La gara illegale tra cavalli alla Circonvallazione etnea si è conclusa con due denunce per maltrattamento di animali e la promessa di sanzioni per chi, in motorino, non indossava il casco. «Ma tutti hanno partecipato a un reato, facendo da apripista o bloccando le auto», spiega Ciro Troiano, dell'osservatorio Zoomafie
Corsa clandestina, presto una denuncia della Lav Troiano: «Le multe non servono, si deve indagare»
«È inaudito, oltre che scorretto, sanzionare i partecipanti solo perché non avevano il casco e non procedere invece per il concorso nella realizzazione del reato». Così
Ciro Troiano, criminologo e responsabile dell’osservatorio nazionale Zoomafie della Lav, interviene sulla vicenda della corsa clandestina di cavalli andata in scena domenica scorsa, in pieno giorno, in viale Ulisse, a Catania. Quando un corteo di decine di motorini – con a bordo giovanissimi cittadini – ha accompagnato i due calessi in gara. «Come dimostrano le immagini del video, i partecipanti erano funzionali al reato: facevano da apripista, bloccavano le auto, incentivavano con il loro tifo i fantini», aggiunge Troiano. Che annuncia una formale denuncia in Procura e alla questura. Le rapide indagini promesse dal vicesindaco Marco Consoli e compiute dalla Squadra mobile etnea, infatti, si sono concluse con due persone denunciate per maltrattamento di animali, la promessa di multare i giovani senza casco e il sequestro di cavalli e calessi. Troppo poco, anche secondo diversi cittadini che hanno commentato in Rete gli articoli di MeridioNews, per quella che è stata definita come «una sfida alle istituzioni» da Stefano Sorbino, vicecomandante dei vigili urbani etnei.
Guarda il video della corsa al viale Ulisse: «Un piccolo fantino sta crescendo»
«Nei prossimi giorni presenteremo una
dettagliata denuncia alla Procura e al questore di Catania per chiedere di procedere a carico di tutti i partecipanti». Il reato ipotizzato sarebbe il 544 quinquies, uno degli articoli del codice penale dedicati a punire i delitti contro gli animali. La norma, nello specifico, riguarda i combattimenti tra animali «o competizioni non autorizzate». La pena prevista è il carcere da uno a tre anni e una multa da 50mila a 160mila euro. Tra le aggravanti rientrano la partecipazione di minori e anche la registrazione e la diffusione di materiale video delle stesse gare. Tutti elementi che, a giudicare dalle immagini facilmente reperibili in Rete, sembrano essere all’ordine del giorno nel capoluogo etneo. Eppure, secondo i dati contenuti nell’ultimo rapporto dell’osservatorio Zoomafie e riferiti al 2013, alla procura di Catania non è stato aperto nessun fascicolo per questo tipo di reato. Così come per spettacoli vietati che coinvolgano gli animali. A Bolzano, nello stesso anno, sono invece dieci in tutto i procedimenti aperti. E due, con otto indagati, a Palermo. «Si tratta di ignoranza e di semplicità – spiega Troiano – È più semplice applicare una sanzione amministrativa per un casco che manca, piuttosto che identificare delle persone e contestargli dei reati».
Il tutto nonostante proprio gli stessi articoli del codice penale siano stati letti poche settimane fa in tv dal sostituto procuratore etneo
Amedeo Bertone. Le telecamere in questione erano quelle della testata Vice per SkyTg24, a Catania per un servizio sul business dei cavalli. Una video-inchiesta che ha suscitato non poche perplessità per la sua tesi di fondo: «L’ippica italiana è in crisi. Chissà se in presenza di ippodromi ufficiali le gare clandestine avrebbero lo stesso successo», dice la giornalista Valentina Parasecolo. «Chi dice questa cosa o è in malafede o non conosce i dati e i fatti – commenta Troiano – Secondo i dati, in 16 anni, dal 1998 al 2013, in Italia sono state bloccate 107 corse clandestine, denunciate 3321 persone e sequestrati 1228 cavalli. Non c’è nessun riscontro di un presunto aumento delle gare illegali a seguito della crisi dell’ippica ufficiale. Anzi, semmai c’è stato un exploit già parecchi anni fa, quando le corse clandestine erano il primo business delle zoomafie, da pochi anni sorpassato dal traffico dei cuccioli».
Per Troiano, il motivo sta nella differenza tra i due circuiti. «Tenere un cavallo in una struttura costa
dai 500 ai mille euro al mese, senza considerare tutte le altre spese per partecipare ai circuiti nazionali – continua il responsabile Lav – In un caso come quello della corsa alla circonvallazione di Catania, dove i partecipanti erano giovanissimi, non credo proprio che abbiano questa disponibilità economica. Per non dire delle scommesse clandestine, che sono sempre più semplici da gestire su strada piuttosto che dentro un ippodromo». Una questione di business, che non ha niente a che vedere con il folklore, secondo il criminologo. Con buona pace dei fantini intervistati da Vice che, sul tema, hanno dichiarato: «Noi siamo malvisti perché secondo lo Stato (nelle corse, ndr) c’è la mafia. Ma dov’è che non ci sta la mafia?». Risposte che arrivano tra i fumi degli arrusti e mancia e le galoppate su strada all’alba. Elementi che fanno concludere alla giornalista: «Da qui sembra quasi impossibile distinguere l’illegalità dalla tradizione». Ma Ciro Troiano avverte: «Questo atteggiamento giustificazionista è pericolosissimo».