Contratti fiume per la Programmazione comunitaria 2014-2020: i Comuni siciliani? Assenti

SI TRATTA DI GRANDI OPPORTUNITA’ CHE POTREBBERO MIGLIORARE L’AMBIENTE E DARE RISORSE FINANZIARIA AI NOSTRI ENTI LOCALI. INVECE I SINDACI SE NE FREGANO. FORSE NON SANNO NEMMENO COSA SONO. TANTO PER PAGARE I SERVIZI CI SONO LE TASSE DEI CITTADINI!

Qualche settimana fa si è svolto a Palermo un incontro tra i responsabili nazionali di Agenda 21 locale, l’onorevole Anthony Barbagallo, i rappresentanti dell’ordine dei Chimici e dell’ordine dei Geologi e alcuni rappresentanti dei Contratti di Fiume. Oggetto del Convegno, durato un paio di giorni, la definizione di un documento regionale che comprendeva i Contratti di Fiume.

Momento importantissimo, specie in considerazione del fatto che quello dei Contratti di Fiume potrebbe diventare strumento essenziale e indispensabile per l’utilizzo e la gestione dei fondi strutturali 2014/20.

Il tema è quello de Regolamento comunitario 303/2013 (disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca).

La direttiva indica chiaramente la necessità di sviluppare azioni di “coesione territoriale agli obiettivi della coesione economica e sociale” legati alle “aree geografiche funzionali e dei territori sub-regionali che hanno specifici problemi geografici o demografici”.

Secondo il regolamento, che fornisce le direttive per l’utilizzo dei fondi comunitari per i prossimi anni, “un principio essenziale dovrebbe essere quello di assegnare ai Gruppi di azione locale (Gal) che rappresentano gli interessi della collettività la responsabilità dell’elaborazione e dell’attuazione delle strategie di sviluppo locale di tipo partecipativo.

“La decisione di finanziare misure di sostegno tramite strumenti finanziari dovrebbe quindi essere adottata sulla base di una valutazione ex ante che ha stabilito evidenza di fallimenti del mercato o condizioni di investimento non ottimali e il valore stimato e l’ambito delle necessità di investimento pubblico”. È necessario quindi creare soggetti aggregativi innovativi che possano sostituire gli ormai obsoleti PIT e i vecchi Patti Territoriali. Indispensabile, secondo l’Unione Europea, il ricorso a strumenti aggregativi territoriali innovativi per evitare gli errori e le inefficienze del passato.

In altre parole, da Bruxelles è stato detto a chiare lettere: “Vi diamo i soldi a patto che sappiate mettervi d’accordo per adoperarli”.

Per questo motivo sarebbe stato normale aspettarsi la partecipazione di tutti i soggetti locali: Comuni, Province, associazioni di categoria (dagli industriali agli artigiani fino agli agricoltori), associazioni ambientaliste e molti altri. Invece, nonostante la partecipazione sia stata rilevante e importante (anche in considerazione della necessità, ormai improcrastinabile, di fornire una risposta a Bruxelles) ha sorpreso la totale assenza di molti soggetti istituzionali e politici. Per di più non hanno partecipato alcuni soggetti che, almeno in teoria, avrebbero già attivato dei Contratti di Fiume. Come mai?

Sulla carta i Contratti di Fiume in Sicilia dovrebbero essere diversi. Ad esempio, nel 2011 si è tenuto un convegno in provincia di Ragusa in cui è stato presentato il progetto WATERINCORE che prevede la realizzazione di un Contratto di Fiume lungo il bacino del fiume Irminio. E sul sito siciliaparchi.com è riportato un articolo che descrive non uno, ma ben tre Contratti di Fiume (Belice Alto, Oreto ed Eleuterio) realizzati con la compartecipazione della Provincia regionale di Palermo.

“Il successo di ogni iniziativa legata ad Agenda 21 – l’articolo riporta le parole dell’ex Presidente della Provincia di Palermo, Giovanni Avanti – dipende in buona parte dal grado di partecipazione di tutti soggetti territoriali interessati”.

Stranamente, però, all’incontro organizzato nei giorni scorsi non era presente nessun rappresentante né della Provincia di Palermo né dei tre Contratti di Fiume. Alla domanda specifica su quanti siano i Contratti di Fiume in atto, Massimo Bastiani, Coordinatore Tavolo Nazionale Contratti di Fiume, ha risposto che, in realtà, non sarebbero più di un paio quelli attivi (o in fase di attivazione) in Sicilia. Solo due? E tutti gli altri? Tutti quelli che da anni si proclamano Contratti di Fiume? E come faranno i Comuni ad utilizzare i fondi strutturali messi a disposizione dall’Unione Europea (grazie alle tasse pagate anche dai Siciliani) per i prossimi anni?

Sul sito del Coordinamento nazionale delle A21 Locali Italiane, non ci sono altri Contratti di Fiume nella nostra Regione (oltre ai due sopra citati). Eppure già da molti anni in Sicilia si parla di Contratti di Fiume, dal lontano 2008. E già da allora si parlava dell’importanza di questo nuovo strumento programmatico in vista del POR 2014/20.

Gli anni sono passati e il POR Sicilia 2014/20 è ormai pronto. Eppure di Contratti di Fiume se ne sono visti pochi e di questi solo uno o due sarebbero quelli “ufficiali”. E tutti gli altri? E il resto dei Comuni della Sicilia?

La verità è che, in barba ai protocolli operativi imposti da Agenda 21 locale (che prevederebbero il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati nella fase di progettazione e programmazione con il famoso approccio bottom up), in Sicilia le decisioni sono e saranno solo pochi a prenderle. E lo faranno (anzi, a dire il vero, lo hanno già fatto) senza coinvolgere gli “attori locali” e senza ascoltare quali sono le reali necessità dei siciliani. Le decisioni le prenderanno “pochi” esemplari di HOMO POLITICUS, quelli graditi a Roma, che, proprio per questo, si guarderanno bene dal tutelare gli interessi di chi li ha votati.

Il 2014 volge ormai al termine e ancora non è ben chiaro quale sarà il ruolo che questo importante strumento potrà assumere nella gestione dei fondi strutturali. Quello che è certo è che, ancora una volta, la Sicilia dimostra di non saper approfittare delle opportunità che le si presentano e di voler essere succube delle decisioni che verranno imposte dall’alto.

Sarà facile poi, tra qualche anno, lamentarsi della cattiva gestione delle risorse comunitarie e rimproverare la pubblica amministrazione. Intanto alcuni soggetti potranno appropriarsi dei soldi non utilizzati e farne qualcosa che ai siciliani non serve affatto. E i problemi della Sicilia continueranno ad aumentare…

 

 


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