Crocetta, la finanziaria ter e la Sicilia che cola a picco: Parru cu tia, to è la curpa…

REGALIAMO UNA POESIA DI IGNAZIO BUTTITTA AL NOSTRO PRESIDENTE DELLA REGIONE: MAGARI GLI PORTA QUALCHE CONSIGLIO…

di Carmelo Raffa 

Ieri in occasione del Festino palermitano i grandi lavoratori dell’Ars si sono fermati. Hanno lavorato gli uffici della Commissione Bilancio e Finanze dell’Assemblea regionale siciliana che si sono occupati degli emendamenti alla manovra finanziaria “ter”.

Alla fine della fiera e dopo la fatidica frase pronunciata dal governatore Rosario Crocetta, gli emendamenti presentati, che erano 300, sono lievitati a 450.

Ciò significa che anziché ragionare su 500 milioni di spesa se ne dovrebbero ricercare altri 300 per far fronte alle nuove proposte. da dove prenderli?

Non entriamo nel merito dei vari emendamenti, ma rileviamo che Crocetta ed il suo Governo sono in balia delle onde e senza alcuna maggioranza. Un Governo, insomma, che fa acqua da tutte le parti.

Come abbiamo sempre affermato nei vari ragionamenti la cosa vera è che la forza vera che esercita Crocetta quando spesso si trova in difficoltà sta nel minacciare le proprie dimissioni ed in questo modo sancire la fine anticipata della legislatura.

Fino ad oggi e con questi modi il Crocetta-pensiero ha raccolto i frutti per poter tirare a campare. Ma le conseguenze per il popolo siciliano sono state e continuano ad essere un vero disastro. Infatti quando ci si illude che qualcosa di buono si muove, ci si accorge che era una chimera.

Sviluppo, produttività, occupazione dove stanno? Quanti sono i lavoratori in difficoltà o privi di occupazione dopo l’insediamento del Governo Crocetta?

Cari parlamentari dell’Ars, staccate la spina prima che sia troppo tardi. Con Crocetta la Sicilia non otterrà “una beata minch…”.

Cari parlamentari di Sala d’Ercole, se non recepite il nostro chiaro messaggio, rendete almeno omaggio alla memoria di una Grande Persona che non è più con noi.

Ci riferiamo Ignazio Buttitta e, in particolare, alla sua celebre poesia “Parru cu tia”

Parru cu tia,

to è la curpa;

cu tia, mmenzu sta fudda

chi fai l’indifferenti

ntra na fumata e n’autra di pipa

chi pari ciminera

sutta di sta pampera

di la coppula vecchia e cinnirusa.

Parru cu tia,

to è la curpa..

Guardatilu chi facci!

La purpa supra l’ossa un àvi tracci

ci la sucau lu vermi di la fami;

e la mammana

ci addutau ddu jornu

chi lu scippò di mmenzu a li muddami:

pani e cipudda.

Parru cu tia,

to è la curpa

si porti lu sidduni

e un ti lamenti;

si lu patruni, strincennu li denti

cu lu marruggiu mmanu e la capizza

t’arrimoodda li corna e ti l’aggrizza,

ti smancia li garruna,

ti fudda ntra li cianchi purpittuna,

t’ammacca ossa e spaddi,

ti sfricunia li caddi,

ti scorcia li custani,

ti spurpa comu un cani,

e supra la to carogna

ci sputa e ti svirgogna.

Parru cu tia,

to è la curpa.

Ti dici lu parrinu:

(li beni di lu munnu

su fàusi

e murtali

ca ddà supra tutti scàusi

arrivamu

e tutti aguali);

e tu ci cridi

e cali la tistazza

cornu na pecura pazza,

e nun t’adduni

ca sutta lu rubbuni

c’è un utru pi panzuni

e la saurra

nfoca lu iocu di la murra;

e tu ci cridi e ti scordi

dda tana e ddu pirtusu

unni sdivachi l’ossa;

e li to figghi ntra dda fossa

cu li panzi vacanti

e li vrazzudda ah’aria,

giarni comu malaria,

sicchi e sucati

com’umbri mpiccicati

a lu muru,

schèlitri e peddi di tammuru;

ca si disianu farfalli

pi essiri vistuti,

agneddi pi sèntiri càvudu:

e gatti e cani pi spurpari ossa.

Parru cu tia,

to è la curpa

si la to casa pari un barraccuni

di zingari sfardati:

la scupa ntra n’agnuni

e scorci di patati,

lu cufularu cìnniri,

di crita la pignata:

e to muggheri

l’ossa di pècura spurpata;

li matarazza chini

di crinu di zabbara

e matri patri e figghi

tutti ntra na quadara;

lu sceccu a vista d’occhi,

chi Piscia e fa scurnazza

gialla, ca la ristuccia

ntra li vudedda sguazza;

fradicia appizzata

a pignu ntra l’arcova,

una cucuzza pàpara

ca prerni russu d’ova;

e la farni chiantata

all’antu di la porta

cu li granfazzi aperti

e la vuccazza torta.

Sfarda sta carnisazza arripizzata,

tìncila e fanni un pezzu di bannera,

trasi dintra li casi puvireddi,

scinni nni li carusi carzarati,

sduna pi li stratuna e li trazzeri,

chiama picciotti e vecchi jurnateri,

cerca dintra li fùnnachi e li grutti,

l’ominí persi, abbannunati e rutti,

grìdacci cu la vuci d’un liuni:

«genti, vinni lu jornu a li diuni!»

Sfarda sta carninisazza arripizzata,

tìncila e fanri un pezzu di bannera

russa comu la tònaca di Cristu,

pi torcia lu to vrazzu e lu to pusu:

unniala a li venti a pugnu chiusu:

russa era la tònaca di Cristu!


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