Cittadella, di nuovo allagato il cortile di Chimica Analisi sul rischio ambientale ferme in Regione

Il quarto allagamento del quale si hanno notizie, il primo da quando è entrato in funzione il sistema di paratie costato 130mila euro. Il cortile Arcoria – al corpo D dell’edificio 1 della cittadella universitaria che ospita il dipartimento di Chimica – nel pomeriggio di ieri è tornato ancora una volta a riempirsi di acqua. La zona è quella rientrata nella campagna di analisi ambientali disposte da Unict tra ottobre 2009 e ottobre 2010. In quell’occasione diversi parametri relativi a elementi come mercurio, cadmio, arsenico e altri metalli pesanti risultavano ampiamente superati rispetto ai livelli consentiti dalla legge. Con il vecchio impianto fognario danneggiato in diversi punti, il timore era che le sostanze potessero essere diluite, migrate verso la falda acquifera oppure riportate in superficie da una forte pioggia. Da novembre dello scorso anno il consiglio d’amministrazione ha dato il via libera al piano di caratterizzazione per approfondire la questione e gli eventuali interventi da fare, ma da allora l’iter è fermo negli uffici dell’assessorato regionale all’Ambiente. Nel frattempo il cortile è stato ancora una volta invaso dalle acque. Scatenando preoccupazione ma anche l’amara ilarità degli studenti che hanno organizzato l’inaugurazione piscina cittadella universitaria di Catania.

Prevedendo intanto la possibilità di nuovi danni, il giorno prima dell’allerta meteo il vicedirettore del dipartimento di Chimica Antonino Raudino aveva inviato una circolare al personale. «In previsione delle abbondanti piogge previste per l’intera giornata di domani – si legge – si invita tutto il personale a mettere in sicurezza i beni e le apparecchiature». Nonostante i lavori già realizzati. «Un sistema anti-allagamento con delle paratie che trattengono le acque fino all’altezza di un metro e 20 centimetri», spiega Agatino Pappalardo, ingegnere dell’ufficio tecnico di Unict e responsabile unico del procedimento relativo al piano di caratterizzazione. Ma la barriera – scherzosamente ribattezzata Mose, come l’impianto in costruzione nella laguna di Venezia – ha mostrato i suoi limiti. «L’acqua è leggermente tracimata – prosegue il tecnico – ed è entrata anche all’interno». Qualche centimetro – molto meno rispetto agli anni passati -, ma «è un problema che diventa complicato risolvere», sospira Pappalardo. 

Il nodo sta nella mancanza di un canale di gronda comunale e nell’impossibilità di poter creare nuovi allacciamenti alla condotta delle acque bianche. Una condizione che, anzi, determina una risalita del flusso di acqua piovana da via Passo Gravina verso gli impianti della cittadella. E il primo punto a essere coinvolto è il dipartimento di Chimica, posizionato proprio alla base della collina sulla quale sorge la città universitaria. I tecnici non hanno effettuato un prelievo diretto delle acque nel piazzale Arcoria. Ma l’ingegnere anticipa che «abbiamo avviato un’istruttoria per verificare le analisi compiute cinque anni fa, per capire se ci sono dei cambiamenti». Un intervento non previsto nel piano di caratterizzazione, ma disposto per il controllo delle strutture considerate più a rischio. «Nel giro di un mese e mezzo la ditta farà i campionamenti», garantisce l’ingegnere. A pesare sulla soluzione definitiva sono i ritardi determinati della Regione. «Nonostante tre note raccomandate e diversi viaggi a Palermo – conclude Pappalardo – a oggi non è stata indetta della conferenza dei servizi». 


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