Cormaci, il medico buono che ha curato i lentinesi A lui dedicato l’osservatorio su aumento dei tumori

«Il medico buono» di chi non poteva permettersi cure a pagamento. Così viene ricordato Franz Cormaci, lo storico medico condotto di Lentini, conosciuto come «u dutturi Franz, chiddu de pusteddi». Il soprannome proviene dall’attività sanitaria che lo rese celebre nel paese siracusano: la vaccinazione anti vaiolo, che veniva eseguita sul braccio e lasciava dei segni chiamati pusteddi. «Migliaia di lentinesi siamo passati dalle sue mani delicate, indimenticabili i suoi occhi, apparentemente distaccati ma pieni di consolazione», racconta Gaspare Valenti, che all’epoca aveva sette anni. È a lui che l’assessore Santi Terranova ha voluto intitolare l’osservatorio permanente sul fenomeno dell’incremento esponenziale delle malattie oncologiche, che nasce anche per la tutela del territorio e dell’ambiente. 

Alfio Siracusano, pure lui un ex paziente, lo ricorda come un uomo «rigido e di poche parole, a volte anche sgarbato. Ma di certo c’entra il fatto che era medico, e ai ragazzini il medico non piace mai», precisa subito il professore. Una persona severa ma «aperta al dialogo, specie con i bambini» ai quali, però, incuteva un leggero timore, come testimonia Nuccio su Facebook: «Entrava in classe, alle elementari, senza proferire parola. Con il dito abbassava le palpebre a ognuno di noi, osservava il giallo dell’occhio e, come era entrato se ne usciva, rigido, austero. Noi bambini, in apnea per tutta la durata della visita, riprendevamo a respirare subito dopo. Indimenticabile». Un’autorità costituita, come lo descrive Valenti, a cui non piacevano le smancerie e le lamentele che i bambini facevano alla vista di un ago, «ma non alzava la voce, li guardava» e quello bastava per calmarli.

Cormaci nacque il 31 agosto 1896 a Senglea (Malta), da Cirino, suo padre che era originario di Lentini e madre maltese. Completò gli studi giovanili nel suo paese natio per poi trasferirsi a Catania, dove si laureò in Medicina e conseguì una specializzazione in igiene e malariologia. Forte dei suoi studi, fu inizialmente assunto al Comune di Lentini come vice del dottor Piazza. Nel 1938 ne rilevò la funzione di ufficiale sanitario. Amava la sua professione ed «era sensibile verso i bambini e le persone bisognose – spiega a MeridioNews Santi Terranova –. Molti lo ricordano ancora quando, in tempo di guerra, elargiva gratuitamente dosi di chinino (farmaco antimalarico ndr) ai poveri e agli indigenti», aggiunge l’avvocato penalista, oggi anche assessore.

Il panciotto e le ghette sulle scarpe erano i suoi segni distintivi. Chi lo ha conosciuto ricorda soprattutto i suoi modi raffinati ed eleganti, mai altezzosi, caratteristici di un signore di altri tempi, «forse per l’educazione tipicamente inglese ricevuta dalla madre». Un galantuomo, insomma, che dal tavolino di un noto bar del centro – dov’era solito prendere il caffè dopo un’intensa giornata lavorativa – non negava il saluto a nessuno. «Il suo regno era u spidalettu – dice Siracusano – il locale che oggi ospita l’anagrafe» e dal quale sono passati decine e decine di pazienti, quasi tutti per ricevere i vaccini. Non si sposò mai e per più di 22 anni si dedicò alla prevenzione delle malattie più diffuse, fino al 1960, anno in cui abbandonò la sua abitazione lentinese di via Regina Margherita per ritirarsi a Catania dove, in una casa di riposo, morì nel 1976.

Danilo Daquino

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