“Trovo una grande pace nel pensare al momento in cui il Signore mi chiamerà: di vita in vita! Per questo mi sale spesso alle labbra, senza alcuna vena di tristezza, una preghiera che il sacerdote recita dopo la celebrazione eucaristica: nell’ora della mia morte chiamami, e comanda che io venga a te” (Giovanni Paolo II)

Un corpo che perde il suo vigore, una voce che si affievolisce e la vita di un uomo che si spegne. Il ricordo della vita di Giovanni Paolo II è il personale ricordo di ciascuno di noi. Chi ne ricorda l’eccezionale instancabilità, chi ne ricorda lo sguardo penetrante, una gestualità speciale, ma anche una malattia che lo ha ingabbiato in stanche membra. Chi ne ricorda, il calore che trasmetteva e riceveva dalle folle acclamanti. Lontanissimo sembra quell’urlo indignato contro la mafia ad Agrigento il Maggio del 1993; come sembra lontano quel 4 Novembre 1994 quando esortava: “Catania, alzati e rivestiti di luce e giustizia”. Il Pontefice che ha combattuto il comunismo e gli eccessi del capitalismo, che ha difeso la libertà umana più come portatrice di bene a difesa della vita che come egoistica soddisfazione personale.

C’è chi ricorda il terribile attentato, che subì il pomeriggio del 13 Maggio 1981 per mano di oscure trame, e la miracolosa guarigione. 
Chi ricorda gli innumerevoli viaggi e i suoi incontri con i leader mondiali e soprattutto con i capi di tutte le confessioni religiose in un amorevole abbraccio di fratellanza universale. Chi ricorda la sua richiesta di perdono il 12 Aprile 2000 nei confronti di quanti, nel tempo hanno subito dalla Chiesa di Roma, soprusi e violenze. Chi ricorda il rapporto privilegiato con i giovani, il loro trasporto emotivo in costanti dialoghi con questo nonno speciale.

Noi lo vogliamo ricordare in quel, ormai lontano, Luglio 2002, quando allontanammo il nostro sguardo l’ultima volta dalla figura di Giovanni Paolo II, in quell’enorme spianata che ospitava la Giornata Mondiale della Gioventù di Toronto. Aveva parlato ai nostri cuori, le sue parole erano paterne sollecitazioni, teneri consigli. Si coglieva un comune desiderio, nostro e del Papa, a prolungare il più possibile quell’incontro, così da rimandare la dolorosa separazione. Da quel 28 Luglio non ci saremmo più visti, non ci saremmo più parlati.

D’ora in poi, Sua Santità Giovanni Paolo II è entrato nella Storia. Il suo Pontificato, nel bene o nel male, sarà giudicato da storici e critici, ma non dimentichiamo che la vita dell’uomo Karol si è spenta; non rivedremo più affacciarsi da quella finestra la sua figura china e ricurva, non rivedremo più quella mano benedicente, carezza e protettivo conforto. Il nostro Papa, il Papa della nostra generazione se ne è andato e il vuoto sarà impareggiabile. Per sempre, però, rimarrà indelebile in noi, il ricordo del suo dolcissimo sguardo.

Riccardo Consoli

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