All'obitorio del campo santo etneo si sono rotti i frigoriferi destinati ad accogliere le casse non sigillate. Quelle definite «della povertà», perché destinate a finire nelle fosse comuni, senza sepoltura individuale. L'aria nel deposito è irrespirabile e a coprire il sangue è stata gettata della segatura. Guarda le foto
Cimitero, celle frigorifere rotte e bare abbandonate «I liquidi delle salme colano a terra da otto giorni»
«Quella signora è là da aprile 2014, i parenti l’hanno abbandonata. Ma almeno la cassa è sigillata. Quelle altre, quelle dentro i frigoriferi, noi le chiamiamo quelle della povertà. Perché magari non ci sono i soldi per la tomba e allora finiscono nelle fosse comuni. Perciò restano aperte e non vengono saldate». L’aria dentro all’obitorio del cimitero di Catania è irrespirabile. Nella prima stanza, quella davanti alla porta, sono poggiate alcune bare chiuse. C’è una folla di familiari di defunti che aspettano fuori ma non fanno un passo avanti. «Dov’è la zia?», chiede una donna. «Qua davanti, ma non ci puoi entrare, ti senti male», le rispondono i parenti. I frigoriferi del deposito delle bare non funzionano «da otto giorni», dicono i lavoratori. E da alcune delle celle colano liquidi organici. C’è una bara da cui gocciola sangue e per terra la pozza è coperta da un po’ di segatura. «Agli operai della manutenzione hanno detto che dovevano coprire una macchia d’olio, sennò neanche venivano – racconta un dipendente del cimitero etneo – Quando sono arrivati e hanno visto quello che c’era hanno buttato quella polvere là e se ne sono andati, si stavano sentendo male».
Sei frigoriferi sono aperti, le bare sono a vista e il termostato è guasto. All’interno è pieno di insetti e perfino i dipendenti, che si presentano lì ogni giorno, a stento trattengono i conati di vomito. I defunti che vengono accompagnati alla tumulazione vengono bloccati all’ingresso e portati subito, se i familiari hanno tutte le autorizzazioni e possono permetterselo, a essere seppelliti. Gli altri restano in attesa. Ci sono bare abbandonate da due anni. Su una i fiori sono diventati secchi e una ragnatela rende difficile da leggere il nome del morto. In una stanza adiacente a quella principale ci sono altre file di frigoriferi per i cadaveri: il termostato indica che la refrigerazione è a 1,7 gradi. Ma poco dopo sale e passa a 1,8 e poi a 1,9. «Si stanno rompendo pure questi – dice un impiegato, mentre tenta di respirare il meno possibile – Con questo caldo i motori non ce la fanno a tenere il freddo. Poco ci manca che anche questi pureddi fanno la fine di quegli altri». «Che parole dobbiamo trovare?», dice il consigliere comunale Carmelo Sofia, sul posto assieme al collega Sebastiano Anastasi. «Si è superato il limite della decenza – afferma Anastasi – È una situazione immorale».
«Ci hanno chiuso i bagni – racconta uno dei custodi – Ci hanno messo una pietra sullo scarico perché gli odori salgono anche da là». La porta che dà accesso ai servizi igienici è proprio accanto ai frigoriferi aperti da più tempo. Per arrivarci bisogna passare accanto alla segatura e ai liquidi che colano. L’uomo prova ad aprire il catenaccio della porta ma gli finisce il fiato prima di riuscirci e deve correre fuori. «Non ce la facciamo più, tutti i giorni è sempre peggio – prosegue – Dobbiamo restare qua perché dobbiamo parlare con le persone, non ci possiamo allontanare per le nostre esigenze perché giustamente chi ha i suoi morti deve sapere cosa deve fare. Ma l’ultimo saluto ormai preferiscono farlo all’ingresso, senza accompagnare la bara dentro, perché rischiano di stare peggio». «Volete un poco d’acqua? – domandano tre operai – Non è una cosa per tutti, l’odore ti resta addosso e non te lo dimentichi».
«Mi risulta che la situazione sia stata risolta», risponde l’assessore Rosario D’Agata, che tra le sue deleghe conta anche quella ai Servizi cimiteriali. «So che sono stati mandati degli operai per la manutenzione dell’impianto elettrico», continua. Ma di operai al cimitero di Catania non se ne sono visti. Solo quelli che hanno sparso la segatura e sono andati via. «Ci hanno provato a fare qualcosa, però non hanno resistito all’odore», dice un impiegato comunale che si occupa delle salme. E che da otto giorni fa i conti con il guasto alle celle frigorifere. «Non credo che i tempi siano questi – replica D’Agata – non è possibile che per otto giorni si sia mantenuta una situazione del genere». Ma su alcune casse mortuarie i liquidi colati hanno fatto in tempo ad asciugarsi. «Valuterò se sarà il caso di fare un sopralluogo personalmente – conclude l’assessore – Mi hanno garantito che i dipendenti comunali si erano già messi al lavoro, ma se così non è io li sollecito». «Se una cosa del genere fosse successa in qualunque parte del mondo e ce l’avessero raccontata i telegiornali saremmo rimasti allibiti e ci saremmo indignati – interviene Sebastiano Anastasi – Invece sta succedendo a Catania, in piena estate, e nessuno si preoccupa. Se non è uno scandalo questo non so cosa possa essere considerato tale».