La 'citta' cannibale' colpisce ancora. Proprio mentre l'unione europea si 'sveglia' a annuncia l'apertura di una sede di frontex in sicilia, si conclude nell'indifferenza delle istituzioni un'esperienza importante di tutela dei piu' deboli.
Chiude il centro sociale per immigrati ‘Laboratorio zeta’ di Palermo
LA ‘CITTA’ CANNIBALE’ COLPISCE ANCORA. PROPRIO MENTRE L’UNIONE EUROPEA SI ‘SVEGLIA’ A ANNUNCIA L’APERTURA DI UNA SEDE DI FRONTEX IN SICILIA, SI CONCLUDE NELL’INDIFFERENZA DELLE ISTITUZIONI UN’ESPERIENZA IMPORTANTE DI TUTELA DEI PIU’ DEBOLI.
Stamattina un articolo pubblicato dal sito zetalab annuncia “conclusa l’esperienza del ‘Laboratorio Zeta in via Boito”, naturalmente a Palermo. La notizia arriva proprio quando nel nostro Paese l’emergenza migranti diventa sempre più pressante (si pensi ai recenti fatti di Lampedusa). E quando l’Unione Europea, dopo anni di silenzio e disinteresse, sta vagliando l’ipotesi di aprire una sede di Frontex in Sicilia.
“La ragione di questa decisione – leggiamo in un comunicato – consiste principalmente nell’impossibilità di continuare a coniugare le attività del centro sociale con l’accoglienza di rifugiati politici e quindi con la dimensione abitativa”.
“Dal marzo del 2003 (quindi due anni dopo avere occupato lo stabile di via Boito) – prosegue il comunicato – insieme a centinaia di iniziative e manifestazioni di ogni genere, abbiamo ospitato più di 600 persone provenienti da ogni parte del mondo, facendo un lavoro di supplenza al totale vuoto istituzionale che ha guidato Palermo per tutti gli Anni Zero, ovviamente senza ricevere un soldo di contributi pubblici e basando tutto sull’impegno gratuito di centinaia di persone”.
“Avremmo sperato in nuove pratiche dell’accoglienza e nuove politiche di lotta alla povertà nella ‘città rinnovata’ del nuovo decennio – prosegue la nota – ma ahinoi, gli Anni Zero sembrano non volere ancora finire”.
“Nell’impossibilità di coniugare dimensione abitativa e spazio sociale, e nell’assenza di alternative provenienti dalle istituzioni competenti – leggiamo ancora nel comunicato – abbiamo dunque deciso di lasciare lo stabile di via Boito 7 ai profughi sudanesi che lo abitano. Declinando, va da sé, anche ogni responsabilità su ciò che da ora in poi avverrà in quello stabile”.
“Sappiamo che lo Zeta è stato attraversato, vissuto, animato, sostenuto, difeso e amato da migliaia di persone – prosegue la nota -. E’ stato terreno di sperimentazione di pratiche inedite di vivere la città, è stata strategia dell’incontro e del conflitto, è stato sopratutto pratica politica in grado di ridurre al minimo la distanza tra mezzi agiti e fini perseguiti, per mettere insieme lotta alle disuguaglianze e rivendicazione delle differenze”.
“Lo Zeta è stato a Palermo uno spazio di resistenza per sopravvivere collettivamente alla definitiva crisi della politica – si legge nel comunicato – per conquistare insieme e mettere in comune ciò che è giusto fosse di tutti, per sottrarsi alla spietata legge della giungla che rimanda tutto alla capacità individuale di sopraffare l’altro. Insomma, per praticare e rivendicare l’universalità dei diritti”.
“Le ragioni della sua esistenza sono ancora tutte valide – leggiamo sempre nel comunicato -. Ma, proprio per questo, noi che ci siamo assunti l’onere di portare avanti la gestione dello Zeta, pensiamo che, per quanto sicuramente dolorose, ci sono decisioni che vanno prese per evitare il rischio di rimanere incastrati in dinamiche che non scaturiscono dalla condivisione dei nostri desideri”.
“Le lotte dello Zeta – conclude la nota – continueranno ad essere portate avanti, ma in altre forme, in altri luoghi e con altri nomi”.
Foto di prima pagina tratta da punk4free.og