Il candidato sindaco raggruppa amici, sostenitori e aspiranti consiglieri, nella sala di un hotel alla Playa. Prima di prendere la parola, spazio alla musica. Durante il discorso, invece, messaggi per gli avversari e per la stampa. «Il nostro primo obiettivo è superare la soglia di sbarramento», annuncia
Comunali, Pellegrino si presenta e lancia la sfida «Siamo la vera anti-casta, ora mandiamoli a casa»
«Noi siamo la vera anticasta». Mittente: Riccardo Pellegrino, il «missionario della politica» che giura di «avere le mani assolutamente pulite». Altro che impresentabile. Quel bollino appiccicatogli addosso quando, a novembre, si era candidato alle Regionali con Forza Italia. Storie passate. Adesso, nonostante l’ultimo avviso di garanzia per un presunto voto di scambio, c’è una nuova sfida, quella che porta alla carica di primo cittadino di Catania. Per presentare la sua ultima scommessa il consigliere comunale uscente originario del quartiere San Cristoforo questa volta sceglie la sala di un lussuoso hotel della Playa. A scaldare gli animi dei presenti ci pensa il presentatore e speaker catanese Rosario Di Stefano. Un personaggio che parla la lingua della platea e che a tratti intona Figghiozza d’o pattri eternu, canzone di Giuseppe Castiglia che fa da cornice a un video di presentazione di Pellegrino. Sottofondo identico a quello che cinque anni fa il sindaco Enzo Bianco aveva utilizzato per un suo spot.
Paragoni a parte si passa dal dialetto alla musica classica. Prima di Pellegrino tocca alla sua candidata, la soprana Ida Leonardi, ricevere una standing ovation per il suo Nabucco di Giuseppe Verdi. In sala le prime file sono tutte riservate ai candidati della lista Un cuore per Catania. Con loro anche i tre assessori designati dal consigliere comunale uscente. Si tratta di Giacomo Dugo, 68 anni, professore ordinario di Chimica a Messina, Enrico La Delfa, 63 anni, psichiatra e criminologo, e infine il giovane Fabio Ursino, 31 anni, consulente finanziario. Nelle prime file, ma solo questione di minuti, non c’è invece il papà del candidato. Inseparabili durante le uscite pubbliche per le Regionali, stasera relegato a una più nascosta quintultima fila.
«Oggi è una giornata storica. Ci presentiamo come un gruppo di persone nuove e finalmente libere dalle pressioni dei partiti», sono le prime parole usate da Pellegrino quando prende la parola. Niente più vessilli di Forza Italia e nemmeno cori da stadio che invitano a saltare contro il comunismo. Il progetto per Palazzo degli elefanti è civico, pur restando orientato a destra. «Patria e religione» sono le parole d’ordine quando si fa riferimento a chi intende «liberalizzare droga e prostituzione». Il discorso viene interrotto diverse volte dagli applausi e non mancano i riferimenti alla stampa. Colpevole di avere portato avanti «una campagna diffamatoria che ha cercato di ucciderci. Compreso il servizio confezionato da Le Iene. Ho sofferto – spiega dal palco – ma dovranno ricredersi sul mio conto».
A non scalfire il vulcanico consigliere non è nemmeno l’ultima vicenda giudiziaria, che coinvolge anche il padre. Nell’ambito dell’inchiesta la procura di Catania ipotizza il reato di voto di scambio dietro alle Regionali di novembre scorso. «Ho le mani libere e pulite. Voglio essere figlio della giustizia e della libertà», tuona. Tra applausi e palloncini rigorosamente rossoazzurri che si alzano c’è anche spazio per il programma elettorale. «Scritto in maniera semplice in modo che la gente possa capirlo», afferma. Qualcuno lo legge, altri lo tengono tra le mani. A tutti è stato distribuito all’ingresso. Con l’immancabile palloncino.
I «big della politica» sono principali destinatari dell’arringa. Niente nomi ma è chiaro che l’amministrazione uscente e l’ex alleato Salvo Pogliese siano gli indiziati principali. Ma a cosa ambisce Riccardo Pellegrino? «Il nostro progetto andrà avanti fino a quando conquisteremo la sindacatura», annuncia alla folla. Ma più realisticamente ammette: «Ognuno di voi è candidato. Bisogna lavorare per superare lo sbarramento del cinque per cento così da potere mandare a casa chi ha distrutto la nostra terra». Prima della conclusione del discorso, per poi dare spazio ad assessori designati e candidati, tocca al padre salire sul palco. «Lui è il maestro della mia vita. Sono orgoglioso di te».