Quarantuno pagine di firme per chiedere alla Regione Siciliana di allargare le maglie per l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale più avanzati, quando saranno a disposizione. Ma da Palermo arrivano disposizioni «perentorie» contrarie
Coronavirus, la rivolta «civile» del personale sanitario «Abbiamo fatto giuramento, ma non potete immolarci»
Ci sono 41 pagine di firme. E accanto a ogni nome c’è il ruolo: caposala Malattie infettive, dirigente medico Malattie infettive, dirigente medico Radiologia, infermiere pronto soccorso, infermiere di Rianimazione. Le prime linee degli ospedali di ogni parte della Sicilia sono tutte lì. In fila a chiedere allo Stato di essere aiutati ad affrontare l’emergenza coronavirus. Hanno scritto una lettera inviata a ogni autorità possibile: dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella ai procuratori di Catania, Caltanissetta, Palermo, Agrigento, Enna, Trapani, Siracusa e Messina. «State mandando i vostri medici e operatori sanitari in guerra senza armi e senza protezione alcuna», dicono rivolti al presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci e all’assessore alla Salute Ruggero Razza.
La storia è una derivazione di quella ormai nota: le mascherine filtranti ffp2 ed ffp3 sono una chimera. Si vedono pochissimo e quelle che resistono sono razionate, chiuse sotto chiave nelle farmacie degli ospedali nell’attesa che arrivino quelle nuove. Proprio per la carenza di dispositivi di protezione individuale – ormai cronica a livello internazionale -, questi ultimi sono stati dirottati sin da subito nei reparti di chi si sarebbe trovato a contatto diretto con il Covid-19. Solo che le indicazioni sono chiare per tutti: bisogna usare i dispositivi con i filtri solo nei casi strettamente necessari.
Ieri è arrivata una goccia che potrebbe fare traboccare il vaso: la risposta, indiretta, della Regione Siciliana alle loro proteste. «Gli operatori sanitari (medico, infermiere, autista/soccorritore) – si legge in una nota del dirigente generale della Sanità Mario La Rocca – nell’ambito del sistema 118 del trasporto di emergenza urgenza in ambulanza, senza alcuna distinzione per categoria, dovranno indossare ai fini della piena operatività i seguenti dispositivi: camice/grembiule monouso idrorepellente, guanti, occhiali di protezione, mascherina chirurgica. Esclusivamente per il personale medico e infermieristico, e nel solo caso di soccorso in cui sarà necessario assicurare la pervietà e la funzionalità delle vie aeree, sarà previsto l’utilizzo della mascherina ffp2. Tale disposizione ha carattere perentorio».
Il dirigente di Palermo parla solo dell’emergenza-urgenza, e dunque dei trasporti in pronto soccorso, ma riprende le linee guida dell’Organizzazione mondiale della Sanità della fine di febbraio. Le stesse citate dagli operatori dell’emergenza Covid-19 nella missiva che hanno firmato e a cui però non hanno avuto alcuna risposta. «È una risposta indiretta a noi – dice a MeridioNews una delle firmatarie della lettera – Anche perché la missiva del dirigente regionale è indirizzata anche a tutte le Asp e a tutti gli ospedali della Sicilia». In altri termini, secondo la dottoressa, è un modo per parlare alla nuora affinché intenda la suocera. «Dire che “non sono necessari i dpi se non per pazienti altamente sospetti o confermati positivi” espone il personale sanitario, la risorsa più preziosa, all’infezione», prosegue la lettera di chi manda avanti gli ospedali.
«Non c’è raziocino nell’acquisto forsennato di respiratori o nella corsa alla creazione di poli per il Covid-19 se poi ci si troverà senza personale per assistere i pazienti. Pretendere il solo utilizzo della mascherina chirurgica, la cui “permeabilità” al virus è estremamente probabile, vuol dire esporci a sicuro rischio di infezione», si legge ancora. E la prova starebbe negli elevatissimi numeri dei contagi tra il personale sanitario al Nord Italia e in quelli, in salita, anche in Sicilia. La speranza è che la Regione torni indietro e allarghi le maglie delle concessioni delle mascherine filtranti. Quando arriveranno quelle nuove, s’intende. «Abbiamo fatto un giuramento – conclude il documento – che non prevede l’essere immolati sull’altare della sciocca spending review».