Nuova audizione del governatore a palazzo San Macuto. «I componenti sono rimasti sbigottiti dal tenore delle mie parole. Mi aspetto che queste informazioni servano davvero all’attività di indagine della Commissione». Riferimento a una telefonata minatoria dagli Stati Uniti
Crocetta presenta dossier in Commissione Antimafia «Denunce circostanziate, mi aspetto che si indaghi»
«Certo che mi ricandido. Altrimenti che facciamo, ritorniamo al passato?». Dall’altro lato della cornetta, appena uscito da Palazzo San Macuto dove è stato ascoltato dalla commissione bicamerale antimafia, c’è il governatore siciliano Rosario Crocetta. Risponde alla domanda di un passante che gli chiede se correrà alle prossime regionali del 2017. Il clima, durante l’ultima audizione dello scorso 2 agosto, non era stato certo dei più sereni: dallo scontro aperto col vicepresidente Claudio Fava alle critiche mosse da diversi componenti dell’organismo bicamerale, che avevano puntato il dito contro la reticenza di Crocetta a rispondere puntualmente a diverse domande, come il rapporto con Confindustria Sicilia o la condanna per danno erariale del segretario generale della Regione, Patrizia Monterosso. «Questa volta, invece – ammette Crocetta – ho trovato un registro diverso. Ho trovato un presidente predisposto all’ascolto e anche i componenti sono rimasti sbigottiti dal tenore delle mie denunce».
Crocetta ha presentato due dossier alla Commissione «perché rivelano il contesto e il clima in cui il mio governo si è dovuto confrontare sin dall’inizio». Secondo la ricostruzione fornita dal governatore, risalirebbe al novembre 2012 «una telefonata dagli Stati Uniti a un mio collaboratore, che disse: “Dite al presidente che farà la fine di Mattarella”. Poi ne sono arrivate tante altre, che vanno da telefonate anonime a proiettili ricevuti, alla minaccia di essere ammazzato insieme ad Antoci. Sono una persona molto serena e non posso pensare che quelle minacce vengano da fonti istituzionali. Non ho mai dato molto peso alle minacce, ormai ci ho fatto il callo, è una vicenda che vivo sin dalla mia elezione a sindaco di Gela nel 2003. Non mi faccio impressionare, diciamo che finora sono stato fortunato». Il riferimento a un contatto telefonico dagli Stati Uniti ha fatto pensare a molti a un collegamento con la vicenda del Muos di Niscemi, ma Crocetta ammette: «Come si fa a dire? Anche perché poi la questione del Muos l’ha risolta sostanzialmente la magistratura, un po’ come è successo per il termovalorizzatore di Parma».
Sui contenuti dell’audizione. «Ho raccontato alla commissione – sottolinea – il percorso di denunce intrapreso dal mio insediamento a oggi, dalla vicenda che ha riguardato Montepaschi e Serit, alla vendita da parte del governo Cuffaro del patrimonio della Regione, con un danno erariale da 500 milioni, fino alla gara sulle assicurazioni sanitarie che abbiamo bloccato. Naturalmente c’è una parte dell’audizione che io ho chiesto venisse secretata, in cui ho fatto riferimenti a persone precise».
Nel corso del colloquio, Crocetta è voluto tornare sul tema del rapporto con Confindustria Sicilia, riprendendo anche «un’intervista rilasciata da Claudio Fava a l’Unità durante la compagna elettorale del 2012, in cui lo stesso Fava ha dichiarato di sposare la linea della Confindustria di allora: in realtà non c’era nessun candidato della Regione che non considerava la Confindustria siciliana un baluardo della legalità all’epoca». Punto sul quale ha ribattuto la deputata pentastellata in Commissione, Giulia Sarti, secondo cui a contrario «il M5s ha sempre mosso in maniera chiara critiche a Confindustria in Sicilia, mentre Crocetta si nascondeva sotto la gonna di Lo Bello e soci». «Io mi aspetto molto da questa audizione – ha concluso Crocetta – ho fornito molto materiale utile per chiarire lo scontro che è in atto in Sicilia. Mi aspetto che queste informazioni servano davvero all’attività di indagine della Commissione».