Con il mutuo da un miliardo di euro Renzi e Crocetta vogliono fare fallire la Regione siciliana

GLI ELETTORI SICILIANI DEBBONO SAPERE QUASI SONO I PARTITI POLITICI CHE STANNO PORTANDO LA NOSTRA ISOLA VERSO IL DEFAULT. E QUELLI CHE, INVECE, STANNO PROVANDO A TUTELARE IMPRESE E FAMIGLIE DELLA NOSTRA ISOLA

Abbiamo lasciato la politica siciliana un paio di giorni prima della Santa Pasqua mentre si preparava, non sappiamo se in preghiera, all’appuntamento per domani a Sala d’Ercole. Con all’ordine del giorno il mutuo ‘ascaro’ da quasi un miliardo di euro per pagare in parte i ‘debiti’ della sanità, i Comuni e per consentire alla stessa Regione di mettere in ‘cassa’ 300 milioni di euro da utilizzare per finanziare la legge di variazioni di Bilancio.

Ragionando sui numeri e sulla legge di contabilità, di fatto, la Regione siciliana – questo non finiremo mai di ripeterlo – dovrebbe contrarre un mutuo da quasi un miliardo di euro per pagare la spesa corrente! Con la ‘benedizione’ del Governo nazionale di Matteo Renzi: il Governo che dovrebbe ‘risanare’ l’Italia.

Torniamo sull’argomento non tanto e non soltanto per segnalare l’assurdità di questo mutuo – quasi una riedizione riveduta e corretta del celebre film di Totò e Peppino, riadattata alla ‘questione siciliana’: lì i due grandi attori volevano vendere la Fontana di Trevi, qui Renzi e il governatore Rosario Crocetta vorrebbero scippare dalle tasche dei siciliani un miliardo di euro, facendogli pagare Irpef e Irap maggiorate per i prossimi trent’anni! – quanto per sottolineare alcune novità che abbiamo appreso da alcuni giornali alla fine della scorsa settimana.

La novità più importante è che la tesi che il Fiscal Compact sarebbe pari a un prelievo, a carico dell’Italia, di 50 miliardi all’anno per vent’anni ora non è più vera. Tra il 17 e il 18 di aprile, leggendo alcuni quotidiani nazionali, il prelievo di 50 miliardi di euro è stato ridotto a 7-8 miliardi all’anno.

Ma se è così, il Governo nazionale può spiegare perché ha scippato alla Regione siciliana 915 milioni di euro dal Bilancio 2013 e un miliardo e 50 milioni di euro dal Bilancio di quest’anno? Siamo sicuri che tagli di questa portata sono stati effettuati in tutte le Regioni italiane?

I tagli ci sono stati, certo: del resto, l’Unione europea dell’euro è nata per far pagare ad alcuni dei Paesi caduti in questa trappola monetaria il costo della riunificazione delle ex due Germanie. Ma noi ci chiediamo e chiediamo: non è eccessivo – alla luce delle precisazioni sul Fiscal Compact – il taglio operato a carico della nostra Regione?

Proviamo a fare quattro conti.

Lo Stato ha tolto alla Sicilia i già citati due miliardi di euro dai Bilancio della Regione 2013 e 2014.

Lo stesso Stato ha tagliato i trasferimenti ai Comuni siciliani nel nome del federalismo fiscale, senza riconoscere agli stessi nostri Comuni i fondi per la perequazione fiscale e infrastrutturale (ovvero gli sgravi fiscali e i fondi per investimenti).

Lo stesso Stato si tiene dal 2009 la percentuale delle accise che dovrebbe essere riconosciuta alla Regione dopo che la quota di partecipazione alle spese sanitarie della stessa Regione siciliana è passata dal 42 per cento circa a quasi il 50 per cento.

Roma sta ‘rapinando’ la nostra Regione e, in più, ci vuole costringere a contrarre un mutuo da quasi un miliardo di euro per pagare la spesa corrente, in barba alle leggi di contabilità dello Stato! Questo – almeno per la Sicilia – è il vero volto del Governo Renzi. Il resto sono minchiate. 

La verità è che quello condotto in queste ore dal Governo Renzi è un attacco senza precedenti all’Autonomia siciliana. Non solo non si parla di mettere in atto gli articoli 36, 37 e 38 dello Statuto siciliano, ma stanno costringendo la nostra Regione a un ulteriore indebitamento che, il prossimo anno, produrrà un matematico dissesto finanziario!

A questo punto, visto che il gioco si fa pesante, dobbiamo segnalare ai nostri lettori i responsabili politici di questo gioco allo sfascio contro la nostra Regione e contro l’Autonomia siciliana.

Le forze politiche che si stanno rendendo responsabili del fallimento della Sicilia – fallimento finanziario e fallimento politico con la definitiva liquidazione dell’Autonomia siciliana, messa in cantiere dal Governo Renzi per il prossimo anno – sono, nell’ordine:

– il Governo Crocetta e i suoi parlamentari

– il PD

– il Nuovo centrodestra democratico di Angelino Alfano

– l’Udc

– i Democratici e riformisti di Totò Cardinale

– Articolo 4 di Lino Leanza

– Forza Italia.

Di fatto, l’unica forza politica che oggi sta cercando di opporsi allo sfascio del nostro Paese – a Roma annunciando che metterà in discussione il Fiscal Compact, e in Sicilia opponendosi al mutuo demenziale, ‘ascaro’ e truffaldino di un miliardo di euro – è il Movimento 5 Stelle.

I protagonisti della Lista “L’altra Europa con Tsipras” contestano l’austerità dell’Unione europea, ma non si sono ancora pronunciati sul mutuo: e farebbero bene a pronunciarsi anche su tale argomento, anche per informare gli elettori siciliani.

Tra poco più di un mese voteremo per le elezioni europee. I siciliani che credono ancora nella Sicilia, nell’Autonomia – e soprattutto le famiglie e le imprese siciliane che verrebbero chiamate a pagare le rate di questo mutuo con una maggiorazione dell’Irpef e dell’Irap – sanno cosa debbono votare.

In questi giorni i politici dell’Assemblea regionale siciliana vi racconteranno che, assieme al mutuo, voteranno una legge che ridurrà le aliquote Irpef e Irap. Vi stanno prendendo in giro. Perché contraendo un mutuo di un miliardo di euro, le imprese e le famiglie siciliane verranno chiamate, nei prossimi trent’anni, a restituire quasi 2 miliardi di euro: un miliardo di euro di sorte capitale e circa 900 milioni di euro di interessi.

Per pagare questi soldi le aliquote Irpef e Irap non potranno che aumentare.

Invece di contrarre quest’assurdo mutuo, il Governo regionale si faccia, in primo luogo, restituire da Roma i soldi relativi alla quota di compartecipazione alle spese della sanità. Già questi soldi risolverebbero tutti i problemi di quest’anno.

Dopo di che si avvii una trattativa serie sugli articolo 36, 37 e 38 dello Statuto. Roma dirà no? Bene. Ne prenderemo atto.


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