«Saranno tre centri aperti 24 ore su 24», dichiara l'assessore Giuseppe Mattina. Ma le soluzioni prospettate dal Comune, dopo i tre morti senzatetto dell'anno scorso, non convincono. «Il problema è che non ci sono ammortizzatori sociali e strutture adeguate» dice Nino La Rocca, del Sunia
Come ci si prepara all’emergenza freddo chiamata inverno Tre nuovi dormitori entro dicembre. «Ma non può bastare»
Chiamano emergenza freddo quello che in realtà è l’arrivo, come ogni anno, dell’inverno. Collegata al freddo c’è un’altra grande questione, quella dei senza casa. A Palermo l’anno scorso tre persone sono morte per strada, a causa dell’ondata di gelo che ha travolto la città. Quest’anno l’obiettivo di tutti – Comune, associazioni di volontariato, privato sociale – è di scongiurare la tragedia e assicurare il miglior supporto possibile. Entro dicembre saranno attivi tre nuovi poli notturni e diurni per l’accoglienza e l’assistenza ai senzatetto, grazie ai fondi previsti dal Pon Metro.
«Gli uffici hanno firmato il contratto negli scorsi giorni – dice l’assessore alla Cittadinanza Solidale Giuseppe Mattina -, ed entro 30 giorni i nuovi dormitori saranno attivi. Anche se la parola dormitorio è inesatta, visto che si tratta di tre centri aperti 24 ore su 24, quindi non solo dediti all’accoglienza notturna». Le tre strutture di piazza Santa Chiara, vicolo San Carlo e vicolo Infermeria fungeranno dunque, oltre che da dormitorio, anche da centro diurno per la socializzazione e unità di strada che agiranno sul territorio. Per l’accoglienza diurna sono previsti 36 posti e per quella notturna 24 per ogni polo, di cui quattro per l’emergenza, per un totale di 72 posti grazie a un investimento di 1,8 milioni per tre anni.
Eppure, a guardare gli stessi numeri forniti dal Comune a gennaio, non c’è da stare molto tranquilli. In città sono tremila le persone che non hanno una casa e vivono o per strada (circa 400) o in centri di accoglienza e dormitori pubblici e privati, come la Missione di Speranza e Carità di Biagio Conte (che ne ospita oltre mille) o la Caritas, che ne accoglie un’ottantina. Il Comune da parte sua potrà offrire un tetto sopra la testa a poco più di un centinaio di persone: insieme ai 72 posti per le tre nuove strutture, ci sono poi i 25 posti di Piazzetta della Pace e gli altrettanti 25 di via Messina Marine (il dormitorio inaugurato a giugno 2017).
Ma a Piazzetta della Pace, a Borgo Vecchio, la struttura da qualche tempo vede parecchi ospiti allontanarsi e non tornare. Il motivo lo spiega lo stesso Mattina: «Il Comune ha notificato a chi gestisce il dormitorio che come previsto dalle norme di sicurezza non possono essere accolte più di 25 persone». Sembra invece che, di fronte la perenne emergenza dei senza casa, la struttura abbia fatto di necessità virtù e abbia accolto più persone di quanto non avrebbe potuto. Senza considerare le altre criticità sollevate da Tony Pellicane, storico attivista delle lotte per la casa e militante di Potere al Popolo. «I tre dormitori sponsorizzati dal Comune sono comunque strutture gestite dalla Caritas – fa notare -, quindi abbiamo un Comune che si deresponsabilizza e delega al privato sociale. Noi invece insistiamo sulla possibilità di destinare i beni confiscati ai senza casa. Faccio l’esempio di Borgo Novara, dove c’è una villa enorme e oltre tremila metri quadrati di terreno che sono stati destinati alla Chiesa. Con tutto il rispetto per la Chiesa, quello avrebbe potuto essere un posto destinato ad altri utilizzi, penso per esempio ai senza casa, visto che l’inverno si avvicina».
Inoltre nei due dormitori attualmente aperti ci sono ulteriori criticità: la struttura di Piazzetta della Pace, inaugurata ai tempi della sindacatura Cammarata e gestita dall’associazione Ombre della notte, ha un unico stanzone dove si trovano insieme uomini e donne. Mentre la struttura di via Messina Marine, gestita dall’istituto Don Calabria e dalla Comunità Sant’Egidio più altre associazioni che collaborano consente un pernottamento diviso per generi. Ma in entrambe, come tutti i dormitori, non si possono portare animali, non si può restare nelle ore diurne e non si possono ospitare intere famiglie.
«Da un anno e mezzo a questa parte viene detto che ci sono i fondi per progetti di inclusione sociale, ma finora non abbiamo visto nulla – dice Nino La Rocca, presidente del comitato direttivo del Sunia – Ciò avviene per colpa di una macchina amministrativa che è paralizzata. Dirò di più: sei anni fa le persone che vivevano per strada erano appena 100, oggi sono quasi 500. Che cosa ha fatto il Comune, non dico per combattere questa tendenza ma almeno per bloccarla? Qui non si tratta di preparare il volontariato a dare una coperta in più o un tè caldo in più per la notte. Il problema vero è che non ci sono ammortizzatori sociali e strutture adeguate. L’appello è che intanto si blocchino tutti gli sgomberi, penso per esempio agli occupanti di via Savagnone».
E intanto, con l’inverno ormai alle porte e le temperature che si sono abbassate in questi giorni, La Rocca propone per l’inverno l’utilizzo delle caserme abbandonate. «Devono essere chieste dal Comune per l’emergenza – afferma – Si scelgano cioè altre strade, visto che quelle finora tentate sono state un fallimento. E soprattutto non si devono raccontare frottole. Lo sappiamo da tempo che ci sono persone che vivono per strada, così come sappiamo che come ogni anno a un certo punto arriva l’inverno. Non si può più intervenire in maniera emergenziale ma strutturale».