Covid-19, denunce ai medici? «Sciacallaggio da reprimere» Divide invece il caso delle consulenze gratuite su Facebook

«Oggi siamo tutti eroi, ma tra poco qualcuno penserà che magari il proprio padre ultraottantenne è morto perché un medico non ha riconosciuto il Covid-19 o perché non è stato adeguatamente curato». Riccardo Spampinato, medico catanese e rappresentante del sindacato Cimo, parlava così una decina di giorni fa, quando alle perplessità sui rischi che correvano i giovani colleghi chiamati a lavorare negli ospedali siciliani a partita Iva in piena emergenza, si aggiungeva il timore per la fine dell’ondata di gratitudine nei confronti del personale sanitario e l’inizio di nuovi attacchi. Negli ultimi giorni alcuni casi in tutta Italia di studi legali che, più o meno esplicitamente, si sono messi a disposizione per valutare la possibilità di fare causa a medici e infermieri, sembrano dargli ragione.

«In questo momento – sottolinea Enrico Trantino, ex presidente della Camera penale di Catania – non c’è atto peggiore dello sciacallaggio, approfittarsi dell’inadeguatezza emotiva di tanti, scatenando persone vulnerabili contro i medici colpevoli di stare 24 ore su 24 a lavoro. Non li voglio chiamare colleghi ma mentecatti. È questione di decoro, di etica della professione. Serve una repressione severa». Nei giorni scorsi il consiglio dell’ordine degli avvocati di Catania è intervenuto per censurare i comportamenti inappropriati, deliberando la remissione di eventuali condotte illecite ai consigli di disciplina. «In questo periodo di emergenza – si legge nella delibera – sono frequenti, sui socialmedia, video e messaggi di avvocati che pubblicizzano particolari competenze dei propri studi, capacità di operare ed assistenza – alternativamente – per le vittime dei pazienti deceduti ovvero per i medici chiamati a rispondere del loro operato». 

In Sicilia non si segnalano ancora casi simili. E anzi diversi avvocati hanno preso pubblicamente la posizione opposta. «Non accetto e non accetterò alcun incarico volto a intentare cause contro operatori sanitari, medici e infermieri impegnati nella lotta al Covid-19. La mia coscienza ed il mio senso civico non sono in vendita», ha scritto Filippo Ficarra, ex avvocato del foro di Catania e oggi di Gela che ha difeso in passato sia medici sia vittime di malasanità. «Ho voluto esplicitarlo per una questione di coscienza. Siamo in una fase molto delicata in cui ai parenti che non possono assistere i propri familiari malati neanche nel momento della morte possono nascere dubbi su cui non bisogna speculare. Questo clima rischia di far scattare nei sanitari una medicina difensiva, che già esiste in tempi normali… Cioè un atteggiamento di difesa, di non rischiare quando invece la sperimentazione in questa fase è fondamentale per le cure. Eventuali errori grossolani potranno essere indagati a tempo debito, la mia categoria adesso dovrebbe astenersi».

L’ordine degli avvocati di Catania nella sua delibera va oltre e censura anche altri casi. «Alcune aziende hanno offerto assistenza legale gratuita (attraverso i propri legali interni o fiduciari) per ogni evenienza derivante dall’emergenza epidemiologica, pur avendo un oggetto sociale diverso dalla tutela legale». E ancora: «Pure la pubblicità mascherata da articolo giornalistico/intervista (vietata in quanto tendente, appunto, ad ingannare) è stata sanzionata dalla Suprema Corte. In tale periodo di emergenza, infine, sono apparsi diversi casi di messaggi pubblicitari, mascherati da articoli giornalistici»

Nell’elenco compare anche un articolo che parla del successo del gruppo Facebook Coronavirus, i diritti dei cittadini, creato dallo studio legale Leone, sede a Palermo e uno dei più importanti della Sicilia nel settore amministrativo. Sul gruppo centinaia di utenti pongono domande sull’interpretazione delle ordinanze e dei Dpcm, negli ultimi giorni soprattutto in materie economiche legate al decreto Cura Italia, a cui rispondono gratuitamente i legali. «Accaparramento di clientela? Questa accusa mi fa inferocire – spiega l’avvocato Francesco Leone a MeridioNews – Ho coinvolto decine di professionisti: commercialisti, medici, non solo avvocati. E i quesiti non hanno nulla a che fare con prestazioni professionali. Poi, non ho capito: noi avvocati non possiamo essere utili agli altri, allo stesso modo dei vicini di pianerottolo che portano la spesa agli anziani? Perché c’è tutto questo retropensiero?».

Leone, spesso in prima fila quando si è trattato ad esempio di avviare class action per concorsi ed esami, chiarisce: «Io trovo inopportuno, se non altro in questo momento, fare pubblicità per incitare le persone a denunciare il personale sanitario. Io non lo farei. Eppure la legge consente di pubblicizzare le proprie azioni legali. Allo stesso tempo questo non significa che gli avvocati non abbiano il diritto di difendere i cittadini che ritengono di avere subito un torto e che questi non possano in qualunque istante adire la giustizia. È follia – conclude – impedire alla gente di tutelarsi».


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