Mentre in otto aree metropolitane italiane ci si avvia verso le consultazioni e si preparano i piani per i finanziamenti Pon e comunitari, in Sicilia la riforma territoriale rischia la paralisi. Ilsindaco di Catania si fa portavoce dell'impazienza degli amministratori locali che aspettano una decisione del governo Crocetta. E anche la ministra agli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta, invita a prendere una decisione
Città metropolitana, ministro incontra sindaci Bianco: «In Sicilia ancora manca u lustru»
Enzo Bianco invoca una decisione rapida dell’Assemblea regionale, la ministra agli Affari regionali Maria Carmela Lanzetta sottolinea la disponibilità del governo a fornire sostegno, gli amministratori locali chiedono di non scavalcare le esigenze del territorio. E la Regione si difende: quella passata all’Ars non è una versione della legge ideata dall’assessorato alle Autonomie locali. La riforma delle città metropolitane continua a produrre pareri discordanti. L’ultima tappa locale della vicenda è l’incontro tra la rappresentante dell’esecutivo di Matteo Renzi e i sindaci del Catanese guidati dal primo cittadino etneo.
«L’Ars ha anticipato il parlamento nella legge in materia – afferma Bianco – ma ha rimandato la definizione delle competenze». Il sindaco di Catania fa riferimento alla situazione particolare della Sicilia che, a differenza del resto d’Italia dove la materia è regolata dalla legge Delrio, a marzo si è dotata di una propria normativa sulla riorganizzazione territoriale. Oltre lo Stretto, le prime otto città metropolitane sono ormai prossime al voto (tra le dieci già istituite restano fuori solo Venezia e Reggio Calabria). I tempi sono sempre più stretti per adeguarsi al resto del Paese, come chiedono adesso Bianco e altri amministratori locali. «Lì iniziano a pensare come usare i fondi Pon e quelli comunitari – avvisa – Qui, ancora, mancu u lustru».
Il primo cittadino sa bene che l’adeguamento alla legge Delrio farebbe diventare Catania capofila di un territorio molto più ampio dell’attuale città metropolitana. La normativa nazionale prevede infatti che i confini della città metropolitana coincidano con quelli dell’ex Provincia. Catania, cioè, avrebbe un milione di abitanti, 444mila famiglie, secondo i dati snocciolati da Enzo Bianco. «Sarebbe la settima città in Italia, una delle più importanti del Paese».
Il primo cittadino etneo sottolinea come quella catanese sia la zona che meglio evidenzia l’esigenza della di un’area metropolitana. Negli ultimi 30 anni la popolazione è scesa da 440mila residenti a 290mila, ma si tratta di cittadini che hanno semplicemente cambiato Comune di appartenenza, spostandosi di pochi chilometri nella fascia dell’hinterland. «Le grandi scelte devono essere affrontate in una chiave comune», dal piano traffico a quello regolatore, passando per il nodo dei trasporti e quello del turismo.
Dov’è, quindi, il nodo da sciogliere? A Palermo, nelle aule dell’Ars alle prese con le difficoltà del governo di Rosario Crocetta. Adeguarsi in toto alle indicazioni della legge Delrio (le Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni) o proseguire su una via autonoma? Quale sia la decisione finale, «non perdiamo tempo – esorta Bianco – Scegliamo». Nemmeno la ministra Lanzetta può essere d’aiuto, se non come pura consulente. «Le città metropolitane devono iniziare a lavorare dal 1 gennaio 2015 – afferma – Noi ne accompagniamo la nascita, dando tutto l’aiuto possibile soprattutto nella stesura dello statuto». I vantaggi per i cittadini derivano dalla «semplificazione e la riorganizzazione dei servizi». a patto, però, che si tratti di un’operazione condivisa. «Le città metropolitane nasceranno bene quando saranno costruite da tutti i livelli di governo possibile», puntualizza l’ex sindaco di Monasterace. «La legge regola a livello nazionale la struttura dello Stato sui territori. La Regione siciliana potrà recepire quello che ritiene positivo della legge nazionale». In un accordo siglato poche settimane fa, l’11 settembre, è stata data «ampia libertà alle regioni di allocare le funzioni ragionando assieme a governo e sindaci». La legge regionale siciliana è antecedente alla Delrio. In quest’ultima, la competenza per l’edilizia scolastica e le strade spettano all’area vasta o alla città metropolitana. Le restanti funzioni dovranno essere stabilite entro quest’anno.
Convitato di pietra all’evento è l’assessore regionale alle Autonomie locali e alla Funzione pubblica, Patrizia Valenti. Assente per motivi istituzionali, la rappresenta Nitto Rosso, capo della segreteria tecnica. Al contrario di quanto avviene a livello nazionale, «dal nostro punto di vista il processo legislativo è affidato all’Assemblea regionale», spiega. Quella preparata dall’esecutivo Crocetta non è la versione siglata dal parlamento regionale, «è un’impalcatura che non abbiamo prospettato, ma che rispettiamo». A complicare la mappatura della nuova Sicilia – divisa nelle tre città metropolitane di Palermo, Catania e Messina e in nove consorzi – contribuiscono anche i vari referendum nei comuni.
I sindaci dell’hinterland, dal canto loro, invocano la protezione delle identità locali. «Il Paese è stato fondato sui Comuni, non sulle Regioni», fa notare Carmelo Galati, sindaco di Sant’Agata Li Battiati. E sostiene che i confini dell’area metropolitana devono rispettare quelli della provincia catanese, «è la conformazione naturale». Per Nino Borzì, rappresentante di Nicolosi, «l’autonomia siciliana ha portato molti danni». E, definendo la normativa siciliana come «quasi inutile», illustra i vantaggi di un’unione tra tutti i Comuni dell’area montana: «Le istanze sono simili e sarebbero condivise». Sulla confusione della norma approvata dall’Ars concorda anche Domenico Rapisarda, primo cittadino di Gravina. Un «Comune-cerniera», con la più alta densità abitativa d’Italia, i cui problemi non possono essere risolti se non attraverso un intervento in sinergia con le amministrazioni circostanti.