Un'iniziativa lanciata dall'associazione Insieme per, che punta a restituire sicurezza a quelle pazienti cui è stato diagnosticato il cancro. E che, quindi, fanno i conti con la chemioterapia e i cambiamenti del loro aspetto. «Piccoli gesti che fanno la differenza»
Ciocche di capelli donate per le pazienti oncologiche «Dove non arriva lo Stato, arrivano le altre donne»
A volte per fare davvero la differenza può bastare una ciocca di capelli di 20 centimetri, tagliata e donata a chi di capelli non ne ha più. Un piccolo gesto che, nella sua semplicità, può restituire sicurezza e normalità a una donna che crede d’averle perse insieme all’arrivo del cancro. Le riacquistano invece, a poco a poco, attraverso iniziative come quella lanciata già quasi quattro anni fa dall’associazione Insieme per, dove un gruppo di donne si presta a trasformare gratuitamente le ciocche raccolte in parrucche da destinare a pazienti oncologiche che stanno affrontando la chemioterapia. «Una donna non può e non deve pensare solamente a stare male – osserva Clotilde Guarnaccia, presidente dell’associazione -. Qualcuna, ancora oggi, decide di isolarsi, chiudendosi a casa senza più uscire, si vergognano della loro situazione, del loro aspetto».
Una preoccupazione che invece le volontarie che si appoggiano a Insieme per tentano fortemente di cancellare. Per esempio, stando loro vicine e accompagnandole anche alle sedute di chemioterapia. O coinvolgendole in sfilate di moda e calendari di fine anno, dove possono sfoggiare anche le parrucche che sono state loro donate. Piccole cose, soprattutto normali, che contribuiscono enormemente a far sì che riprendano in mano la propria vita, ma anche il proprio essere donne. «Dove non arriva lo Stato, arriviamo noi – spiega la presidente -. Lo facciamo con un piccolo gesto, come quello di donare una ciocca o una treccia, che poi verranno usate per comporre una parrucca di capelli veri e non sintetici, che a queste donne non costerà nemmeno un centesimo».
«Possiamo dire che 200 persone, in questo modo, possono stare sulla testa di un’altra donna, dandole una mano, basta davvero così poco». Nel corso di questi quattro anni sono state tante le richieste ricevute ed esaudite dall’associazione, che oggi arriva a distribuire in comodato d’uso anche tre o quattro parrucche a settimana. «Grazie al supporto dell’Asp e del suo manager, il dottore Antonio Candela, abbiamo portato quest’idea in moltissime piazze, innescando un passaparola che oggi fa la differenza». Per una sola parrucca servono circa un chilo e mezzo di capelli, quelli che l’associazione col suo impegno riesce appunto a raccogliere e assemblare senza spese per le destinatarie. «Le future parrucche vengono trattate dagli acconciatori, che le creano gratuitamente. Con malattie come il diabete o l’ipertensione in qualche modo si dovrà sempre fare i conti – continua Guarnaccia -, dal cancro invece si può uscire, può esserci un dopo, oggi esistono anche terapie meno invasive. Eppure l’impatto del vedersi senza capelli incide molto».
Ed è proprio in questo delicatissimo momento che subentrano le altre donne, quelle che, con poco davvero, creano piccoli grandi miracoli, «una ciocca per un sorriso». «Cosa c’è di più importante del vedere sorridere di nuovo una donna? – osserva ancora la presidente -. Un sorriso restituito perché torna a stare bene con se stessa e senza dover spendere un soldo, senza incidere su niente. La parrucca , in questo senso, va anche vista come un momento di passaggio, di cambiamento, non serve per essere uguali a prima. Così si può cambiare davvero». Funziona tutto col passaparola, ribadisce a più riprese, dalle chiacchiere tra le pazienti alle locandine dell’associazione presenti negli ospedali. «Ogni anno alla fine creiamo un calendario con le foto di chi si presta, costano 5 euro e rappresentano un motivo d’orgoglio, per noi che lo realizziamo ma anche per loro che tornano ad apprezzarsi». Che in questo modo si riprendo quella normalità che in fondo la malattia non può negare.
«Piccole cose, lo dico sempre, ma che fanno sentire queste donne di nuovo vive». Tanto che, una volta archiviato l’incubo cancro, molte di loro decidono di passare dall’altra parte, diventando da pazienti a volontarie, prodigandosi a loro volta per chi dovrà affrontare quello che loro hanno già vissuto sulla propria pelle. «La vita continua e si può andare avanti stando bene, non bisogna mai arrendersi – ne è fortemente convinta la presidente Guarnaccia -. Tutti siamo utili e tutti abbiamo diritto a vivere al meglio la nostra vita. Da soli non si va da nessuna parte, ognuno può fare qualcosa. E io sono orgogliosa di quello che facciamo, sono fiera delle mie donne».