Con gli occhi del viaggiatore

Domanda da un milione di dollari, quella che abbiamo rivolto alle “vittime” nelle quali più di recente ci è capitato di imbatterci. Vittime consenzienti, sia chiaro, perché a chi non fa piacere tornare con la memoria a uno di quei viaggi che per qualche ragione ci è rimasto nel cuore più di ogni altro?

Siamo partiti da questo presupposto. Ma non è stato semplice, perché chi torna da un viaggio, o chi dal viaggio in questione è tornato un po’ di tempo fa, insomma chi parla di ciò che ha vissuto lontano da casa in epoca più o meno remota ha sempre la –per carità, leggittimissima– tendenza a lasciarsi andare in mille racconti tutti diversi, ma allo stesso tempo tutti legati l’uno all’altro e l’ascoltatore di turno deve, per forza di cose, dotarsi di una buona dose di pazienza, e naturalmente di tempo, se ha intenzione di raccogliere testimonianze riguardo quell’esperienza che da secoli appassiona e divide (sarebbe più corretto dire “disperde”) gli esseri umani, che li affascina e li disgusta, ma che mai (nei secoli dei secoli, amen – di questo siamo sicuri) fallirà nella missione di lasciare un segno, uno qualsiasi, nel cuore e nella mente di chiunque si affidi alle sue mani: il viaggio.

 

Proprio perché un viaggio è fatto di mille colori e di mille sfumature diverse è stato difficile focalizzare l’attenzione dei nostri intervistati sulla domanda cui, uno ad uno, li abbiamo sottoposti. La domanda (da un milione di dollari o da un milione di euro, nel nostro caso non fa molta differenza) è la seguente: “Il posto più strano che hai visitato durante un viaggio?”.

C’è chi non è andato troppo lontano, per lo meno geograficamente, e ci ha risposto che un posto strano e suggestivo è il santuario della Madonna Nera, a Tindari (ME), non per il santuario in sé ma piuttosto per la vista che si può godere tanto dalla finestra della sagrestia che dal terrazzo adiacente alla chiesa: il mare, alle spalle del mare gli alberi, e in mezzo al mare la striscia di sabbia che (dicono) ha la forma del volto della Madonna.

C’è chi (sempre per restare dalle nostre parti) invece ha sorriso nel constatare che a largo di Marsala, presso S. Teodoro, i fondali marini sono così bassi che per raggiungere le splendide isolette che circondano la costa (l’ “isola Lunga”, Mozia, Santa Maria e Scuola) basta fare una passeggiata in acqua, a piedi.

 

Qualcuno è rimasto colpito dalla familiarità che gli olandesi hanno con la pioggia: “…pochi ombrelli, pochi impermeabili, si prendono la pioggia come fosse niente. Ad Amsterdam vedi mamme e figli in bicicletta con i loro seggiolini spaziali, super-ammortizzati e con miniparabrezza incorporato, in piena pioggia come se nulla fosse…”.

Qualcun altro ha riportato una leggenda appresa a Levanto (SP), secondo cui Dio, dopo la fatica della creazione, non si riposò affatto, ma tentò di migliorarsi e creò questa ridente cittadina. La bellezza di Levanto colpì anche il suo creatore, tanto che, credendo di aver esagerato, Egli corse ai ripari e fece i levantesi. Insomma, un paese bellissimo ma degli abitanti fieri e orgogliosi al punto da sembrare ostili. Strana leggenda, assicura chi c’è stato, vista la simpatia e la gentilezza con cui i levantesi accolgono i visitatori.

 

“C’è un posto” ci ha raccontato uno degli intervistati “chiamato Moher, non lontano da Limerick, Irlanda del Sud, che non è proprio strano, ma piuttosto ti resta dentro per quanto è bello. C’è una torre, a Moher, a picco sugli scogli. Dentro la torre c’è una scalala a chiocciola stretta stretta che sbuca in cima alla torre stessa, su una specie di piccola terrazza circolare così alta che se ti affacci ti viene l’improvviso e incontrollabile desiderio di tornare al più presto al piano terra. Ma se riesci a vincere quel desiderio, hai davanti agli occhi l’oceano. L’oceano e nient’altro. L’oceano immenso che si perde nel cielo. E se il cielo è cupo e le nuvole coprono il sole, diventa tutto spaventosamente meraviglioso…”.

Un’altra delle persone che abbiamo incontrato era stata di recente in Senegal, in un piccolo villaggio chiamato Ndiagamba, nei pressi del quale c’è un altopiano su cui ha passato la notte, assieme agli altri visitatori e alla loro guida africana. “Da quell’altopiano si vedono molte più stelle di quelle che riuscirò mai a vedere, con tutta la buona volontà, dall’Italia.” ci ha detto. “Quando l’ho fatto presente alla nostra guida mi ha risposto che quelle stelle sono gli occhi di dio”.

C’è chi è stato a Beliza, in Bulgaria, dove da qualche anno è stata creato un parco protetto per gli “orsi ballerini in pensione”, cioè quegli orsi che per secoli sono stati sfruttati dai tradizionali Mechkari, i domatori che insegnavano loro a “ballare” usando metodi di ammaestramento violenti, contro i quali si sono battute molte associazioni animaliste. Ebbene, il costo mensile per il mantenimento di un orso del parco (che dopo tanti anni di vita in cattività non riuscirebbe, da solo, a procurarsi da vivere) si aggira intorno ai 150-200 euro. La zona di Beliza è molto povera, la popolazione vive in una situazione critica di isolamento. Per questo la gente del Paese, scherzando sul parco, afferma che la cosa più vantaggiosa da fare, a Beliza, è trasformarsi in un orso.

 

Un’altra cosa che per qualcuno potrebbe risultare simpatica è stata notata, sempre in Bulgaria, a Plovdiv, dove a quanto pare ci sono fermate dell’autobus senza alcun segnale. Non un cartello. Nulla. Solo gente che aspetta. Come debba fare uno straniero a trovare la fermata, questo è rimasto un mistero.

E cosa ci ha raccontato un lombardo che per la prima volta era in visita in Sicilia? “Ho appena attraversato in macchina tutta la zona dell’entroterra: da Palermo mi sono spostato verso Trapani, Agrigento, Caltanissetta e…non ho incontrato altro che deserto e curve. Per decine e decine di chilometri solo curve e deserto, deserto e curve. Perciò mi è sembrato davvero strano, a un certo punto del tragitto, imbattermi…in un albero!”.


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