L'ex presidente della Regione e il figlio, con una legislatura da deputato, erano accusati dalla procura di Catania di voto di scambio semplice. In primo grado erano già stati assolti, salvo poi essere condannati in Appello. Adesso il verdetto dei giudici ermellini
Cassazione chiude vicenda di Raffaele e Toti Lombardo La sentenza di condanna è stata annullata senza rinvio
Annullata senza rinvio. La corte di Cassazione mette la parola fine sulla vicenda giudiziaria che vedeva coinvolti l’ex presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo e il figlio Toti, quest’ultimo per una legislatura deputato all’Assemblea regionale con il Partito dei siciliani. Entrambi erano accusati dalla procura di Catania del reato di voto di scambio semplice. Gli altri tre imputati erano Ernesto Privitera, Angelo Marino e Giuseppe Giuffrida. Sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati due posti di lavoro in una ditta dei rifiuti in cambio del consenso per Toti Lombardo, poi eletto con quasi 10mila preferenze alla regionali del 2012.
Privitera, ex consigliere di municipalità del Movimento per le autonomie avrebbe svolto il ruolo di intermediario mentre le assunzioni sarebbero state destinate al cugino Marino e al cognato Giuffrida. Poi effettivamente avvenute nella società Ipi, che all’epoca dei fatti insieme a Oikos si occupava del servizio di nettezza urbana a Catania. Nel processo di primo grado i Lombardo erano stati assolti con la formula «perché il fatto non sussiste» dalla giudice monocratica Laura Benanti. L’ex presidente della Regione aveva atteso il verdetto sorseggiando un the caldo in un bar nei pressi dell’ex pretura di via Francesco Crispi, salvo poi allontanarsi al momento della lettura del dispositivo.
Verdetto ribalto in Appello. Nell’estate 2019 i giudici decisero di condannare i Lombardo a un anno di reclusione con pena sospesa. I titoli di coda adesso li mette la Cassazione, rendendo la sentenza definitiva. In questa inchiesta emersero condotte ambigue, dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ma anche qualche pezzo mancante. Nella requisitoria dei magistrati Lina Trovato e Rocco Liguori venne dato ampio spazio a un incontro, avvenuto nel 2013 alla vigilia delle amministrative a Catania, tra l’allora consigliere comunale Maurizio Mirenda e il pregiudicato Nino Balsamo detto Cicaledda, all’epoca costretto a casa dagli arresti domiciliari e cognato del capomafia del clan Cappello Ernesto Privitera. Ci sono poi le intercettazioni ambientali registrate nei pressi del club I pazzi, dei tifosi del Calcio Catania. In quell’occasione alcune persone, mai identificate, parlarono a lungo del mercato dei voti in città snocciolando cifre ma senza mai indicare i destinatari delle preferenze.