Comunali Catania, la proposta di Maurizio Caserta: «Rifiuti zero, multe ai furbi e una città per tutti»

Serio, compito, concentrato. Affronta anche la campagna elettorale con il piglio da prof Maurizio Caserta, 63 anni, di professione docente universitario di Economia, al suo secondo tentativo nella corsa a sindaco alle elezioni comunali di Catania, dopo la tornata del 2013. Allora candidato civico, oggi è il nome scelto dal fronte progressista composto da Partito democratico, Movimento 5 stelle e Sinistra italiana. Con l’appoggio last minute di due ex pretendenti alla poltrona: Enzo Bianco, incandidabile per decisione della Corte dei Conti, e Riccardo Tomasello, incandidato per sua scelta. Per un totale di sei liste al consiglio comunale. Cominciano da Caserta – in ordine alfabetico, con l’eccezione di Vincenzo Drago che non ha risposto al nostro invito – le interviste di MeridioNews ai possibili nuovi primi cittadini etnei.
– Guarda o leggi le interviste agli altri candidati

Abbiamo chiesto a tutti i candidati di darci appuntamento nel loro posto preferito di Catania. Lei ha scelto la villa Bellini, perché?
«È il polmone verde più grande, più curato e a volte dimenticato della città. Forse dovremmo recuperare l’uso di questo spazio e trovare luoghi all’interno che possano essere destinati ad attività sportive, culturali, ricreative e magari qualche attività commerciale che serva a chi viene qui a passare del tempo. È una delle cose belle della città».

Nonostante l’amministrazione uscente, per varie vicissitudini, abbia prestato un ampio fianco scoperto, la sinistra cittadina non sembra aver sfruttato l’occasione per creare un’alternativa. Ci si è ritrovati a ridosso delle elezioni, come mai?
«Meglio tardi che mai. Siamo riusciti a raggruppare le forze e, certo, all’interno ci si può dividere su alcune questioni ma il riferimento è forte ed è la Costituzione italiana. Anche quando si amministra una città bisogna avere dei principi e lì ci sono quelli che ispirano la nostra azione di apertura, accoglienza, solidarietà, diritto al lavoro, dovere. Cose alla base di questa offerta politica che, per Catania, è una piccola rivoluzione che poggia su tre parole: legalità, programmazione e partecipazione. La legalità manca, chiunque può affermarlo; manca poi la visione di lungo periodo, cioè sapere quali effetti creeranno tra un anno o cinque le iniziative di oggi; manca infine la partecipazione, perché spesso chi ha responsabilità di governo pretende di decidere per tutti, ma questo non ha mai portato niente di buono».

Se tra i tanti problemi di Catania dovesse indicare il principale, quale sceglierebbe?
«I rifiuti sono la cosa che colpisce, ferisce e crea problemi a tutti. Se non cominciamo da qui, non credo che potremo occuparci delle altre cose. È come in una casa sporca: non si possono svolgere le attività normali. E soprattutto l’esigenza del controllo di legalità. Abbiamo lasciato perdere, abbiamo lasciato fare e questo ha generato il caos e il disordine da cui i più, e soprattutto i più bravi, scappano».

Questo sembra fare il paio con l’inciviltà diffusa che si osserva. Come può un sindaco affrontare un macro-tema simile e contrastarlo?
«È spesso un alibi che chi amministra utilizza per giustificare la sua inerzia. Si dice che i catanesi sono incivili, ma l’inciviltà è conquistare più spazio di quello che le condizioni oggettive e le regole ci consentono. Occupiamo lo spazio di altri quando riversiamo i rifiuti sulla strada o quando, in una gara pubblica, ci adoperiamo affinché anche chi non ha meriti possa ottenere quel risultato. È una tendenza naturale di ciascuno di noi e ci siamo dotati delle istituzioni proprio per contenerla. Non si può, quindi, scaricare la responsabilità sui cittadini che hanno votato un’amministrazione aspettandosi che applicasse le regole. I genitori che lasciano fare, alla fine, non saranno apprezzati dai figli: allo stesso modo, un buon governo deve essere guida ed esempio. Se riusciamo a organizzare bene la cosa pubblica, ciascuno troverà il suo spazio. Tutti, ovviamente, con attenzione alle fragilità fisiche, economiche, culturali, psicologiche e sociali. Certo, con le risorse che ci sono, ma oggi c’è questa straordinaria opportunità delle risorse europee per cui l’amministrazione deve dotarsi di competenze e dirigenti. È finito il tempo dei favori e degli amici degli amici, l’unica strada per questa città è il rigore delle istituzioni. Amiche dei cittadini: le istituzioni, intendo, non gli uomini e le donne delle istituzioni.. Credo che tutti riconoscano che bisogna andare ai primi anni ’90 quando ci fu una primavera…».

Ecco, quello è stato anche un momento di splendore culturale per la città, oggi assente. Come si può invertire questa tendenza?
«La cultura permette di costruire identità da cui passano l’orgoglio e la passione per fare le cose in un contesto che aiuta chi fa attività culturali. Giustamente, lei fa riferimento alla produzione culturale, per la quale ci sono stati tempi migliori e dobbiamo forse prendere esempio da altre città siciliane. Penso a Palermo che, negli ultimi anni, è diventata una capitale europea e, pur con tutte le difficoltà e i suoi quartieri degradati, ha puntato sulla cultura mostrando che è possibile. Io credo che Catania possa puntare all’eccellenza, ma deve farlo guardando un po’ più lontano e sapendo che, se si fanno operazioni di qualità, tutti le apprezzeranno. Perché la cultura è quella buona per tutti, non ci può essere cultura d’élite: se è cultura, è per tutti o non è».

Come riassumerebbe il suo programma elettorale in tre punti?
«Ovviamente i rifiuti, ricostruendo la filiera e puntando a un obiettivo non a portata di mano ma di certo non impossibile: il rifiuto zero e l’eliminazione, o riduzione al minimo, dell’indifferenziato. Questo permetterebbe di non dover neanche affrontare il problema delle discariche o la discussione sull’inceneritore che appassiona molti da parti opposte. Per quanto poi possa sembrare sorprendente abbiamo un grande problema di rete fognaria che viene fuori in posti, magari non immediatamente visibili, ma che in alcune aree della città è un problema serio. L’altro provvedimento sono le multe: finché non ci viene ricordato che quelle sono infrazioni e contravvenzioni continueremo a farlo, perché questa è la nostra natura e forse qui c’è una propensione un po’ più forte in quella direzione. Accade anche per i tributi, che alcuni pagano e altri no, non sempre per difficoltà economiche ma spesso per furbizia. E nessuna amministrazione può sopportare che qualcuno faccia il furbo».

A chi parlano queste proposte? Chi sono i suoi elettori?
«Io credo che siano tutti i cittadini di Catania. Magari persone un po’ più giovani che non dobbiamo costringere a vivere nel disordine, come la mia generazione che ha trovato degli stratagemmi per farlo. È compito della maggioranza ridurre lo spazio di chi si avvantaggia di questo disordine ed è possibile con il controllo di legalità, l’esempio e la partecipazione: tutte cose non particolarmente costose e che possono essere attivate anche con l’azione personale».

Come si intercettano questi cittadini in logiche elettorali sempre più dominate dai Caf?
«Parlando, facendosi vedere, ricordando che esistono alternative, mostrando umiltà e competenza. Questa competizione è dura e il governo della città di Catania non è una passeggiata, ma immagino che chi si propone per questo ruolo sappia che il compito è difficile e che richiede impegno totale».

In questo clima, a noi sembra utile un’operazione trasparenza: in che cifra stima il costo totale della sua campagna elettorale e chi la finanzia?
«È tutto trasparente, c’è un conto corrente che viene aperto e sottoposto a un controllo molto rigido. È tutto tracciato: chi contribuisce, che siano imprese, singoli o partiti, così come le spese. Ci si può nascondere? No, non credo. Le campagne elettorali costano in termini di cifre se si pensa di evitare il contatto personale. Perché, in fin dei conti, la spesa maggiore è il tempo dedicato a informare gli altri».


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