C’erano un cristiano, un ebreo e un musulmano…

Va bene tutto, ma buttare i soldi così è un peccato! Forse “peccato” non è parola appropriata, dovendo parlare di “Religiolus – Vedere per credere”, ma assistere a un film così approssimativo, semplicistico, manicheo, a tratti irritante, con l’attesa di qualcosa di più articolato e profondo, annunciato come una serrata e incalzante messa in discussione del sentimento religioso, è una fregatura.  

Gli artefici dell’operazione sono Larry Charles, regista di Borat e il comico Bill Maher.

I tre monoteismi, oltre alle loro – specialmente negli Stati Uniti – molteplici diramazioni, più o meno spettacolari, apocalittiche, truffaldine, non vengono nemmeno messi alla berlina; il protagonista/intervistatore si limita a contestare all’interlocutore – in genere un ministro di un culto strano, un adepto di qualche chiesa, un fedele invasato, il custode (molto gentile e disponibile per la verità) della moschea di Gerusalemme – “Come puoi credere che un serpente abbia parlato ad Eva?”, “come Jonas poteva alloggiare in una balena?”, “perché Maometto ha agito così?”, “e Gesù cosà?”. 

La debolezza del film sta nel fatto che Bill Maher è un razionalista un po’ terra terra quanto a filosofia della religione: il classico tipo che ha imparato quattro argomentazioni “laiciste” e con il fioco lumicino della sua sapienza va a divulgare il Verbo appena acquisito e a ridicolizzare gli intervistati. Ma il suo traballante illuminismo colpisce bersagli facili o facilissimi: Mormoni, clienti di Scientology, cristiani strani, la chiesa degli sballatoni di Amsterdam. Tutte sette o congregazioni presiedute da figure che pittoresche è dir poco, talvolta si tratta di veri e propri truffatori dediti alla circonvenzione d’incapace.  

Si salvano del racconto/reportage due cose: veniamo a sapere che negli Stati Uniti c’è un parco a tema, nei pressi di Orlando, dove ogni giorno si inscena la crocifissione di Cristo, con tanto di biglietto di ingresso, applausi e vendita di gadgets; alcuni tipi, sempre in America, costruiscono dispositivi fuori di testa: aggeggi in grado di aggirare le interdizioni alimentari, igieniche, comportamentali dello Shabbath che il Levitico e altri Libri dell’Antico Testamento impongono agli ebrei osservanti (ad esempio, il sabato non si può digitare sui tasti della calcolatrice? Ecco una calcolatrice complicatissima che richiede uno sforzo minimo, quasi nullo che permette di ottenere il numero desiderato e soprattutto non suscita l’ira divina).  

Per il resto ovvietà, superficialità, incapacità di andare nelle pieghe di un dibattito che la civiltà, almeno quella occidentale, conosce da 2500 anni. Pure le gerarchie ecclesiastiche di casa nostra, che temevano una straripante blasfemia e già si preparavano a un’immediata autodifesa, non hanno di che preoccuparsi.


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