L'operazione Università bandita passa al setaccio selezioni e vincitori degli ultimi anni. Ma per passare dall'altro lato della cattedra - nel ruolo di ricercatori, professori associati o ordinari - quali sono i passaggi da seguire e i requisiti richiesti?
Come funzionano i concorsi per la carriera universitaria Autonomia degli atenei, bandi locali e criteri da fissare
«Nel rispetto dell’autonomia riconosciuta alle Università, le procedure di reclutamento per l’accesso alla carriera universitaria, sia del personale docente che del personale tecnico amministrativo, sono gestite direttamente dagli atenei attraverso concorsi locali», si legge nel sito del Miur. Ma come funzionano? L’operazione Università bandita ha portato alla sospensione del rettore dell’ateneo etneo Francesco Basile e di altri nove professori universitari ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere, corruzione e turbativa d’asta. Nel registro dei indagati, complessivamente sono stati iscritti decine di docenti. Secondo l’ipotesi degli inquirenti, sarebbero stati decisi a tavolino 27 concorsi, tutti riguardanti l’ateneo di Catania: 17 per professore ordinario, quattro per professore associato e sei per ricercatore.
Post lauream. Per gli ex studenti universitari che, sistemato il tocco nel cassetto, vogliono passare dall’altro lato della cattedra la strada non è semplice. I primi passi sono individuare un settore disciplinare e conseguire un dottorato di ricerca, il massimo grado di istruzione universitaria che si può ottenere dopo un corso che dura solitamente tre anni. A questo punto, per accedere agli step successivi della carriera universitaria bisogna passare attraverso un concorso pubblico. Il primo gradino è quello per ricercatore a tempo determinato (il tempo indeterminato per questa figura è stato abolito con la legge Gelmini). I livelli successivi – cosiddetti strutturati – sono quelli di professore associato (di seconda fascia) e professore ordinario (di prima fascia).
«Oggi, domani, un concorso». Un tormentone tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta che, però, sembra non passare mai di moda. Per avere accesso a qualsiasi ruolo che abbia a che vedere con la carriera universitaria, infatti, si deve passare per un concorso pubblico gestito direttamente dai diversi atenei a livello locale. Gli atenei, infatti, godono di un’autonomia rispetto al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Per il ruolo di ricercatore i bandi vengono suddivisi in tipo A e tipo B.
Il primo dà accesso alla carica per un tempo di tre anni – con una possibile proroga di altri due – alla fine dei quali non c’è garanzia di proseguire per diventare strutturati. Il concorso di tipo B, invece, dà la possibilità di diventare professore associato ai ricercatori che, dopo i tre anni, abbiano preso anche l’abilitazione scientifica nazionale. Requisito necessario la cui procedura di valutazione è gestita direttamente dal Ministero attraverso commissioni nazionali di ognuno dei settori concorsuali (che in tutto sono 190) composte da cinque professori ordinari sorteggiati dal Miur da apposite liste formate dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur).
Esistono tre diversi tipi di concorso per gli strutturati normati da leggi differenti: quelli riservati solo agli interni dell’ateneo, quelli aperti a tutti e quelli soltanto per gli esterni all’ateneo. Nei concorsi riservati agli interni, è possibile che l’ateneo disponga di un solo ricercatore abilitato per settore. In questo modo, di fatto e legalmente, il concorso è «personalizzato». Non esistono concorsi nominali: ovvero, non si può bandire un posto per una persona. Ai concorsi possono sempre partecipare tutte le persone che abbiano i requisiti richiesti.
Think globally, act locally. Per diventare professori associati o ordinari si deve, dunque, superare lo scoglio di un concorso locale, ovvero fatto dall’ateneo. Si partecipa a un bando che fissa i criteri generali: titoli e pubblicazioni di vario tipo (dalle monografie agli articoli in riviste). A ognuno degli elementi viene attribuito un punteggio, o meglio una forbice di punteggio. A questo punto, è la commissione sorteggiata dal rettore – che può scegliere tra professori degli atenei di tutta Italia che si sono proposti e resi disponibili a diventarne componenti – che fissa criteri più precisi. Quando la commissione si insedia, quindi, decide i particolari dei criteri e l’attribuzione dei punteggi per le singole categorie (titoli e pubblicazioni). «È in questa fase – spiega a MeridioNews Giambattista Sciré – che si insinua la possibilità di ritagliare i concorsi locali su misura partendo dalla fotocopia del curriculum del candidato già prescelto».