Foto di Tim Mossholder

Gli appalti alla base dei Comuni sciolti per mafia in Sicilia. «Il disordine amministrativo agevola l’infiltrazione»

Castiglione di Sicilia e Palagonia (nel Catanese) e Mojo Alcantara (in provincia di Messina). Sono questi i tre Comuni sciolti per infiltrazioni della criminalità organizzata nell’Isola negli ultimi 18 mesi, dall’1 gennaio 2022 al 30 settembre 2023. Un numero che fa posizionare la regione al terzo posto tra quelle italiane dopo la Calabria (dove sono stati sei) e la Campania (con quattro). Stessa classifica anche se si prende in considerazione il periodo a partire dal 1991, l’anno in cui è entrata in vigore la legge. In tutto, in Sicilia sono stati 92 i Comuni sciolti per mafia (con 15 centri che hanno avuto scioglimenti multipli, almeno due volte). Peggio solo la Calabria con 133 e la Campania 117. Dati che emergono dal nuovo dossier di Avviso Pubblico dal titolo La linea della palma. «Lo scopo delle cosche – spiegano i curatori del rapporto – è quello di controllare ogni settore della vita economica e amministrativa degli enti, con impressionante duttilità e capacità di adattamento. Un obiettivo che viene perseguito aggirando le procedure di trasparenza, riducendo al minimo la partecipazione pubblica e occupando ogni spazio disponibile».

Collusioni, scelte amministrative inquinate dalle organizzazioni criminali, parentele e frequentazioni con persone appartenenti o vicine ai clan. L’inquinamento mafioso degli enti locali provoca lo scioglimento dei Comuni, la sospensione della democrazia e danni enormi al tessuto socio-economico. Innanzitutto, emerge il coinvolgimento dei clan mafiosi nelle campagne elettorali: «Relazioni di cointeressenza che – si legge nel dossier di Avviso Pubblico – determinano lo sviamento o l’asservimento delle attività dei Comuni agli interessi delle organizzazioni criminali». Il cuore dell’interesse dei clan sta nelle manovre occulte per gli affidamenti e appalti. «Un primo tratto distintivo, che agevola l’infiltrazione delle mafie, è costituito dal generale disordine amministrativo: ciò si manifesta – viene analizzato – soprattutto, dall’assenza di una precisa linea di demarcazione tra funzioni di indirizzo politico e funzioni gestorie», come nel caso di Mojo Alcantara. Per quanto riguarda gli appalti, emerge nei tre Comuni sciolti per mafia in Sicilia una carenza sul piano dei controlli e delle verifiche antimafia a cui ogni amministrazione è tenuta. A Palagonia, al momento dell’insediamento della commissione d’accesso, nessun dipendente dell’ufficio tecnico era in possesso delle credenziali per accedere alla Banca dati nazionale unica antimafia (Bdna).

La subordinazione dell’interesse pubblico agli interessi delle cosche nel settore degli appalti si realizza con diverse attività. Dalla violazione del principio di rotazione tra aziende (come a Castiglione di Sicilia e Palagonia) all’artificioso frazionamento dei bandi di gara e il cosiddetto sottosoglia; dall’utilizzo di prestanomi e la ricerca di società pulite all’assenza di programmazione e al ricorso ad affidamenti diretti o a procedure di somma urgenza (come successo a Castiglione di Sicilia); fino la generale mancanza di trasparenza e alla pubblicazione tardiva, incompleta o per un lasso di tempo molto breve dei bandi pubblici sul sito del Comune. Nel caso di Mojo Alcantara si è fatto ricorso a sorteggio pilotato per attribuire un appalto in spregio delle regole.

«I settori della vita amministrativa comunale che risultano oggetto delle attenzioni mafiose coprono l’intero spettro delle competenze comunali – si legge nel report La linea della palma – a seconda delle occasioni di arricchimento e di riciclaggio del denaro». Anche nei casi siciliani, il settore edilizio-urbanistico si conferma come il più attenzionato dagli interessi mafiosi. Seguono poi quello dei tributi, del servizio di igiene urbana e delle concessioni demaniali e delle spiagge. Dinamiche che spesso coinvolgono più persone di diversi ambiti: a Castiglione di Sicilia a essere interessati dall’indagine che ha portato allo scioglimento del Comune per mafia sono stati 15 amministratori e cinque appartenenti all’apparato burocratico; nel caso di Mojo Alcantara sono stati tre amministratori e quattro dell’apparato burocratico mentre a Palagonia quattro sono stati gli amministratori coinvolti.

«L’attacco delle mafie – si legge ancora nel dossier di Avviso Pubblico – si concentra di più sui piccoli comuni». E anche i casi siciliani non fanno eccezione: Palagonia conta circa 16mila abitanti, meno di 3000 sono le persone che vivono a Castiglione di Sicilia, mentre poco più di 700 sono i residenti a Mojo Alcantara. «I comuni più piccoli – spiegano i relatori del dossier – garantiscono ai clan vantaggi in termini di controllo del territorio e della società civile. C’è meno presenza di forze di polizia. Inoltre, i territori più piccoli sono meno esposti mediaticamente e questo giova agli affari dei clan. Infine è più facile far pesare la forza economica criminale sull’imprenditoria locale e sulle piccole amministrazioni».


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