Covid-19, ddl per gestire gli appalti con i poteri speciali Proposta di Sammartino sostenuta da Pd e centrodestra

Il Covid-19 come il ponte Morandi. Nonostante la crescita dei contagi in Sicilia resti contenuta, con una decina o poco di più di nuovi casi al giorno, il coronavirus va trattato come una calamità. Non solo da un punto di vista sanitario. È questa la base di partenza di un disegno di legge che oggi verrà esaminato in commissione Affari istituzionali all’Ars. Primo firmatario Luca Sammartino, ma poi sottoscritto dai capigruppo di Forza Italia, Italia Viva, Diventerà Bellissima, Fratelli d’Italia, Lega, Udc e Pd, il testo era stato presentato come aggiuntivo alla finanziaria regionale e poi stralciato. A rinviarne la trattazione, ma con la promessa che sarebbe stato il primo pensiero post-finanziaria, è stato il presidente dell’Assemblea Gianfranco Miccichè, che nei giorni scorsi non ha mancato di sottolinearne le potenzialità intravedendo in essa uno strumento per raggiungere quella sburocratizzazione che non ha mai nascosto di desiderare. «In Sicilia si pagano tangenti per fare le cose che si possono fare», aveva detto, a novembre, il commissario forzista dal palco di Etna19. Il convegno che era servito a ricompattare il centrodestra. 

Nonostante non parli di tamponi, test sierologici e mascherine, il ddl fa in più di un caso riferimento al Covid. E a quella crisi economica che andrebbe affrontata, stando al Sammartino pensiero, allentando le maglie della burocrazia. A partire dai tempi per chiudere i procedimenti in mano a Regione, ex Province e Comuni e attribuendo poteri speciali a una serie di soggetti a cui spetterà premere sull’acceleratore per realizzare infrastrutture di interesse strategico già finanziate, mettere in sicurezza edifici scolastici pubblici, riqualificare immobili di proprietà delle aziende sanitarie. A beneficiare di tali poteri sarebbero sindaci (metropolitani e non), presidenti dei Liberi consorzi e manager della sanità.

All’Ars questa mattina sono attesi tre docenti di diritto amministrativo e due di diritto costituzionale. L’audizione sarà l’occasione anche per fare ritrovare attorno allo stesso tavolo Sammartino e Nello Musumeci, dopo l’aspro scontro a sala d’Ercole durante la discussione della finanziaria. Con tanto di riferimenti a palazzi di giustizia e indole fasciste. Chi invece si è già espresso sul ddl è il Servizio studi dell’Assemblea regionale siciliana, con una relazione in cui, in poche pagine, vengono messi in rilievo i punti critici del testo così come concepito. 

In merito al dimezzamento dei tempi dei procedimenti amministrativi, su cui già l’anno scorso l’Ars era intervenuta riducendo i termini previsti a livello nazionale, i consulenti ricordano che la «semplificazione va bilanciata con gli altri interessi in gioco», fra i quali la tutela dell’ambiente, dei beni culturali e della salute. Tutti aspetti, sottolineano, «non sacrificabili in nome dell’esigenza di semplificazione». Nella relazione si dice poi che «sebbene la proposta dichiari di collocarsi nella fase emergenziale dovuta al Covid-19, essa non restringe né dal punto di vista temporale né come oggetto il proprio ambito applicativo, configurandosi piuttosto come una norma a regime». Un dimezzamento tout court, viene definito.

Il ddl prevede anche l’introduzione dell’obbligo di presentare «esclusivamente a mezzo di canali telematici» le domande per i fondi extraregionali. Sul punto i consulenti – e il pensiero corre ai passati sfaceli alla Regione in tema di informatizzazione – si limitano a suggerire un confronto con gli uffici per valutare «l’applicabilità concreta della norma» ed evitare così «l’insorgere di problemi in fase di attuazione». La Sicilia post-Covid dovrebbe passare anche per un uso maggiore delle autocertificazioni: non più per spiegare perché si esce di casa, ma per accelerare la liquidazione dei pagamenti e avviare le istruttorie dei procedimenti. Tra ciò che si dichiarerebbe con la propria penna ci sono anche la bontà del casellario giudiziario e l’assenza di procedimenti penali a proprio carico.

Il passaggio più importante, però, arriva alla fine. Al comma 5 si parla della nomina dei commissari. Sindaci e direttori generali dovranno usare «poteri sostitutivi per risolvere situazioni o eventi ostativi alla realizzazione delle opere». Un margine d’azione che, richiamando la normativa in tema di Protezione civile, toccherebbe anche gli affidamenti dei lavori pubblici. In altre parole, la gestione degli appalti, in nome del Covid-19, potrebbe avvenire fuori dai confini previsti dal codice degli appalti. Nel ddl si esplicita che i commissari, «entro il termine inderogabile di 12 mesi dalla conclusione dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 e comunque entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge», potranno muoversi in deroga alla legge «nei limiti generali indicati dall’ordinamento comunitario». E ciò parrebbe riguardare anche la possibilità di ricorrere agli affidamenti diretti

Una proposta, questa, che non convince il Servizio studi dell’Ars. «Desta perplessità la deroga alla normativa nazionale e regionale sugli appalti e il richiamo all’applicazione diretta della normativa comunitaria – si legge nella relazione -. Com’è noto, infatti, la potestà legislativa regionale è rigorosamente delimitata dalla normativa nazionale e diverse volte la Corte Costituzionale ha censurato per violazione della concorrenza le norme regionali». Un caso, in tal senso, lo si è avuto nel 2016, con il bollo di incostituzionalità alla legge con cui l’Ars, l’anno precedente, aveva modificato le procedure di gara. E potrebbe non essere l’ultimo: l’anno scorso, infatti, il governo nazionale ha impugnato un’altra norma che interveniva a modificare le regole del gioco in tema di aggiudicazione degli appalti.

C’è da chiedersi quindi se, alla fine, l’emergenza Covid-19 potrà essere davvero equiparata a quella seguita al crollo del ponte a Genova. Per i consulenti dell’Ars no, a meno di un intervento da Roma. «Per la ricostruzione del ponte Morandi – ricordano i consulenti dell’Assemblea – è stata prevista una deroga alla normativa ordinaria vigente». A disporla, però, è stato lo Stato, non una Regione.


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