Coisp: basta con le vendette sul ‘caso’ di Giuseppe Uva

“NON SIAMO SORPRESI PER LA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE FORMULATA DAL PM – SI LEGGE IN UN COMUNICATO DEL SINDACATO DI POLIZIA -. CRIMINALIZZARE GLI UOMINI DELLE FORZE DELL’ORDINE NON SERVE A NESSUNO E FA MALE A TUTTI”

“A meno che non si voglia asserire che diversi Magistrati, proprio come diversi Appartenenti alle Forze dell’Ordine, siano tutti pazzi, violenti e collusi, e facciano tutto fuorché il proprio lavoro, allora non ci può essere alcuno sconcerto né alcuna sorpresa per le richieste di proscioglimento avanzate dalla pubblica accusa nei confronti dei Poliziotti e dei Carabinieri coinvolti nel procedimento seguito al decesso di Giuseppe Uva.

A meno che non si voglia asserire, nei fatti, che la verità è tale solo quando fa comodo, e che le cose vanno nel modo giusto solo quando si riesce a trovare il capro espiatorio su cui sfogare tutta la propria insaziabile voglia di ritorsione, vendetta e la frustrazione per una perdita dovuta a una tragedia, anche se ciò significa gettare colpe su chi non le ha, non ci può essere spazio per le recriminazioni dopo che la giustizia ha fatto il suo corso, con conseguenze anche pesanti e pregiudizi inevitabili sulle vite e sulle carriere dei colleghi”.

Così Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp, Sindacato Indipendente di Polizia, interviene a seguito degli sviluppi della vicenda giudiziaria che ha coinvolto sei Poliziotti ed un Carabiniere per la morte di Giuseppe Uva, 43 anni, deceduto in ospedale il 14 giugno del 2008, sette ore dopo essere stato portato nella caserma dei Carabinieri di Varese perchè fermato mentre, ubriaco, con un amico, spostava delle transenne per regolare il traffico.

Dopo una prima richiesta di archiviazione avanzata nei confronti dei tutori dell’ordine da parte del primo pubblico ministero che seguì il caso, Agostino Abate, respinta dal giudice per le indagini preliminari che dispose l’imputazione coatta, ieri il nuovo pm titolare del caso, il procuratore facente funzione di Varese, Felice Isnardi, ha finito per giungere alle medesime conclusioni del collega ed ha chiesto il proscioglimento degli indagati dalle accuse di omicidio preterintenzionale ed arresto illegale, ritenendo che non ci sono collegamenti tra il comportamento di Carabinieri e Poliziotti e la morte di Uva, dovuta a “insufficienza respiratoria con conseguente edema polmonare”.

Pronte diverse pesantissime critiche fra le quali quelle di Ilaria Cucchi che, secondo quanto riportato dai media, ha commentato fra l’altro: “Resto senza parole, ancora una volta si vuol dimostrare quanto poco contiamo noi e i nostri cari”.

“Siamo qui ancora una volta a constatare, purtroppo – aggiunge Maccari – come per alcuni avere attenzioni, avere giustizia, avere la verità, voglia dire unicamente vedere avallato il proprio desiderio di mettere alla forca gente che lavora per una vita onestamente, solo perché indossa una divisa sempre buona a scatenare la caccia alle streghe, sempre utile a creare il caso, sempre pregiudizialmente simbolo di violenza e ferocia e superficialità ed incompetenza nelle menti di quelle persone che sanno solo cercare altrove colpe e responsabilità, sempre pronte a mettere in discussione tutto fuorchè se stessi, sempre implacabili ad emettere giudizi su cose di cui non si sa assolutamente nulla e che non si prova neppure a comprendere con l’umiltà che dovrebbe essere propria di chi chiede risposte alle Istituzioni”.

“Al solito – conclude il Segretario del Coisp – teniamo sempre ben presente che il dolore per un lutto subito è incolmabile. E però non possiamo che ripetere che la pretesa di giustizia non può voler dire pretendere di imporre il proprio bisogno di trovare un brutto mostro che possa rappresentare l’origine del proprio dramma. E’ totalmente ingiusto, insano, e dannoso per tutti, a cominciare da se stessi, passando per l’intera collettività sempre spinta prepotentemente verso pericolose derive di sfiducia e addirittura di paura verso i più strenui difensori dei cittadini, per finire con i non meno importanti colleghi, innegabilmente vittime di continue e quasi sempre aprioristiche criminalizzazioni”.


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