Consorzi di ripopolamento ittico: è ora di dire basta a questi ‘carrozzoni mangia soldi’

da Giuseppe Messina
riceviamo e volentieri pubblichiamo

Dopo la Fondazione per la dieta mediterranea, a risollevare le sorti della pesca siciliana e dei pescatori il Governo regionale rispolvera i Consorzi di ripopolamento ittico. Ed i pescatori sono sempre all’angolo, sacrificati economicamente e nella dignità, da protagonisti a semplici comparse, dalla ribalta al retroscena, per citare l’esperimento di Goffman.

Lunga è la storia dei Consorzi di ripopolamento ittico che, seppur introdotti con nobili propositi, si sono trasformati in strumenti di sottogoverno a danno del sistema e dei più deboli: i pescatori.

I Consorzi di ripopolamento ittico vengono istituiti dalla Regione siciliana con legge regionale del 1 agosto 1974, n.31 con il precipuo scopo di incentivare iniziative per il riequilibrio del patrimonio ittico mediante opere di ripopolamento, per la salvaguardia dell’ambiente naturale e delle produzioni ittiche, per la tutela e fruizione del patrimonio ambientale e marino, per l’attività di controllo e vigilanza sull’andamento e lo sviluppo della produzione nelle zone di ripopolamento.

Con Decreto assessoriale del 19/5/2006 è stato affidato anche il compito dello svolgimento di attività di accertamento, formazione, creazione di imprese finalizzate alla tutela, fruizione e messa in produzione dell’ambiente marino e costiero.

Finalità, a parere di Ugl Agroalimentare, spesso disattese dagli 11 Consorzi di ripopolamento ittico che hanno operato fino alla recentissima riduzione – e non l’azzeramento come si immaginava dopo l’accertamento delle violazioni degli Enti – a 4 con la legge finanziaria del 2012. Significa che ogni Consorzio – organismo pubblico che costa ad oggi 200 mila euro cadauno ad anno – dovrebbe operare coprendo una fascia costiera con indubbi costi maggiori.

Ugl Agroalimentare si chiede se ha senso continuare a sprecare denaro pubblico senza incidere in alcun modo sul settore e poi qualcuno ha mai chiesto il report, cioè la misurazione tra risultati attesi ed obiettivi raggiunti, visto che si tratta di strutture foraggiate da denaro pubblico e, nello specifico, da solidi prelevati dal bilancio della Regione siciliana? I pescatori non hanno usufruito di alcun miglioramento in termini di effettivo ripopolamento ittico.

Qualcuno ai piani alti della Regione siciliana dimentica che lo scenario normativo, dopo quasi 40 anni è totalmente cambiato. Oggi insistono soggetti come i Consorzi di gestione della fascia costiera (CO.GE.P.A.) ed i Gruppi di Azione Costiera (GAC) introdotti da precise disposizioni dell’Unione Europea, strutture che assorbono completamente le finalità che originariamente avevano determinato la nascita dei Consorzi di ripopolamento ittico, che oggi sono veri e propri ‘carrozzoni’.  Consorzi di gestione della fascia costiera e Gruppi di azione costiera che valorizzano, invece, il ruolo del pescatore visto come anello centrale nel moderno approccio alla gestione del mare.

Diciamo basta allo sfruttamento di denaro pubblico che – seppur destinato ai pescatori – viene utilizzato per altri fini, come nel caso dello Slow Sea Land organizzato a Mazara del Vallo per promuovere – investendo 330 mila euro (di cui 270 mila risorse regionali) i prodotti di eccellenza dell’Isola, ma che nulla c’entra con i prodotti ittici, al punto che scarsissima è stata la partecipazione delle imprese della filiera ittica.

Foto di Mazara del Vallo tratta da toniscilla.it

 

 


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