«Catania s’incazza» E va a sentire gli Uzeda

Catania, villa Pacini. La festa regionale della Federazione della sinistra si chiama Catania s’incazza e diventa Vulcano. Per restare fedeli al significato letterale del nome, alla serata conclusiva, sabato 8 ottobre, suonano gli Uzeda. Il gruppo storico catanese, rock e piuttosto incazzato, se ne intende parecchio. Nonostante siano più famosi all’estero che in Italia – sulla loro pagina facebook scrivono spesso in inglese – a Catania, dove tuttora vivono, li circonda un’aura quasi mistica, di rispetto. Tutti li hanno sentiti nominare, sanno che sono dei mostri sacri del rock. Ma solo in pochi li conoscono davvero. Francesca, una diciannovenne dal look dark, ammette di non aver mai sentito un loro pezzo dal vivo. Ma «sono metallari, conta solo questo».

Luigi e Rosalba invece, che di anni ne hanno lui 46 e lei «circa quelli», conoscono bene il gruppo, fin dagli esordi. Per loro, l’unico modo efficace per descriverli è psichedelici. «Alla fine degli anni ’80 erano l’avanguardia psichedelica in città» racconta Rosalba. «C’era un locale in piazza Umberto dove si riunivano tutti i gruppi catanesi che facevano musica originale – continua – Non ricordo il nome, ma venivano anche band dall’estero». In quegli anni non era così importante dare etichette precise ai generi musicali, bastava ascoltare la musica e divertirsi. Come quella volta al Porto di Catania. «Era proprio qui di fronte, a piazza Alcalà, sarà stato l’87 o l’89, non ricordo bene – dice ancora Rosalba – Ma il concerto è stato indimenticabile, con migliaia di persone». Quell’anno, insieme agli Uzeda, si esibì anche il gruppo rock di Steve Albini, gli Shellac. «Era un evento vederli a Catania – spiega – Quasi come quando vennero i Radiohead qualche anno dopo ad aprire il famoso concerto dei R.E.M. A pensarci ora sembra incredibile».

Anche Claudia è una dicianovenne, ma di vent’anni fa. E anche lei non conosce gli Uzeda, se non per sentito dire: «Sono certamente un pezzo di storia della musica catanese, ma io preferivo altri generi, come i Denovo». Al concerto, però, c’era lo stesso. «Gli Uzeda rappresentano la Catania che vorremo di nuovo, quella libera, dei concerti all’aperto, che andava al Sonica di Misterbianco» conclude.

I veri appassionati, comunque, non mancano. Come Angelo, 33 anni, che ha scoperto gli Uzeda da grande. «Una decina di anni fa», ci dice urlando per la musica a tutto volume. «Sicuramente sono il gruppo catanese più grande del mondo, tra i più importanti tra il math rock e il noise rock», afferma sicuro. Il suo album preferito è Different section wires, una vera «rivoluzione noise». Gli Uzeda si sono riuniti nel 2006 dopo ben otto anni, quindi Angelo non ha una grande memoria storica delle loro esibizioni dal vivo. Il concerto dello scorso anno alle Ciminiere, però, sembra sia stato un evento da ricordare. «Mi ha colpito tantissimo – racconta – sia perché hanno suonato alla grande sia perché era curatissima anche la scenografia».

E, a proposito di noise, una domanda diventa d’obbligo: meglio gli Uzeda o i Sonic Youth? «Impossibile scegliere – risponde Angelo – fanno tutti parte della santissima trinità del noise, insieme a…». La fine della sua frase si perde tra la musica. Potrebbe aver citato gli Swans o gli Shellac. Se il genere si chiama noise un motivo c’è: la musica è davvero troppo forte per parlare. Un’atmosfera surreale per la villa e varagghi, considerato anche il nome della serata: una chiara citazione di un brano tutt’altro che rock di Giuseppe Castiglia.

Leandro Perrotta

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