Si ferma a Catania da oggi al sei dicembre la Staffetta di donne contro la violenza sulle donne, organizzata dall'Udi (Unione Donne in Italia). In programma stasera al Monastero dei Benedettini "Le streghe son tornate", spettacolo teatrale delle alunne dell'Istituto Lucia Mangano
Contro il ‘femminicidio’ da Niscemi a Brescia
Streghe, fate, angeli del focolare o maddalene, saranno soprattutto donne quelle che sosterranno per 365 giorni la staffetta promossa dall’Udi (Unione Donne in Italia). La Staffetta di donne contro la violenza sulle donne sosterà a Catania da oggi al 6 dicembre. Partita da Niscemi per ricordare Lorena Cultraro, la quattordicenne uccisa da tre coetanei per evitare che rivelasse una presunta gravidanza, arriverà tra un anno a Brescia dove è stata sgozzata Hiina Saleem, la giovane pakistana vittima dell’integralismo religioso della famiglia.
Sempre in Sicilia, l’anfora simbolo della manifestazione itinerante passerà anche da Gela, Lentini e Ragusa. E potrà essere riempita con biglietti, immagini, denunce e pensieri.
“Lorena e Hiina siamo noi” è il motto della staffetta, per dire e testimoniare un secco “no” alla violenza. Soprattutto attraverso la solidarietà femminile, ma anche concretamente con dibattiti, mostre, seminari e proiezioni video.
Oppure con spettacoli teatrali altamente evocativi, come Le streghe son tornate, interpretato dalle ragazze (ma anche da qualche maschietto) dell’Istituto “Lucia Mangano” di Catania. Lunedì 1 dicembre alle 18:30, all’Auditorium dell’ex Monastero dei Benedettini, si racconterà il multiforme universo femminile, che vede nei suoi antipodi le odierne ‘veline’ e, appunto, le streghe. Due tipi diversi di femminilità, da esplorare nei suoi riti e nei suoi miti.
Obiettivo della manifestazione è far luce sul fenomeno del ‘femminicidio’. Una parola che proviene dal Messico, esattamente da Ciudad Juárez, dove dal 1993 ad oggi 413 donne sono state uccise e 600 sono scomparse. Una parola che, anche se non presente nei vocabolari, si riferisce ad un fenomeno conosciuto in Italia da 14 milioni di donne oggetto di violenza fisica, sessuale o psicologica, secondo l’Istat. A questi dati vanno aggiunti quelli degli episodi non denunciati.
“Femminicidio è un reato preciso e avviene quando un uomo uccide una donna per sentirsi maschio”, così dice l’UDI. E dà anche una definizione precisa: “uccisione di donne per mano di uomini. In genere gli assassini sono fidanzati, mariti o ex, ma anche padri, fratelli, conoscenti, solo qualche volta estranei”.
Un’emergenza insomma, per cui sono determinanti i principi di unione e solidarietà femminile.
Due concetti da sempre ben presenti nell’organizzazione dell’Udi, che dal 1945 ad oggi si pone come luogo politico di riferimento per le donne, anche extracomunitarie. A loro anzi è rivolto un interesse particolare nell’elaborazione di strumenti e percorsi, mirati al riequilibrio politico e sociale.
Dal 2007 l’UDI promuove anche una legge di iniziativa popolare, “50e50”, per una rappresentanza paritaria di donne e uomini in tutti gli organismi elettivi di governo. Altro che quote rosa insomma, semmai violette.
Vittorie, almeno sulla carta, ma la vera battaglia inizia adesso nel privato.