La denuncia parte dal comico palermitano, che affida ai social il suo sfogo. «Regione e Comune avrebbero dovuto farlo proprio e trasformarlo in una lamentela nazionale», dice a MeridioNews. Lo storico Li Causi: «Le opere di Franchi e Ingrassia hanno fatto la fortuna dell'indotto, tenendo a galla la Hollywood sul Tevere nel suo periodo di crisi»
Cinecittà compie 80 anni ma dimentica Franco e Ciccio Totino: «Con i loro film l’hanno salvata dal fallimento»
«Sono incazzato». È questo l’unico commento che accompagna il video registrato da Totino La Mantia nel suo profilo Facebook. Il comico palermitano, che col collega Salvatore Mancuso, in arte Toti, si esibisce nella trasmissione televisiva Insieme in onda su Antenna Sicilia, ha registrato qualche giorno fa uno sfogo a mezzo social. «Giorno 28 aprile 2017 Cinecittà ha compiuto 80 anni – dice nel video – Se n’è parlato sui giornali e in molti servizi televisivi, in cui si è detto che i più grandi registi, da Fellini ad Antonioni, hanno girato film importantissimi, come non ricordare ad esempio Ben Hur di William Wyler. Nessuno di questi media nazionali però ha detto che grazie a due piccoli siciliani, che si chiamavano Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, e grazie ai loro film Cinecittà è stata salvata dal fallimento. Nessuno ne ha parlato, che fa rima con incazzato».
E i dati storici, in effetti, danno ragione proprio al comico. A pochi anni dalla fine del secondo conflitto mondiale inizia il boom di Cinecittà, grazie soprattutto alle produzioni americane, che nell’ambiente le valgono addirittura il soprannome di Hollywood sul Tevere. Ma non troppo tempo dopo, la parentesi di successi si chiude e inizia per il colosso dell’industria cinematografica un’epoca buia, segnata da ben 1500 licenziamenti. La timida ripresa inizia dalla seconda metà degli anni Sessanta. «I film di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia sono stati oltre cento e hanno fatto la fortuna di Cinecittà dagli ’60 in poi, i cinema in cui venivano proiettate le loro pellicole erano sempre pieni», racconta Giuseppe Li Causi, storico del duo palermitano. «I produttori cinematografici dell’epoca hanno incassato tanti soldi grazie a loro – aggiunge – Si pensi che solo nel 1964 hanno realizzato 22 film e l’anno dopo 13».
Instancabili artisti in grado di lavorare anche con pochissimi mezzi, ma che in passato hanno raccolto non pochi giudizi negativi dai critici dell’epoca, che definivano i loro film di serie B. Ma oggi quanto è cambiata questa considerazione? «I media parlano sempre di tutti ma quando si deve parlare di personaggi siciliani, come in questo caso, sono sempre restii a farlo, in particolare le televisioni e i giornali nazionali – dice ancora Li Causi – Forse proprio perché siamo siciliani?». Non è d’accordo però Totino, che a MeridioNews spiega: «Immaginate di essere un capitano d’azienda e che un vostro collaboratore, che magari è un normale impiegato, vi risolva dei problemi di livello eccezionale. Da imprenditore d’azienda non avrete mai l’umiltà di dire “non sono stato io, è stato un mio normalissimo impiegato”, prendendovene piuttosto il merito».
È questo, secondo lui, che è accaduto anche per Franchi e Ingrassia: «In un posto dove hanno lavorato i più grandi, dovevano dare soddisfazione a due attoruncoli piccoli che facevano due-tre film leggeri al mese? – si domanda – Non potevano dire che questi due con i loro filmetti, perché così li chiamavano, li avevano salvati dal fallimento. Come potevano dire che non l’aveva salvata nessuno dei grandi nomi?», dice amaro. Perché per lui Franco e Ciccio sono da annoverare proprio al fianco di quei grandi, come Totò. «La sua grandezza, anche questa riconosciuta a posteriori, è tale a quella del duo, per la loro mimica e i loro tempi comici, cose che tra attori e performer di oggi nessuno possiede».
«Il mio sfogo l’avrebbero dovuto riprendere Regione e Comune di Palermo, farlo proprio e trasformarlo in una lamentela nazionale – continua, ampliando la sua riflessione – A Palermo si è fatta piazza John Lennon, nei pressi di villa Sperlinga, e solo dopo un decennio hanno fatto questa piccola targhetta dietro al teatro Biondo dedicata a Franco e Ciccio. Sarà che il cantante aveva una nonna, una madre o qualcuno insomma qui a Palermo, chi lo sa, ma non è una buffonata questa? A parte la musica e la sua grandezza, cosa mi rappresenta esattamente per Palermo e per la Sicilia?». Ci sono voluti anni per quella targa e altrettanti ne sono serviti per il monumento in loro memoria inaugurato al Capo solo alcune settimane fa. «E ancora non esiste nemmeno una piazza Rosa Balistreri – prosegue Totino – Un atto che, da parte della nostra città, sarebbe dovuto a personaggi di questo calibro. In Inghilterra non penso che troveremo mai una piazza intitolata a Claudio Baglioni o alla Pfm». Insomma, se noi palermitani siamo i primi a non interessarci ai tesori che ci appartengono, come possiamo pretendere che un riconoscimento più grande venga anche da fuori dalla Sicilia?
«Siamo un popolo addormentato. Noi che viviamo di stenti, di sottocultura, di sottobosco e clientelismo politico, abbiamo però una regione che ci guarda e sembra quasi dirci che abbiamo tutto per vivere bene e camminare da grandi signori, ma noi siamo questi – afferma con rammarico – La nostra mentalità mafiosa ci fa implodere, perché indirettamente lo siamo tutti, finché non prendiamo coscienza: dal parcheggio in seconda fila all’occupare il posto per i disabili, a non fare le soverchierie tipiche di certi quartieri, a non creare negozi in mezzo a una strada o prendendosi una piazza facendo 80 metri quadrati di fruttivendolo abusivo». È da queste cose che i cittadini dovrebbero ripartire, secondo Totino, coltivando soprattutto l’educazione e il senso civico di figli e nipoti. Un pensiero lo rivolge anche all’attuale campagna politica che sta tenendo banco sulle cronache cittadine: «Sembra più un concorso per un posto di lavoro garantito per cinque anni, il politico qui non va a fare una missione o a scommettere sulla città. Serve una rivoluzione culturale e deve partire da ognuno di noi, nel piccolo».