Il blitz dei finanzieri del Gico. L'immobile di via Cimarosa, in pieno centro, sarebbe stato anche punto di incontro per i boss. Sequestrata anche la società Conti Calcestruzzi che si occupò delle forniture per la posa della fibra ottica in città
Cosa nostra all’interno del parcheggio del grattacielo «Penna bianca lo gestiva per i Santapaola-Ercolano»
Alle spalle di uno dei teatri più importanti della città, a due passi dalla Villa Bellini e ai piedi del grattacielo di Catania. È lì che si trova il parcheggio coperto gestito dalla Etnea Autoservizi, ma che avrebbe fatto da paravento agli affari di Cosa nostra. Nelle ultime ore i finanzieri del Gico si sono presentati in via Cimarosa per notificare il sequestro, disposto dal tribunale di Catania su richiesta della procura, alla società di Concetta Tomaselli, 54enne sorella del più noto Antonio. Già pregiudicato per mafia a inizio anni Duemila e più di recente arrestato nell’operazione Chaos, Tomaselli è stato indicato come il reggente della famiglia catanese di Cosa nostra a partire dal 2017, ovvero dopo l’arresto di Francesco Santapaola, quest’ultimo cugino di secondo grado del boss Nitto.
A Penna Bianca – l’omaggio è all’ex calciatore Fabrizio Ravanelli, che con Tomaselli condivide la chioma canuta – sarebbe riconducibile anche la Conti Calcestruzzi srl, società anch’essa sequestrata, dopo che lo scorso anno è finita al centro dell’attenzione perché fornitrice dell’impresa che a Catania si è occupata della posa della fibra ottica. Una scelta che, secondo i magistrati, sarebbe stata fatta né per caso né per una valutazione commerciale: a imporre l’acquisto del calcestruzzo, peraltro giudicato di qualità scadente e a un prezzo sopra la media, sarebbe stato proprio Tomaselli. Un’indicazione data nell’ambito di una generale messa a posto, ma che in realtà non avrebbe frenato altri gruppi criminali dal pretendere il pizzo dall’impresa aggiudicatrice dei lavori. Per il tribunale, dietro la Conti Calcestruzzi, di proprietà ufficialmente di Maria Conti, ci sarebbe stato il cugino di quest’ultima Giuseppe Conti Pasquarello, ma soprattutto Tomaselli. Penna bianca sarebbe stato «il principale», per ammissione dello stesso Conti Pasquarello, e avrebbe usato i locali dell’azienda per incontrare diversi pregiudicati.
Lo stesso sarebbe avvenuto nel parcheggio di via Cimarosa gestito dalla Etnea Autoservizi. La società è stata fondata a metà anni Settanta dai genitori di Tomaselli, che l’hanno condotta fino al 2006, quando hanno passato la mano ai figli. La data è importante: l’anno precedente, infatti, la Etnea aveva avviato un percorso che avrebbe dovuto portare all’acquisizione dell’immobile, fino ad allora utilizzato in affitto. L’operazione aveva previsto l’acquisto del bene da parte del Credito Siciliano per un costo di poco inferiore al milione e mezzo di euro e la successiva sottoscrizione di un contratto di leasing finanziario, stando al quale la Etnea si impegnava a pagare un canone mensile di ottomila euro, poi rivisto in circa cinquemila, per un totale di 144 rate. Oltre che il pagamento di una rata iniziale e di un’altra finale da 350mila euro. L’ultimo pagamento sarebbe dovuto avvenire nel 2024, anno in cui l’autorimessa sarebbe diventata di proprietà dei Tomaselli.
Sulla carta queste spese sarebbero state affrontate fin qui dalla società con gli introiti derivanti dall’attività commerciale. Ma per i finanzieri del Gico, che hanno ricostruito la situazione patrimoniale e finanziaria della famiglia, ciò sarebbe stato impossibile. «L’analisi relativa al periodo 2009-2018 – si legge nel dispositivo – evidenzia come le rate annuali di leasing siano state sempre finanziate da immissioni sul conto corrente della società di somme di danaro in contanti. Il versamento di tali somme non si ritiene possa provenire da lecite risorse dei soci, i quali risultano avere percepito redditi già di per sé insufficienti a garantire il mantenimento dei rispettivi nuclei familiari».
Da dove sarebbero arrivate, allora, le risorse a disposizione di Tomaselli? Per la procura dubbi non ce ne sono: la famiglia avrebbe beneficiato della vicinanza di Antonio agli Ercolano. A indicare Penna bianca tra gli esponenti in vista di Cosa nostra sono stati diversi pentiti. Uno dei quali, Santo La Causa, ai magistrati ha raccontato di una volta in cui si lamentò dell’elevato prezzo della sosta nel parcheggio in cui era solita lasciare l’auto la moglie. «N’a parrari co ‘zu Pippu», sarebbe stata la risposta di Tomaselli. Come a voler chiarire chi fosse l’unico reale azionista del parcheggio: il boss Pippo Ercolano. A sostenere che il parcheggio fosse in mano ai Santapaola-Ercolano è stato nel 2008 anche il collaboratore di giustizia Umberto Di Fazio.
Il peso di Tomaselli all’interno di Cosa nostra etnea sarebbe stato via via maggiore e gli avrebbe portato anche problemi, compreso il rischio di essere ucciso. A volerlo fare fuori sarebbe stato, secondo il pentito Carmelo Navarria, lo stesso Francesco Santapaola infastidito dall’eccessiva autonomia che Tomaselli si stava ritagliando. A prendere parte all’agguato sarebbero dovuti essere anche Aldo Ercolano e Giovanni Comis, ma alla fine il piano era stato accontonato. Decisamente migliori sarebbero stati invece i rapporti con Enzo Santapaola, uno dei figli del boss Nitto. A detta del pentito Giuseppe Mirabile, Tomaselli, nella primavera del 2012, avrebbe svolto il ruolo di portavoce di Santapaola all’interno del carcere di Bicocca, dove i due erano detenuti prima che il primo venisse trasferito al 41 bis.
L’ultimo atto della carriera criminale di Tomaselli è descritto nelle carte dell’inchiesta Chaos. Il 53enne, dopo avere sfruttato l’arresto di Francesco Santapaola, per dimostrare di avere preso in mano le redini della famiglia avrebbe fatto esplicita richiesta di ricevere la carta delle estorsioni. Una mossa dall’elevata forza simbolica, a scapito di Rosario Lombardo, il boss che per anni ha avuto in mano le forniture di cocaina da Campania e Calabria e che all’epoca era il principale pretendente alla momentanea eredità della famiglia mafiosa. Lombardo, dal canto suo, non mancò di mostrare il proprio rancore ma alla fine sarebbe stato spinto a desistere. «Vita, non t’arisicari a nesciri sulu, c’è quaccosa ca non mi piace nda l’aria», è il messaggio che, alla vigilia dell’Epifania del 2017, Lombardo riceve da un uomo a lui vicino.