Un anno e sei mesi. È questa la pena stabilita in primo grado per l'architetta Anna Maria Li Destri, che avrebbe costruito un bando pubblico ad hoc per l'impresa che poi ha venduto il ramo d'azienda a quella che se l'è aggiudicato. La difesa annuncia: «Faremo ricorso in Appello»
Caso Li Destri, condannata la ex dirigente comunale Sotto accusa appalto del 2013 per i mezzi dei rifiuti
Condannata a un anno e sei mesi per l’appalto del 2013. Il primo grado del processo all’architetta Anna Maria Li Destri si conclude così. Ore d’attesa nell’aula Serafino Famà del tribunale di Catania per arrivare alla lettura di un dispositivo atteso non solo dall’imputata, presente in tribunale, ma anche dalla ex giunta comunale guidata dal sindaco Enzo Bianco. È sotto il suo mandato, infatti, che il licenziamento per giusta causa di Li Destri viene sbandierato come stendardo di legalità e giustizia negli uffici dell’Ecologia. L’ex dirigente di Palazzo degli elefanti è accusata di avere costruito due bandi pubblici – quello del 2009 (per cui è stata dichiarata la prescrizione) e quello del 2013 – addosso all’impresa che ha vinto il primo e che, successivamente, ha ceduto un ramo d’azienda all’aggiudicataria del secondo. In ballo c’era l’appalto per la manutenzione dei mezzi municipali della raccolta della spazzatura, quelli che fino a qualche giorno fa si occupavano del porta a porta nell’enclave della circoscrizione Borgo-Sanzio.
Dal 2002 e per una decina d’anni a occuparsene è l’impresa Puntese diesel, di proprietà dell’imprenditore Nino Amore, che si aggiudica l’appalto offrendo il maggiore ribasso rispetto alla concorrente, la Manutencoop. Di proroga in proroga, si arriva ai due appalti che sarebbero stati turbati dall’operato dell’architetta Li Destri. Quello del 2009, vinto dalla Puntese diesel, e quello del 2013, che invece si aggiudica l’impresa Officine meccaniche. La quale aveva acquisito, poco prima, il ramo d’azienda dalla Puntese diesel. Al centro dell’inchiesta della magistratura ci sono i requisiti previsti dai bandi, che avrebbero favorito la Puntese diesel, impedendo di fatto ad altre aziende di appaltarsi quei lavori per il Comune di Catania. «Come un sarto cuce una tasca su una giacca in base alle esigenze del suo cliente, così Li Destri ha chiaramente cucito il bando su misura dell’azienda di Nino Amore», affermava la magistrata Tiziana Laudani in udienza.
Alla base del presunto favoritismo ci sarebbero i rapporti di amicizia tra Anna Maria Li Destri e Nino Amore (morto a gennaio 2014). Appassionati di viaggi entrambi, avrebbero trascorso del tempo insieme con le rispettive famiglie. Un legame che sarebbe stato, secondo gli inquirenti, anche tra i motivi della presenza dell’architetta nell’autoparco di Pantano d’Arci, gestito in quella fase da Puntese diesel. A raccontare della frequentazione della dirigente con il titolare dell’impresa è, nel corso del processo, il responsabile del personale: Pietro Garozzo, rimasto di recente coinvolto nel blitz antimafia Gorgoni con l’accusa di associazione mafiosa. Ed è sul nome di Garozzo che i due procedimenti giudiziari – quello sul caso Li Destri e quello contro il clan Cappello – si intrecciano. Una connessione che è finita nelle aule giudiziarie e che MeridioNews aveva raccontato all’inizio di dicembre 2017, pubblicando un estratto di una lettera anonima arrivata a Palazzo degli elefanti, e protocollata, all’inizio di ottobre 2016. Per le motivazioni della condanna a Li Destri bisognerà attendere 90 giorni. Nel frattempo, l’avvocato della difesa Dario Riccioli già annuncia: «Faremo ricorso in Appello».