Intrighi politici, colpi bassi, bassissimi e l’autorità giudiziaria in costante allerta: sono le Comunali a Trapani, bellezza, verrebbe da dire parafrasando una nota battuta dal film Quarto potere. Lontano dai riflettori di Palermo e Catania, dove le Amministrative sono banco di prova persino nazionale per i partiti che si cimentano in tavoli tanto lunghi quanto […]
Trapani, le Comunali diventano spy story, tra vecchie registrazioni e il sindaco sbirro
Intrighi politici, colpi bassi, bassissimi e l’autorità giudiziaria in costante allerta: sono le Comunali a Trapani, bellezza, verrebbe da dire parafrasando una nota battuta dal film Quarto potere. Lontano dai riflettori di Palermo e Catania, dove le Amministrative sono banco di prova persino nazionale per i partiti che si cimentano in tavoli tanto lunghi quanto poco produttivi e slanci di litigiosità che puntualmente culminano in un riappacificamento elettorale, nel capoluogo più a occidente della Sicilia l’agone per la scelta del nuovo sindaco dà puntualmente vita a vicende che lambiscono la spy story e il thriller. E anche questa tornata elettorale sembra non fare eccezione.
Emblematica l’elezione del 2017, quando in campo decisero di scendere due pezzi da novanta della politica cittadina: il senatore di Forza Italia Antonio D’Alì, in seguito condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa per i suoi accertati rapporti con elementi del più alto calibro di Cosa nostra e Girolamo Fazio, ex sindaco, titolare di un notevole pacchetto di preferenze e rappresentante – in quell’occasione – del centro. Da par sua, invece, il Partito democratico aveva mobilitato in blocco mezzo establishment romano per sostenere il suo candidato, Pietro Savona, mentre il Movimento 5 Stelle tentò il colpo con un candidato locale, Marcello Maltese. Alla fine, D’Alì ricevette in piena campagna elettorale l’obbligo di dimora da parte della procura, proprio mentre Fazio finiva addirittura ai domiciliari con l’accusa di corruzione, ma entrambi decisero di proseguire la corsa a palazzo D’Alì – il palazzo comunale è omonimo dell’ex senatore -. Alla fine a spuntarla al primo turno fu Fazio, che si ritirò però alla vigilia del ballottaggio contro il Dem Savona che, da unico candidato, non raggiunse però il quorum. Dopo dodici mesi di commissariamento, Trapani ci riprova. Questa volta a spuntarla è Giacomo Tranchida, rappresentante del centrosinistra.
A distanza di cinque anni, il sindaco uscente ci riprova. La bagarre sarà con l’autonomista Anna Garuccio, Francesco Brillante, appoggiato da liste civiche tendenti per lo più al centrosinistra e soprattutto Maurizio Miceli, candidato in quota Fratelli d’Italia di un centrodestra unito che tanto unito non è. O meglio, lo è sulla carta, ma in questo caso la polemica parte da lontano: con l’assessore regionale Mimmo Turano, leghista, alcamese, un’importante presenza sul territorio quanto a preferenze e sostenitori, che mette fin da subito le mani avanti e si schiera con Tranchida anziché con Miceli. «Con lui c’è un’intesa che nasce da ben prima delle elezioni», dirà a chi gli punta contro il dito. Ma alla fine le pressioni sortiscono l’effetto desiderato e Turano viene richiamato all’ovile in una reprimenda in cui pare abbia avuto un ruolo persino il presidente della Regione Renato Schifani, duro nel ribadire la necessità di unione all’interno della sua giunta e al contempo cauto nei confronti del ripensamento di Turano, archiviato con un «vedremo cosa farà» o qualcosa del genere.
Intanto, mentre in (non così) tanti si chiedono cosa farà Turano, visto che i suoi luogotententi non abbandoneranno il sindaco con cui hanno governato nel quinquennio appena trascorso, l’ultimo colpo basso – non si sa di preciso all’indirizzo di chi – viaggia sotterraneo nei meandri di WhatsApp, dove pare siano stati diffusi degli audio di intercettazioni del sindaco uscente Tranchida. Si tratterebbe di file raccolti dagli inquirenti nel lontano 2007, quando Tranchida era impegnato nelle elezioni amministrative nel vicinissimo Comune di Erice, interessate, neanche a dirlo, da un’inchiesta per corruzione elettorale. Un procedimento ormai morto e sepolto sotto la lapide dell’archiviazione. In quelle intercettazioni, Tranchida – che non era tra gli indagati – denunciava un tentativo di compravendita di voti a un ufficiale di pubblica sicurezza. Alla fine, il candidato sarà persino costretto a indossare una microspia per documentare il tutto, ma la storia si concluse senza nomi da perseguire. Non si capisce tuttavia se queste riesumazioni giudiziarie siano state fatte per favorire Tranchida, presentandolo come ligio esponente delle istituzioni o per metterlo in cattiva luce in quanto “amico delle guardie”.
«Forse qualcuno considera ancora rivolgersi a uno “sbirro”, mi si passi il termine, come qualcosa di negativo – dice a MeridioNews Tranchida – Non ho sentito queste registrazioni, so che sono del 2007, quando sono stato candidato per la prima volta a Erice. Tra l’altro – aggiunge – se non ho capito male riguardano un’inchiesta che mi vedeva coinvolto come parte offesa. Cercavo di essere cauto in ambienti poco conosciuti, visto che venivo da Valderice. Non so a chi possa giovare questa cosa, potrebbe esserci l’intenzione di inquinare la campagna elettorale, anche se secondo me si cerca di fare un po’ di polvere, ma non credo di essere io il destinatario di questo gesto. Comunque -conclude ho parlato con il mio legale per denunciare questo fatto. Noi andiamo avanti, abbiamo dieci liste a mio sostegno, non ci facciamo distrarre». Di certo c’è che, da qui a fine maggio, non sono escluse sorprese.