Chiummu e summu, documentario sui porti siciliani La vita dei pescatori tra passione e tante difficoltà

«L’amore incondizionato per la propria terra e la voglia di raccontare un’altra Sicilia» . Sono questi i motivi che hanno spinto il videomaker Marco Spinelli e il fotografo Camillo Campisi a intraprendere un viaggio on the road lungo tutta la costa della Sicilia, immortalando la vita dei principali porti, attraverso i resoconti di pescatori e marinai. «C’è prima di tutto – riferisce Spinelli – la passione per un’attività che si tramanda da generazioni, l’antica arte di fare nodi e scioglierli, il senso di libertà di chi vive in mare ma anche le tante difficoltà e il magro compenso».

Il tour, iniziato nelle prime settimane di luglio, si è concluso dopo dieci giorni, 977 km percorsi in auto, 80 ore in tenda, e 14 porti visitati: Marzamemi, Porto Palo, Scoglitti, Punta Secca, Licata, Mazara del Vallo, Trapani, San Vito lo Capo, Palermo, Porticello, Cefalù, Milazzo, Messina e Giardini Naxos. «Un viaggio – precisano – che ci siamo finanziati da soli per portare in alto l’immagine della nostra terra e far capire alla gente quante attrazioni paesaggistiche e storie esistono all’interno di questa isola, che gli stessi siciliani conoscono veramente poco».

Dall’esperienza itinerante dei due viaggiatori emerge una Sicilia nascosta di giovani pescatori, che escono in mare e vi restano anche per mesi, e vecchi che rimangono in spiaggia o sui moli ad aggiustare le reti. Tutti, senza eccezione, amano menzionare la loro vita spesa per la pesca. Nel porto di Marzamemi, fruibile tutto l’anno e dove la vita marinara è molto attiva, Camillo e Marco fanno il loro primo incontro. «Qui – racconta il fotorepoter -, all’interno di una piccola rimessa, conosciamo Zì Peppe Campisi, un pescatore 92enne in pensione da quindici anni che continua a riparare reti, e leggiamo la sua passione per il mare nei suoi occhi: “Ppi mi u mari è cumu na fimmina” (per me il mare è come una donna, ndr), ci ha detto».

Il fermento dei marinai di Portopalo travolge i due amici che vengono invitati a salire su una imbarcazione. «Ricordo – dichiara Campisi – che erano le 6.30 del mattino quando un pescatore ci porta con sé a ritirare le reti». Durante le operazioni, l’uomo racconta loro le avversità del suo lavoro: «Ho quasi 40 anni – dice – e tutte le mattine mi alzo prima dell’alba per sgobbare tutto il giorno e guadagnare una miseria». Un duro mestiere che obbliga molti a restare anche settimane o mesi in mare. Come a Licata, dove Marco e Camillo ottengono dal capitano Cicatello il permesso di riprendere e fotografare il suo peschereccio «appena tornato al porto dopo una battuta di pesca durata 15 giorni», spiegano.

Solo due momenti frenano il loro entusiasmo: l’assenza di collegamenti stradali e i gravi disagi a Mazara del Vallo. «Ci siamo resi conto – ammette Camillo – che raggiungere le mete che ci eravamo prefissati diventava arduo per la mancanza di infrastrutture». «Ma la sorpresa più amara – interviene il giovane videomaker – è stata scoprire l’assenza di illuminazione nel porto di Mazara del Vallo, uno dei più importanti di tutta la Sicilia. Da alcuni pescatori – prosegue – abbiamo appreso che le imbarcazioni erano obbligate dalla Capitaneria a restare fuori tutta la notte, attraccando solo alle prime luci dell’alba».

Il viaggio diventa l’occasione per catturare immagini, luoghi e persone con lo scopo, una volta a casa, di realizzare un documentario. «Chiummu e summu, il titolo del nostro progetto, – rivela il giovane fotografo – è nato per caso nel porto di Cefalù. Zio Rosario, – chiarisce – un anziano pescatore 80enne, ci ha spiegato che il galleggiante e il piombo delle reti da pesca venivano chiamate rispettivamente summu e chiummu». Un scambio di battute tra il vecchio e il fotografo fa intuire ai due amici che si tratta di un uomo fuori dal comune. «Ho domandato – ricorda il giovane – “Zì Rosà vuole dei soldi dopo le foto?” e lui mi ha risposto: “Tu spidugliami stu nodu e i sugnu pagatu”, ovvero, tu aiutami a sciogliere questi nodi e io con te sono a posto».

Chiummu e Summu è un manifesto alla libertà, un omaggio verso una terra che sorprende in qualsiasi momento, regalando emozioni intense. «Tutti i porti che abbiamo documentato – conclude Spinelli – sono caratterizzati da paesaggi che non hanno eguali al mondo».


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