Catania capitale regionale dei rifiuti «In discarica 300 milioni di euro in cinque anni»

Contro una media regionale di 550 chilogrammi per abitante all’anno, a Catania nel 2014 si sono prodotti 700 chilogrammi di rifiuti pro capite. Sono i dati diffusi dall’associazioneRifiuti zero Sicilia. Numeri «che fanno del capoluogo etneo la prima città siciliana per produzione pro capite di rifiuti, superando pure Palermo». E anche grande finanziatore degli impianti privati, dato che «il totale in cinque anni di spesa è di più di 300 milioni di euro». Unico elemento confortante è che dal 2007, «per fortuna, la produzione media di rifiuti è diminuita costantemente, cosa che smentisce anche il fatto che la città smaltisce anche quelli prodotti dall’hinterland, dove si pratica la raccolta differenziata porta a porta». Nessun allarme per i cosiddetti pendolari della spazzatura, dunque. 

Nel capoluogo etneo, secondo l’associazione, a incidere negativamente sulla percentuale di differenziata è l’attuale bando di gara «basato sul cassonetto e sul regalo alle ditte di tutti i possibili ricavi e l’aggravio dei costi a carico del Comune». A piangere, infatti, sono proprio le tasche dei catanesi. Secondo il piano della Tari per l’anno scorso, «il Comune di Catania ha impegnato ben 70 milioni di euro per la gestione dei rifiuti; di questi, ben 18 milioni solo per conferire tutto in discarica, 35 milioni per pagare le ditte ai quali si aggiungono altri dieci milioni per la parte gestita dal Comune». Una situazione sulla quale pende anche la gestione straordinaria prefettizia dell’Oikos (l’azienda, infatti, è coinvolta nell’inchiesta della procura di Palermo Terra mia) e che viene definita da Rifiuti zero «oggettivamente insostenibile», «tutta a carico del cittadino catanese, perché da qualche anno a questa parte è necessario che il costo del servizio debba essere interamente coperto dalla tassa».  

Il messaggio che l’associazione lancia è netto: «Vogliamo ribadire ancora una volta ciò che non ammetteremo più nel prossimo bando di gara e che, ormai dati alla mano, è la causa scatenante di un costo del servizio che non ha eguali in Sicilia che non è certo terra virtuosa in termini di gestione dei rifiuti». Il contratto in vigore prevede la gestione di seimila cassonetti, 800 operai, la divisione in due parti della città tra Comune e società aggiudicatrice, 165 milioni di euro in cinque anni per la Ipi-Oikos, contributi del Consorzio nazionale imballaggi destinati alle ditte, gestione privata delle isole ecologiche. E, soprattutto, un abbassamento degli obiettivi minimi imposti per legge da raggiungere e la cessione della proprietà del rifiuto conferito in discarica al gestore dell’impianto. 

«Sia chiaro – sottolineano i membri dell’associazione – il problema non sono le ditte e nemmeno il cittadino catanese che non vuole fare la differenziata. Il problema sta tutto nel bando di gara, le regole del gioco che potrebbero costringere la città ad avere un costo insostenibile per altri sette anni». Perché i tempi per stilare un nuovo bando sembrano già stretti, anche per via del necessario via libera da parte della Regione. «Stimiamo che ci vorranno almeno due anni. È evidente che ci avviamo o verso una nuova emergenza o verso un prolungamento di questo appalto a due ditte che peraltro non hanno più le carte in regola».

Per questo motivo Rifiuti zero chiede all’amministrazione di dare vita a «un comitato indipendente che possa scrivere un piano di intervento condiviso e partecipato, che è alla base dell’ottenimento di alti livelli di raccolta differenziata, come previsto dalla legge, di un risparmio per il Comune, e quindi per il cittadino, e un miglioramento della qualità della vita». Per iniziare ad analizzare il territorio, sono già stati chiesti i dati sulla gestione dei rifiuti nelle sei circoscrizioni di Catania indicando numero di abitanti, di utenze domestiche e non, presenza di scuole e di isole ecologiche. «Questo al fine di avviare una raccolta differenziata basata sul porta a porta che è un sistema che va cucito addosso partendo da uno studio della città, conoscendo le diversità e cercando di realizzare il vestito partendo dalle tipicità insite in ogni circoscrizione». E concludono: «Siamo sicuri che ci sono tutte le condizioni per avviare un percorso virtuoso. Ma non c’è più tempo da perdere».


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