Il ministero degli Interni ha deciso che le pubbliche amministrazioni non possono svolgere attività di comunicazione sul referendum per tutta la durata della campagna. A eccezioni di farlo come privati cittadini. «Non c'è clamore, è come una qualsiasi campagna elettore», dice Niccolò Notarbartolo
Consiglio etneo e silenzio su referendum trivelle Tra chi si indigna e chi lo definisce normale iter
La data scelta dal Consiglio dei ministri per il referendum nazionale sulle trivelle è il 17 aprile. Il ministero degli Interni, con una circolare recapitata alla fine di febbraio a tutti i prefetti della Repubblica, stabilisce il «divieto per le pubbliche amministrazioni di svolgere attività di comunicazione». A eccezione però «di quelle effettuate in forma impersonale e indispensabile per l’efficace assolvimento delle proprie funzioni», si legge nel documento. La misura si estende alle istituzioni e non ai singoli rappresentanti di cariche pubbliche che, da cittadini, possono divulgare le proprie idee. A patto di non utilizzare mezzi, risorse, personale e strutture pubbliche. Un provvedimento che, nei fatti, investe anche i consigli comunali, compresi quelli delle regioni a Statuto speciale. Tra questi anche il senato cittadino di Catania, che esprime indignazione sia dal lato della maggioranza che dell’opposizione.
«Non capisco il clamore che si sta generando, perché come consiglieri possiamo fare l’attività comunicativa che preferiamo – spiega il consigliere Niccolò Notarrbartolo – Non possiamo utilizzare gli strumenti pubblici, così come si fa in una qualunque campagna elettorale. Siccome però in questi giorni c’è un’ipersensibilità sull’argomento, qualcuno si confonde». «Chiederò conto e ragione all’associazione nazionale dei Comuni italiani (Anci) – dice l’esponente di Grande Catania Sebastiano Anastasi -Sarebbe opportuno che il consiglio etneo affrontasse l’argomento ma faccio mea culpa perché, questa battaglia mi è sfuggita di mente». Poi il consigliere di centrodestra aggiunge: «Tuttavia, se in aula non se ne può parlare, io e altri colleghi interessati, potremmo organizzare una manifestazione fuori da Palazzo degli elefanti». E ammette: «Il consiglio, di recente, ha lavorato su delibere importante e forse ha fatto poca attenzione alle vicende nazionali, come il referendum sulle trivelle».
Ma l’Anci Sicilia, qualche settimana fa, è già intervenuta sulla vicenda con uno sfogo del presidente, nonché sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. «Si vuole negare ai rappresentati dei cittadini il diritto di parola nella campagna referendaria – ha attaccato – Ma l’Anci Sicilia, con la stragrande maggioranza dei Comuni siciliani, non può che sostenere ogni battaglia di autonomia nelle scelte che hanno o possono avere ricadute significative sui territori. Decisioni, come quelle delle trivellazioni, non possono essere concepite senza un coinvolgimento preventivo e diretto dei Comuni sul cui territorio possono ricadere costi ed eventuali benefici». Nessuna presa di posizione, invece, dal sindaco di Catania Enzo Bianco. Che, all’Anci, è presidente del consiglio nazionale. Parla di anomalia della vicenda il consigliere Massimo Tempio. «La non discussione è un’eccezione poiché l’argomento delle trivellazioni è importante, ci interessa molto da un punto di vista territoriale, e affrontarlo in aula sarebbe stato produttivo», dichiara l’esponente del gruppo Misto. «Si tratta di un divieto e di un’imposizione su cui non posso che essere contrario ma – confessa – se la cosa avesse realmente interessato la politica cittadina, di sicuro si sarebbe organizzata una protesta».