Corte dei Conti 4/ La doppia morale di Crocetta: vuole penalizzare i dirigenti dell’Ars e ‘premiare’ gli uomini del suo ‘cerchio magico’!

LEGGENDO LA RELAZIONE DELLA MAGISTRATURA CONTABILE SI SCOPRE CHE IL GOVERNATORE UTILIZZA DUE PESI E DUE MISURE: AI DIRIGENTI DI SALA D’ERCOLE VUOLE IMPORRE IL ‘TETTO’ DI 160 MILA EURO ALL’ANNO. AI DIRIGENTI ‘ESTERNI’ ALL’AMMINISTRAZIONE – CIOE’ AI SUOI AMICI – PREVEDE INVECE UN ‘TETTO’ DI 250 MILA EURO! UN RARO ESEMPIO DI SCORRETTEZZA ISTITUZIONALE. LO STRANO ‘CASO’ DEL FIPRS, CHE FA PERDERE UN SACCO DI SOLDI ALLA REGIONE PER FARLI INTASCARE NON SI CAPISCE BENE A CHI….

Il presidente della Regione, Rosario Crocetta, ha fatto il diavolo a quattro per ridurre le indennità ai dirigenti del Parlamento siciliano. A loro, il governatore, con un illegittimo articolo nel disegno di legge sulla terza legge finanziaria – provvedimento ‘cassato’ dalla presidenza dell’Ars – ha cercato di imporre il ‘tetto’ retributivo di 160 mila euro all’anno. Poi, però, leggendo la relazione della Corte dei Conti per la Sicilia sul giudizio di ‘parifica’, si scopre che ai dirigenti ‘esterni’ all’Amministrazione – cioè al ‘cerchio magico’ dello stesso Crocetta – viene mantenuto il ‘tetto’ di 250 mila euro! La solita ipocrisia del nostro presidente Crocetta.

Inizia così – con la scoperta della doppia morale del Governo regionale sul pubblico impiego – il nostro ‘viaggio’ della relazione della Corte dei Conti, per la parte che riguarda i dipendenti pubblici.

“Le retribuzioni per il personale regionale, compresi gli oneri riflessi – scrivono i giudici contabili – esigono nel 2013 un onere di 954 milioni di euro. Aggiungendo le spese per il personale in quiescenza, pari a 641 milioni, gli impegni complessivi sono pari a 1.597 milioni di euro. Rispetto al precedente esercizio si registra una flessione del 2,5 per cento (2 % se riferita ai pagamenti)”.

Ricordiamo che la Regione siciliana non ha un proprio fondo pensioni (lo ha ricostituito nel 2009, ma solo sulla carta). Quindi dal Bilancio si pagano anche i pensionati della stessa Amministrazione regionale.

Nel complesso, i dipendenti e i pensionati della Regione costano, ogni anno, quasi un miliardo e 600 milioni di euro.  

“Il personale di ruolo in servizio presso i vari rami dell’Amministrazione – leggiamo nella relazione – è, infatti, di 17.538 unità, in lieve flessione rispetto al 2012 (-0,9 %), ed in linea con una tendenza ormai costante nell’ultimo quinquennio che ha progressivamente determinato una riduzione di circa il 6,3 per cento rispetto al 2009. Ciononostante, il dato resta pur sempre distante dai livelli antecedenti il 2006, quando si manteneva al di sotto della soglia di 16.000 unità”.

A questo punto, la Corte dei Conti fornisce una notizia particolare: “Al personale di ruolo occorre, poi, aggiungere un contingente di 2.565 unità che l’Amministrazione indica quale personale ‘ad altro titolo utilizzato’, in crescita (+2 %) rispetto al dato del 2012, che già registrava un incremento rispetto al 2011 (2.293 unità). Considerati questi ultimi, i dipendenti si attestano ancora oltre la soglia di ventimila unità”.

Insomma, ai 17.538 dipendenti ufficiali, si sommano altri 2.565 dipendenti arrivati non si capisce da dove (dalle segreterie dei partiti? dai sindacati?).

“Questa Corte – si legge sempre nella relazione – ha evidenziato come, ad aggravare ulteriormente le tensioni di bilancio vi siano gli oneri derivanti dal pagamento delle retribuzioni in favore dei dipendenti di strutture e organismi riconducibili alla Regione. Tra queste spiccano, in particolare, quelli per il personale stagionale avviato dal Corpo forestale della Regione e dall’Azienda regionale foreste demaniali, che ammontano complessivamente a 275 milioni di euro (in calo del 14,6% rispetto al 2012), nonché i costi del personale delle società partecipate regionali (300 milioni di euro circa l’anno, in corrispondenza di quasi 7.300 dipendenti)”.

“Si considerino poi, tra i costi più indiretti, ma anche più consistenti – prosegue la relazione – le somme che la Regione trasferisce agli enti locali quale contributo per il pagamento delle retribuzioni del personale precario stabilizzato, che nel 2013 ammontano a 225 milioni di euro”. 

Così scopriamo che i precari stabilizzati nell’Amministrazione regionale costano 225 milioni di euro. Nella relazione, però, non leggiamo notizia sui precari della Regione non stabilizzati.

Un passaggio della relazione è dedicato ai pensionati della Regione.

“Al totale dei pensionati direttamente a carico della Regione al 31.12.2013 (pari a 15.871) – si legge nella relazione – occorre aggiungere, per una miglior comprensione dell’evoluzione della spesa pensionistica, il personale collocato in quiescenza in base al c.d. ‘contratto 2’ (pari a 378 unità); l’incremento effettivo del numero dei beneficiari, per il periodo 2009-2013, risulta così pari a 1.007 unità, con un aumento del 6,6 per cento. Egualmente si registra, nel periodo 2009 – 2013, un incremento della spesa per indennità una tantum in luogo di pensioni (+232,7%), dovuto soprattutto alle repentine variazioni in aumento avutesi nel 2009 e nel 2010 e, più di recente, nel 2013 (+345,6%)”.

Morale: la spesa per le pensioni dell’Amministrazione regionale è in crescita.

Poi c’è il grande tema dell’organizzazione dell’Amministrazione regionale.

“La disciplina dell’organizzazione amministrativa regionale – osservano i giudici contabili – ha conosciuto rilevanti novità a causa dell’emanazione del decreto presidenziale n. 6 del 2013, che ha ridefinito il numero e le competenze delle strutture intermedie prevedendo complessivamente 71 aree e 424 servizi per un totale di 495 strutture. L’organizzazione amministrativa, inoltre, è stata oggetto di specifici interventi contenuti nella legge regionale n. 9 del 2013 ed in tre decreti presidenziali che hanno ulteriormente modificato l’assetto organizzativo”.

“Si registra complessivamente un’inversione di tendenza nell’organizzazione interna dei Dipartimenti – si legge nella relazione – atteso che, alla data del 31 dicembre 2013, esistevano 71 aree e 404 servizi per un totale di 475 strutture intermedie; alla fine dell’anno precedente, invece, le aree erano 68 e i servizi 435 per un totale di 503 strutture. Dal confronto emerge una riduzione di 28 strutture”.

“Occorre però precisare – dicono i giudici della Corte dei Conti – che nel periodo in esame sono stati operativi pure diversi Uffici speciali. Pur prendendo atto di una certa diminuzione delle strutture intermedie, le Sezioni riunite ritengono che la Regione debba ulteriormente proseguire nella rigorosa razionalizzazione dell’organizzazione amministrativa, procedendo eventualmente all’accorpamento di uffici con funzioni omogenee; ciò anche in coerenza con l’impostazione del bilancio per missioni e programmi”.

“E’ tuttavia opportuno – prosegue la relazione – che tale processo sia condotto in maniera armonica e sistematica sulla base di un piano complessivo fondato su un’attenta analisi dei costi delle diverse strutture, anche in una prospettiva di medio e lungo periodo, poiché interventi contingenti o settoriali possono finire per compromettere gli obiettivi di efficienza ed economicità”.

Quindi il assaggio sui dirigenti. “L’organizzazione della Regione siciliana – leggiamo sempre nella relazione – è tuttora caratterizzata dalla presenza di un numero notevole di dirigenti: ovvero, 1 dirigente per 8,64 dipendenti, a fronte di un rapporto di 1 / 16,58 delle altre Regioni”.

Va detto che la Regione siciliana, rispetto alle altre Regioni a Statuto ordinario, ha molte più competenze (che nelle Regioni a Statuto ordinario sono gestite dallo Stato). Mentre rispetto alle altre quattro Regioni a Statuto speciale del nostro Paese presenta un numero di abitanti di gran lunga maggiore.

Non solo. Dei circa mille e 800 dirigenti regionali, sono la metà gestiscono Aree e Servizi. Giustissimo, insomma, evitare di ‘promuovere’ altri dirigenti. Sbagliato lo scandalismo contro l’alto numero di dirigenti regionali che in buona parte, non svolgono tale ruolo.

“Si constata, tuttavia, l’avvio di un percorso di riduzione sia del numero dei dirigenti, sia delle spese per emolumenti – osservano sempre i giudici contabili -. In particolare, nel 2013 le posizioni dirigenziali coperte sono 318 in meno in confronto al 2010 (-18,07 per cento). Ciò nondimeno, risulta mediamente un dirigente per ogni otto dipendenti; tale dato non appare ragionevole e si pone al di sopra della media nazionale. Nel 2013 non ha avuto alcun seguito concreto l’art. 1, comma 4, della legge regionale n. 9 del 2012, che permetteva distacchi o comandi biennali di personale con qualifica dirigenziale presso gli enti locali”.

Questa è considerazione un po’ ovvia: i Comuni siciliani – come scrivono i giudici contabili nella stessa relazione – sono in pessime condizioni finanziarie e non possono certo permettersi di pagare nuovi dirigenti in arrivo dalla Regione!

“Per quanto attiene ai dirigenti generali – sottolineano i giudici contabili – nel 2013 l’Amministrazione regionale non ha deliberato il conferimento di alcun nuovo incarico di preposizione a strutture di massima dimensione nei confronti di soggetti esterni, ma ha disposto la conferma di quelli precedentemente attribuiti e la contestuale riduzione del 20 per cento delle retribuzioni di parte variabile; si veda la deliberazione della Giunta regionale n. 49 del 5 febbraio 2013”.

Sul fronte retributivo la Corte dei Conti osserva quanto segue:

“Con riferimento ai dirigenti generali, continua a sussistere una particolare diversità di trattamento economico, poiché gli emolumenti di quelli interni all’Amministrazione regionale sono previsti dal contratto collettivo di lavoro, mentre quelli attribuiti agli esterni sono oggetto di libera determinazione entro un limite massimo, pari a 250.000 euro per anno”.

Qui scopriamo un ‘altarino’ del Governo regionale di Rosario Crocetta. Il presidente della Regione ha scatenato un putiferio per ridurre le indennità ai dirigenti dell’Ars, che sono vincitori di un concorso. Il governatore, sui giornali, con la sua solita doppia morale, ha detto e ribadito che ai dirigenti dell’Ars deve essere applicato un ‘tetto’ di 160 mila euro.

Poi, però, si scopre – leggendo la relazione della Corte dei Conti – che i dirigenti generali ‘esterni’ all’Amministrazione regionale – ovvero agli amici del presidente e, in generale, tutti i componenti del ‘cerchio magico’ di Crocetta & company – viene riconosciuto un ‘tetto’ di 250 mila euro!

Davvero simpatico, questo presidente della Regione: a chi ha vinto un regolare concorso – i dirigenti dell’Ars – vuole appioppare il ‘tetto’ di 160 mila euro all’anno; ai suoi amici dirigenti generali ‘esterni all’Amministrazione – che in molti casi non hanno mai sostenuto e superato un pubblico concorso, ma sono stati chiamati direttamente dal Governo, senza concorso – gli riconosce il ‘tetto’ di 250 mila euro!

L’ennesima dimostrazione che il Governo Crocetta è un raro e forse unico esempio di ipocrisia, di gesuitismo, di doppia morale e di scorrettezza istituzionale! Tutto preso dalla frenesia di rintracciare la ‘pagliuzza’ negli occhi degli altri – per utilizzare una metafora evangelica – il nostro governatore non si accorge del ‘travo’ che c’è nell’occhio del suo Governo (o, se preferite, del suo ‘cerchio magico’!).     

“Per tutti i dirigenti, inoltre – si legge sempre nella relazione della Corte dei Conti – si segnala la persistente vigenza della clausola di salvaguardia, prevista dall’art. 42 del Contratto Collettivo regionale di Lavoro, che tutela il personale di qualifica dirigenziale in caso di riorganizzazione degli uffici”.

Questa clausola, in realtà, non vige per tutti. Vero è che tutti i dirigenti regionali hanno mantenuto lo status dirigenziale, ma molti di loro, nel 2013, sono rimasti privi di contratto!

“L’art. 20 della legge regionale n. 9 del 2013 – sottolineano i giudici contabili – ha ridotto del 20 per cento, a decorrere da gennaio 2013, l’ammontare complessivo delle risorse, che sono destinate annualmente al trattamento accessorio del personale con qualifica dirigenziale e che confluiscono nel fondo previsto dall’articolo 66 del contratto collettivo regionale di lavoro”.

“Tale norma, però – prosegue la relazione – non ha prodotto apprezzabili effetti finanziari. La Corte, anche nei giudizi di parificazione degli anni scorsi, ha avuto modo di sottolineare come l’esistenza della clausola di salvaguardia, prevista dall’art. 42 CCRL, vanifichi l’attività di razionalizzazione dell’apparato amministrativo, poiché non permette il conseguimento delle maggiori economie che deriverebbero dalla soppressione dei posti dirigenziali in relazione alla riduzione delle strutture intermedie”.

“Tutto ciò – scrivono i magistrati contabili – contrasta con la disciplina statale, poiché il decreto legge n. 78 del 2010, ha previsto la sostanziale abolizione degli analoghi istituti di salvaguardia (legislativi e contrattuali) vigenti per le pubbliche amministrazioni. Le Sezioni riunite, inoltre, auspicano che anche nella Regione siciliana sia adottato un meccanismo di riduzione della spesa analogo a quello previsto dall’art. 9, comma 2 bis, del citato decreto legge n. 78, che ha ridotto l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale”.

“Per ciò che attiene alla revisione della spesa, la situazione delineatasi nel corso del 2013 presenta elementi di contraddizione – osservano sempre i giudici della Corte dei Conti -. Da un lato, infatti, non è stato eseguito alcun programma di analisi e di valutazione della spesa delle amministrazioni, allo scopo di definire i fabbisogni standard e di superare la logica della spesa incrementale; oltretutto, è stato di fatto disattivato il Comitato per il monitoraggio, previsto dall’art. 1, comma 5, della citata legge regionale n. 7 del 2012,. Dall’altro lato, però, la legge regionale n. 9 del 2013 reca diverse disposizioni di riduzione della spesa”.

“In particolare – si legge nella relazione – l’art. 27 si occupa del contenimento dei canoni di locazione passiva della Regione, dei suoi enti e delle società a partecipazione totale o maggioritaria; a tal fine, viene previsto un meccanismo di rideterminazione dei canoni e di successiva rinegoziazione dei contratti”.

“Nel corso dell’istruttoria – si legge sempre nella relazione – è emerso che la Regione ha effettivamente avviato la razionalizzazione della distribuzione degli uffici, privilegiando l’allocazione in unica sede di ogni Dipartimento, e ha pure proceduto alla revisione dei canoni di locazione. Non è stata invece possibile la riduzione dei canoni piuttosto elevati versati per il godimento degli immobili facenti parte del fondo immobiliare chiuso FIPRS (Fondo comune di investimento immobiliare Regione siciliana), al quale nel 2007 sono stati conferiti immobili già di proprietà regionale e destinati a sede di uffici dell’Amministrazione”.

“A tal riguardo – precisano i giudici contabili – le Sezioni riunite non possono non manifestare perplessità sia sulla convenienza della cosiddetta ‘valorizzazione’ relativa al fondo FIPRS, sia per operazioni simili, che possano compiersi in futuro; invero, si determina una spesa molto gravosa con pochi margini di riduzione a fronte di notevoli profitti per gli investitori”.

Qui la Corte dei Conti tocca un punto dolente che meriterebbe di essere approfondito. Senza ricorrere alle perifrasi, la magistratura contabile denuncia la presenza di speculatori che si stanno facendo i classici ‘bagni’…

 

 


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