Per Francesco Russo, docente di Trasporti e logistica all’università di Reggio Calabria, sono chiare sia le criticità che le soluzioni della tratta ferroviaria che collega i due capoluoghi siciliani. Un tema tornato d’attualità dopo il cedimento di un pilone sull’autostrada A19 e la conseguente chiusura dell’arteria. Che renderebbe il treno un mezzo di trasporto alternativo prezioso, specie considerate le opzioni in auto: le dissestate strade dell’entroterra oppure un giro panoramico via Messina. Per superare l’emergenza, ieri sono stati introdotti due nuovi treni regionali, che però non figurano ancora tra le opzioni disponibili sul portale online di Trenitalia. «La premura doveva essere inserire nell’immediato i treni sul sito, non inviare il comunicato stampa, perché non tutti leggono il giornale», lamenta Giosuè Malaponti, del comitato pendolari siciliani.
Due le corse veloci aggiunte alle altrettante esistenti e con lo stesso itinerario (Catania – Enna – Caltanissetta Xirbi – Termini Imerese – Palermo e ritorno): una da Catania alle 5.28, con arrivo a Palermo alle 8.39; e l’altra che parte dal capoluogo isolano alle 17.29, per arrivare nella città etnea alle 20.30. «Dal monitoraggio del primo nuovo treno di ieri abbiamo notato una stranezza – spiega Malaponti – L’ultima stazione doveva essere Palermo e invece dall’applicazione web e smartphone Viaggiatreno risultava Fiumetorto, vicino Termini Imerese». Un risultato che ha fatto pensare al peggio «e invece, chiamando, ho saputo che il treno è arrivato regolarmente nel capoluogo con quattro minuti d’anticipo». La struttura comunicativa di Trenitalia, insomma, non sembra essere ancora pronta a far fronte all’emergenza.
Nello specifico, il comitato pendolari aveva fatto due richieste: che i nuovi treni partissero alle 5 del mattino e che rispettassero le coincidenze per le altre principali città etnee. Un obiettivo centrato a metà e per un soffio. «Se ad esempio il treno che arriva a Catania alle 20.30 è puntuale, si ha circa un quarto d’ora per prendere la vettura per Messina – spiega Malaponti -. Chi deve tornare a Siracusa, invece, rimane a piedi, perché l’ultimo treno passa circa venti minuti prima». La soluzione, spiegano dal comitato, può essere soltanto una: «Prevedere il prolungamento della sosta a Catania del treno per Siracusa, in attesa dell’arrivo di quello da Palermo».
L’altro nodo irrisolto è poi quello dei tempi di percorrenza: 191 minuti, cioè 3 ore e 11 minuti per un regionale veloce. «Sono trascorsi due anni dal 28 febbraio 2013, quando il governatore Crocetta ha sottoscritto il Cis (Contratto Istituzionale di Sviluppo, ndr) nel quale si stabilivano i tempi di percorrenza attuali della Catania-Palermo in 2 ore e 45 minuti – continuano dal comitato pendolari – ma di questi orari a tutt’oggi nemmeno l’ombra». Per non parlare dell’obiettivo di 2 ore e 20 minuti nel 2020, a fronte di un investimento milionario. Un caso non isolato nella storia delle ferrovie siciliane. «Nel 2009 si iniziò a parlare di un programma per l’ammodernamento e la velocizzazione del tracciato Catania-Palermo – racconta Malaponti – Nel 2010 il programma venne finanziato con 30 milioni, ma mai messo in opera».
E il 2009 sembra essere stato l’anno delle possibilità per la rete ferroviaria siciliana. «Ferrovie dello Stato pensò di fare l’alta velocità in Sicilia, con un tunnel miliardario da 40 chilometri che di per sé farebbe inorridire qualunque ingegnere – racconta il professor Russo – ma per di più si sarebbe voluto fare nel parco naturale dei Nebrodi». A quella proposta si opposero studiosi e società civile, tra cui proprio il docente. «Secondo i nostri conti aggiornati al 2009, quando ci volevano cinque ore per andare da Catania a Palermo e viceversa, la stessa tratta si sarebbe potuta fare in 200 minuti con sette fermate o in 185 minuti con tre fermate». Un tempo di percorrenza che sarebbe potuto scendere anche a 150-135 minuti riducendo le fermate. Il tutto «con un progetto tattico da non più di 90 milioni». Una cifra che può apparire alta, ma che è in realtà una briciola «dei cento miliardi che sono stati e saranno spesi per l’alta velocità da Roma in su», commenta Russo.
Il docente ha analizzato la linea Catania-Palermo tratto per tratto. «Da Catania fino a Enna si tratta di una vecchia ferrovia, ma con caratteristiche buone: senza pendenze e con poche curve – spiega – Poi c’è la Enna-Roccapalumba, che è il vero tratto gravoso e su cui, intervenendo, si potrebbe guadagnare molto. Si continua con la Roccapalumba-Termini, che è una linea decente, per finire con il percorso da Termini Imerese a Palermo che è davvero buona, con un doppio binario elettrificato». Lavorando sulle pendenze e sulle curve nel secondo tratto si potrebbero quindi guadagnare minuti preziosi. «Ma solo se questi interventi sono accompagnati da migliorie nella gestione delle fermate intermedie e dei treni in sé, con vetture che permettano di affrontare velocemente le linee in curva», aggiunge Russo. Poche cose concrete, dal risultato immediato.
«In generale, però, il problema vero è la frequenza del servizio, che dovrebbe essere di almeno un treno ogni due ore». Inutile, per il docente, dare la colpa ai pochi passeggeri attuali. Specie in questo momento di emergenza, in cui molti sarebbero costretti a prendere il treno. «Mal che vada andrebbe bene anche un treno veloce ogni tre ore – aggiunge – Anzi, facciamo così: un treno parte da Catania, ci mette tre ore per arrivare a Palermo, arriva e riparte. È sempre lo stesso e il piano è bello che fatto», sorride il docente. Che conclude: «Cerchiamo di trovare il bene anche in una situazione drammatica come quella attuale, rendiamola un’opportunità».