L'attore palermitano è tornato a mettere dischi dopo essere stato folgorato dalla musica elettronica. Insieme a Gaspare Pellegrino ha messo su una società di film-making: «Tra i documentari più belli La linea della palma, sulle infiltrazioni mafiose alle elezioni regionali»
Corrado Fortuna, deejay e documentarista per passione «Ho fatto mille mestieri per fare quello che mi piace»
«Metto vinili dal 1992, avevo 14 anni, oggi ne ho 39. A un certo punto sono andato via da Palermo e ho smesso di mettere dischi e ho cominciato ad approcciarmi alla musica in modo diverso, cercando di fare piccole produzioni elettroniche. Da cinque o sei anni ho tirato di nuovo fuori i miei piatti, che hanno la bellezza di 26 anni». Quella del deejay è forse l’attività meno conosciuta di Corrado Fortuna: attore, scrittore, conduttore e regista palermitano che non ha bisogno di presentazioni, noto al grande pubblico per film come My name is Tanino, Alla luce del sole o To Rome with love. L’ultima performance mercoledì alla Fabbrica 102, a Palermo.
Una passione, quella per la musica, coltivata con abnegazione e che non ha risparmiato delusioni. Superate senza traumi: «Ho una bella collezione, non saprei quantificare il numero di vinili che possiedo. Una volta ho subito un furto tremendo a Palermo: nel garage dei miei genitori tenevo conservata una collezione di dischi anni Novanta, circa mille vinili. Spariti. Mi sono sentito un po’ come uno che perde il telefono e non ha più i numeri di parenti e amici. Penso che sia stato il segno che la vita mi ha dato per dirmi che dovevo ricominciare tutto da capo». Con un precedente che torna alla mente a Fortuna: «C’è un gruppo inglese, i Doves. Facevano musica elettronica. Nel loro studio divampò un incendio, si salvarono solo gli strumenti analogici. Beh, il loro nuovo disco fu un lavoro indie rock».
Corrado ripercorre gli inizi della sua passione per l’elettronica: «Negli anni Novanta la musica elettronica stava succedendo. In quel periodo a Parigi si facevano i rave sul centre Pompidou. In Italia, invece, la musica che arrivava era veramente orrenda, per non parlare di Palermo». Poi qualcosa è cambiato: «La club culture, negli ultimi 25 anni, ha avuto una crescita esponenziale. Non è esistito un così veloce sviluppo come quello avuta dalla musica da club, che è anche molto migliorata, si è ramificata. Non è più solo techno o house, ci sono mille categorie. Io pesco un po’ qui e un po’ lì. Compro vinili nei negozi, qualcosa mi faccio spedire da internet, ma non mi fisso con i generi. Suono vip o anche cose senza cassa. Dipende dall’ora o dalla gente che ho davanti. Sono duttile, posso mettere Battisti tra due pezzi con la cassa: per esempio, Il veliero di Battisti suona molto bene se inserito in mezzo a tracce di disco music. Guardo molto la pista, sono un deejay che balla e si diverte».
Un’attività creativa che richiede un certo impegno: «Diciamo che ho un sacco di tempo libero – ride Corrado – Il mio lavoro mi consente di avere orari diversi da quelli tradizionalmente lavorativi. Nella mia vita ho fatto di tutto per fare quello che mi piace. Questo vale sia per il cinema che per i documentari che realizzo insieme a Gaspare Pellegrino. Da dodici anni abbiamo una società che si occupa di film-making, realizziamo videoclip, cortometraggi e, appunto, documentari. Abbiamo realizzato documentari di denuncia, politica, costume. A breve gireremo un cortometraggio promozionale per un brand di moda con la nostra troupe».
«A Palermo abbiamo girato forse uno dei nostri più bei documentari, La linea della palma, all’indomani delle ultime elezioni regionali in cui vinse Rosario Crocetta. Uscì un articolo di Lirio Abbate sul L’espresso in cui si sosteneva che la mafia non aveva un candidato di riferimento in Sicilia. Ci siamo chiesti se e in che modo, allora, vi fosse stata un qualche tipo di influenza e, insieme a un giornalista catanese, Luca Salici, siamo andati a Palermo, Trapani e Catania. Siamo arrivati alla conclusione che non è che la mafia non avesse influito, ma, più verosimilmente, non aveva dato indicazioni di voto univoche».
Si arriva alla tanto proverbiale quanto inevitabile domanda sui progetti futuri. Prima quelli documentaristici dedicati a Palermo: «Abbiamo tante idee, parliamo da dieci anni di fare un documentario sull’acqua. Ci piacerebbe raccontare anche le storie di ragazzi fuori sede che vivono qui. Ma il mondo del documentario è molto faticoso, bisogna riposarsi un po’ dalla fatica dell’ultimo prima di iniziarne uno nuovo». E per quanto riguarda la carriera di attore? «La settimana prossima esce per Raiuno una serie diretta dal regista Riccardo Milani – anticipa Fortuna – che è quello con cui lavoro di più in assoluto. Si chiama Di padre in figlia, con Cristiana Capotondi. Una storia di imprenditoria femminile, un bel progetto. La fiction, oltre a pagare le mie bollette, racconta storie che al cinema non hanno lo spazio che hanno in televisione. In questo momento in cui l’imprenditoria femminile può essere il nuovo starting dell’economia per la nostra generazione in questo paese, può essere una storia interessante da raccontare. In più ho appena finito di girare, sempre per Raiuno, in Puglia il nuovo film di Federico Moccia. Dovremmo finire di girare intorno al 15 aprile».