Della morte del 27enne è accusato Giancarlo De Benedictis che si trova in carcere perché arrestato nell'operazione Bronx. Con lui avrebbe agito anche Luigi Cavarra, appartenente al clan Bottario-Attanasio poi diventato collaboratore e morto nel 2018
Caso De Simone: colpito a nuca e genitali, poi impiccato «Il suicidio fu inscenato». Due responsabili dell’omicidio
Per la morte di Angelo De Simone, il 27enne siracusano trovato impiccato nella veranda davanti alla sua abitazione, nel quartiere Bosco Minniti di Siracusa, il 16 febbraio del 2016, il pubblico ministero Gaetano Bono ha notificato un avviso di conclusione delle indagini per omicidio volontario aggravato dai futili motivi a Giancarlo De Benedictis. L’uomo, conosciuto come Carlo ‘a scecca, è attualmente detenuto in carcere con una condanna non definitiva a 20 anni dopo essere stato arrestato nell’ambito dell’operazione antidroga Bronx per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (cocaina, hashish e marijuana) nella zona della Mazzarrona. Per l’accusa, oltre a De Benedictis, responsabile dell’omicidio sarebbe anche Luigi Cavarra. Appartenente al clan Bottaro-Attanasio poi diventato collaboratore di giustizia e morto nel 2018.
L’indagine sulla morte di De Simone per due volte è stata archiviata come suicidio. La famiglia, assistita dall’avvocato David Buscemi, ha sempre respinto questa ipotesi. La procura di Siracusa ha poi aperto un fascicolo a carico di ignoti per istigazione al suicidio. La scorsa estate, la salma è stata riesumata ed è stata eseguita l’autopsia dal medico legale Giuseppe Ragazzi. Stando a quanto emerso, il 27enne sarebbe stato più volte colpito alla nuca e ai genitali. Dopo essere stato stordito, sarebbe deceduto per asfissia meccanica dovuta all’azione del laccio, quindi, per impiccamento. De Simone sarebbe poi stato appeso a un gancio per simulare un suicidio. Secondo quanto ricostruito, il movente sarebbe stata una relazione sentimentale che De Simone avrebbe avuto con una donna legata anche a De Benedictis. E non, come si era ipotizzato all’inizio, per questioni legate al mondo della droga.
Il primo a parlare di omicidio era stato il collaboratore di giustizia Mattia Greco, due anni dopo il decesso, in una deposizione del 5 maggio del 2018 che è stata citata anche della memoria difensiva dei familiari della vittima. Greco aveva raccontato di avere appreso da altri detenuti che «Angelo De Simone era stato ucciso da Luigi Cavarra e Giancarlo De Benedictis i quali avevano inscenato un suicidio». In quel periodo, però, la testimonianza di Greco non fu ritenuta solida e l’allora pm chiese al gip l’archiviazione del procedimento. «In assenza di elementi oggettivi che permettano – si legge nella richiesta di archiviazione – di profilare l’omicidio al posto del suicidio le voci correnti sulla responsabilità di Cavarra nell’omicidio non sono sufficienti a fondare qualsivoglia tipo di accusa e a continuare le indagini». Inoltre, il pubblico ministero aveva ritenuto che «gli accertamenti tecnici chiesti dal gip sugli indumenti e sul laccio che ne sosteneva il corpo non hanno portato ad alcun elemento utile».
«Sono tanti i dubbi che, già dal momento del ritrovamento del corpo di Angelo – aveva spiegato a Meridionews Davide Ganci, uno degli amici più intimi della vittima – ci hanno fatto pensare che non si trattasse di suicidio: i lacci usati che, però, non mancano da nessuna delle scarpe in casa, il nodo alla marinara che è difficile da fare considerando che Angelo non sapeva nemmeno allacciarsi bene le scarpe». Nessun racconto che avesse fatto presagire una scelta simile da parte del tifoso del Siracusa Calcio, nessun biglietto di addio a spiegarne le cause ed «è assurdo – aveva commentato l’amico – che il padre di un bambino (che all’epoca aveva quattro anni) non pensi di lasciare due parole per il figlio che, fra l’altro, aveva chiamato mezz’ora prima con la promessa che l’indomani avrebbero trascorso insieme l’intera giornata».