La notizia della vara di san Giovanni Evangelista ferma davanti alla casa della famiglia Riina durante la processione a Corleone ha sollevato un vespaio di polemiche. La comunità oggi si interroga su quanto avvenuto, tra amareggiati e negazionisti, intanto annullata la festa dei santi Antonio e Leoluca. Guarda le foto
Corleone, i cittadini dopo omaggio a donna Ninetta «Non vogliamo più i nostri nomi accostati ai loro»
In piazza Falcone e Borsellino, a Corleone, anche questa mattina non si parla d’altro. Il day after delle polemiche non sembra volersi placare, dopo la notizia della fermata della vara durante la processione di san Giovanni Evangelista davanti casa Riina-Bagarella. Si è parlato inizialmente di un inchino che, tecnicamente, non avrebbe potuto avere luogo, visto lo spazio risicato nel vicolo. Ma l’immagine non è per questo meno inquietante.
Ninetta Bagarella e le sue sorelle affacciate al balcone, la vara del santo che fa una breve sosta, la campanella che suona, come ogni volta in cui una processione si ferma, il sorriso fiero della zia Ninetta – così la chiamano in paese, un appellativo che le è rimasto anche tra chi non le mostra alcuna riverenza – e delle sue sorelle. Le forze dell’ordine che vanno via subito e diversi presenti che storcono il naso, infastiditi. Già, i presenti. È da lì che parte il moto d’indignazione di un intero paese. È un vicolo stretto, via Scorsone, quello in cui vive quel che resta della famiglia Riina. Da lì ogni anno passa la processione di San Giovanni, l’evento religioso del quartiere, che attraversa ogni strada e – appunto – ogni vicoletto.
Durante la processione è bastato il passaggio del santo, delle forze dell’ordine e di una parte della banda musicale del paese, per congestionare la viuzza. Chi era alla processione e dice di non avere assistito a nulla del genere, lo fa spesso in buona fede, perché rimasto indietro e quindi non presente al momento della fermata. Girato l’angolo da casa Bagarella, appena dieci metri più avanti, le forze dell’ordine sono già andate via. E loro, poliziotti e carabinieri, di processioni di paese ne hanno scortate tante. Conoscono bene le abitudini e i riti dello stare appresso alla vara, le soste per stanchezza o per attendere che la fila si ricompatti, senza lasciare indietro nessuno.
Gli uomini in divisa presenti la sera dello scorso 31 maggio non erano ragazzini alle prime esperienze, di facile suscettibilità. Lì c’era gente che la divisa la porta da decenni e che sa ben distinguere una fermata di riverenza da una per stanchezza. Corleone oggi è un misto di rabbia e indignazione, dall’incantevole piazza Nascè, rinata grazie alla buona volontà dei pochi giovani rimasti, fino al corso dei Mille, oggi chiuso al traffico perché si sarebbe dovuta svolgere un’altra processione, quella corsa tra due santi, Antonio e Leoluca, che l’intera comunità aspetta tutto l’anno. La corsa oggi non ci sarà, il corso è deserto e il paese si sente punito.
Le reazioni tra piazze reali e virtuali
Purtroppo l’indignazione si rivolge verso chi si ribella al gentil gesto nei confronti di donna Ninetta. E alle conseguenze che ha causato. Sono poche le voci che si rivoltano contro quel residuo di riverenza nei confronti della famiglia Riina che rimane in un paese che chiede invece con forza di voltare pagina. «Siamo ripiombati a molti anni fa» commenta amareggiato il giovane segretario della Cgil cittadina, Cosimo Lo Sciuto. «Se la notizia fosse esagerata – aggiunge – confermerebbe il fatto che siamo considerati nuovamente terra di mafia e basta e che a noi spetta una attenzione maggiore. Trovo inaccettabili le offese mosse a Dino Paternostro solo per aver condiviso la notizia sui social. Questo dovrebbe farci riflettere un tantino sulla situazione attuale, santi o non santi». A Dino Paternostro e a Salvo Palazzolo, autore della notizia pubblicata su la Repubblica, ha rivolto un inquietante messaggio il genero di Totò Riina, Antonio Ciavarello, additando il sindacalista e il giornalista come «buffoni».
«Questa storia dell’inchino a Corleone è una vergogna sia se vera, sia se falsa. Vanno accertati i fatti e i comportamenti e chi ha sbagliato deve pagare». Sono alcuni commenti che si leggono nella piazza virtuale dei social network. «Non è dicendo che noi corleonesi siamo sempre vittime di un complotto – si legge ancora su Facebook – che vogliamo più bene al nostro paese. Vogliamo bene al nostro paese se chiediamo di fare chiarezza in fretta per capire se ancora qui qualcuno è riverente verso quella famiglia o se si è trattato di una semplice fermata». «Leggo, esterrefatto, come la parola d’ordine di oggi sia quella di minimizzare – aggiunge un altro utente -, se non addirittura di dubitare, di quello che viene riportato dai principali organi di informazione nazionali. Penso, che quasi vent’anni dopo il problema sia ancora tutto lì. Non serve a niente mettersi la “casacchina” dell’antimafia il 23 maggio e poi minimizzare se una processione si ferma proprio davanti quella porta. Perché se fosse successo a Sant’Ilario d’Enza, io sarei incazzato con chi ha fermato lì la statua, consciamente o no, e non con chi ci ha scritto un articolo sopra».
«Ormai non si tratta più di quello che è successo o non è successo alla processione – si legge ancora sul fronte degli amareggiati -. È una questione ben più grande. Mi dispiace e molto, che anche ragazzi di Corleone che con la mafia non c’entrano veramente niente prestino il fianco e ringalluzziscano certe persone che si sentono in diritto di alzare la testa. I nostri cognomi accanto ai loro. Capisco che sono stufi e che vogliono che Corleone sia un considerato un paese normale. Purtroppo non è così semplice. Ci vuole tempo per lavare via l’orrore».
Il sindaco nega la presenza di Ninetta Bagarella
Ma il fronte degli amareggiati non è il solo. In tanti, invece, sono pronti a giurare che quella delle forze dell’ordine – e dei conseguenti articoli sui giornali – sia stata un’esagerazione. Si va dall’«aspettiamo di capire meglio prima di sentenziare», ai commenti indignati di chi difende la confraternita che ha organizzato la processione, a chi protesta per la mancata manifestazione religiosa di questo pomeriggio, fino a chi vede il complotto perché il connubio Corleone-mafia «fa sempre notizia».
A questa parrocchia si affida il primo cittadino del paese, che attende l’esito dell’ispezione ministeriale al Comune per il sospetto di infiltrazioni mafiose, e si dice certa non solo che il gentil gesto nei confronti di donna Ninetta non sia mai avvenuto, ma che addirittura la signora Riina non si trovasse in paese: «Vergognatevi tutti – scrive il sindaco Leoluchina Savona su Facebook – coloro che hanno infangato la città: Ninetta Bagarella si trova fuori Corleone dal 27 maggio e non è ancora rientrata». Il primo cittadino avvisa anche che «sta partendo la segnalazione all’Ordine dei Giornalisti con la richiesta di sospensione per alcuni di loro che hanno infangato l’immagine della nostra amata Città».
«Secondo me non c’è stato nessun inchino – sottolinea invece il suo predecessore, l’ex sindaco Nino Iannazzo – c’è stata una sosta. Se è stata fatta per riposarsi, sono stati sciocchi a farla lì, se è stata fatta per riverenza è fatto gravissimo. In ogni caso ricordo a me stesso che quella via è in salita e se uno si vuole riposare, si riposa in un tratto pianeggiante». «Il segnale che è passato è una lezione per tutti – commenta il sindacalista della Cgil Dino Paternostro – ogni conquista, evidentemente, non è per sempre. Corleone è ripiombata in un passato che sembrava non dovesse appartenerle più».
Padre Domenico
Il prete della parrocchia di Santa Maria, intanto, già ieri pomeriggio, a margine della messa del sabato, ha voluto rimarcare la casualità dell’evento, ammettendo dunque che la sosta c’è stata: «Ho ritenuto giusto spendere due parole con voi fratelli – ha detto a una platea che in fondo non aspettava altro che le parole del prelato – si è trattato di una casualità, non è stata una sosta fatta di proposito, non c’era alcuna intenzione di riverenza».
Il paese, intanto, ripone negli armadi gli abiti buoni della festa. Il corso rimane in silenzio. Oggi restano a casa pure i santi.