Il governatore ufficializza il passo indietro ma lo scontro con l'acerrimo nemico Leoluca Orlando non si attenua. «Ci sono palermitani che pensano di essere la Sicilia. E non è così», dice. E rivendica le sue scelte: «Michela Stancheris non era forse un assessore civico? E Scilabra, Vancheri, Borsellino?»
Crocetta si ritira e attacca la politica palermocentrica «Da solo non vinco, ma impedirei ad altri di vincere»
Non è un epilogo felice, quello tra Rosario Crocetta e i suoi alleati. Soprattutto, è tutt’altro che seppellita l’ascia di guerra tra il governatore uscente e l’acerrimo nemico, Leoluca Orlando. Non lo nomina mai direttamente, ma quello di Crocetta è un atto di accusa a una certa politica palermocentrica che non tiene conto «che la Sicilia non è soltanto Palermo».
«Io sono stato il presidente di tutti i siciliani – sottolinea il primo inquilino di palazzo d’Orleans -. La cosa spaventosa di questi cinque anni sono stati i muri di gomma contro cui mi sono scontrato». Ed eccolo lì, ancora una volta, il fantasma di Palermo: Crocetta parla di «palermitani che pensano di essere la Sicilia, che pensano di essere almeno Palermo. E non è così. Cinque anni fa noi abbiamo vinto per la prima volta come sinistra nei quartieri popolari di Palermo, di Catania, di Messina, dove la sfida era difficile, dove il voto era controllato, ma abbiamo parlato il linguaggio della gente. Eppure dal primo giorno dell’elezione mi sono trovato davanti un muro di gomma».
La scelta di un percorso di civismo politico la cui regia è stata affidata al primo inquilino di palazzo delle Aquile, Crocetta continua a non averla digerita. Perché il governatore rivendica il suo, di percorso di civismo politico: «Michela Stancheris non era forse un assessore civico? E Nelli Scilabra, Linda Vancheri, Lucia Borsellino?».
Insomma, per Crocetta questo «è un giorno di liberazione personale da un’esperienza che ha comportato molti sacrifici personali. Ho ricevuto tanti messaggi di affetto e stima – sottolinea ancora Crocetta -. Ma anche qualcuno di risentimento da parte di chi pensa che alla fine noi da soli avremmo preso più voti di coalizione. Un presidente uscente che da solo viene dato al 24 per cento non è candidato bruciato, anche perché – ironizza – io sono un candidato che in molti votano nel segreto».
«Io – ammette – sono sufficientemente forte per impedire che altri vincano, ma non sono sufficientemente forte da vincere da solo. Dal punto di vista nazionale, non dovrei fare altro che candidarmi, dal punto di vista del regolamento dei conti non dovrei fare altro che fargliela pagare a chi mi ha osteggiato in questi cinque anni. Invece chi verrà dopo di me, taglierà soltanto nastri».