Caso Biondo, indagato il medico legale spagnolo «Decisero dall’alto che doveva essere un suicidio»

Dopo quasi sei anni dalla morte di Mario Biondo, il cameraman palermitano trovato senza vita nella sua casa di Madrid il 30 maggio 2013, anche la Spagna inizia ora a dubitare della versione ufficiale che vuole il ragazzo morto suicida. E lo fa con un colpo di scena piuttosto forte, che sembra puntare a sgretolare il castello di ricostruzioni e circostanze messe in piedi fino ad ora a partire dalla sua sommità. Lo fa iscrivendo nel registro degli indagati il medico legale spagnolo che, dopo aver visto il corpo sulla scena del crimine e successivamente sul tavolo dell’obitorio, stabilì che si era trattato di suicidio. Una mossa che si deve soprattutto alla tenacia della famiglia Biondo che, con perizie e prove importanti alla mano, ha sempre chiesto che si facesse luce su cosa fosse effettivamente accaduto quella notte nell’appartamento di calle Magdalena. Ci sono dietro, insomma, sacrifici e dolori che partono dall’indomani del ritrovamento di quel corpo teso e appoggiato a una libreria. Una scena, questa, che già da sola basta a sollevare non pochi dubbi. Ma gli interrogativi in questa storia non sono mancati. Tra i tanti, c’è quello che riguarda due firme attribuite al medico spagnolo ora indagato.

«Controllando i documenti del medico legale spagnolo abbiamo notato due firme che avrebbe messo lui, una quando è stato chiamato a casa di Mario e l’altra quando poi ha firmato e consegnato la relazione finale, e che apparivano diverse. Quindi abbiamo nominato in Spagna un perito grafologo molto accreditato che sostiene che quelle firme al 90 per cento non sono della stessa persona», racconta Santina Biondo, la madre di Mario. A questo punto l’avvocato spagnolo che rappresenta la famiglia ha presentato una denuncia contro il medico legale, anche per il fatto di aver dichiarato il falso, dettaglio puntualizzato anche nella relazione del criminalista di Barcellona Lluis Duque. «Ha dichiarato di aver praticato l’autopsia seguendo il metodo mata casper che oltre all’apertura del torace implica anche l’apertura del cranio. Nella sua relazione lui scrive: “Esame interno, cranio: nessuna evidenza importante”, quindi come se lo avesse davvero aperto. Una dichiarazione però rivelatasi falsa, lo abbiamo saputo in seguito alla prima autopsia eseguita poi a Palermo dal professore Paolo Procaccianti, dove lui apre per la prima volta la testa di Mario», spiega Santina. Un passaggio importante e potenzialmente chiarificatore anche, perché è in questo momento che si scopre la macchia emorragica nel cervello, ignorata dal medico palermitano e messa successivamente in evidenza dai periti nominati dalla famiglia Biondo.

Quindi, due firme diverse per lo stesso nome, dichiarazioni risultate false riguardo a quanto effettivamente eseguito durante la prima autopsia, fra analisi del cranio e residui nello stomaco. C’è tutto questo nella denuncia della famiglia, presentata a fine luglio 2017. Ma ci sono riportati anche tutti i passaggi fondamentali tradotti in spagnolo delle perizie degli esperti nominati in questi anni dai Biondo, dal professore Milone a Iuvara, Cugno, Cusimano e Procaccianti che smentisce quanto il medico spagnolo ha dichiarato di aver fatto durante il suo esame. «Dopo un paio di mesi il nostro avvocato ci dice che il giudice per ammettere la denuncia ha bisogno che la famiglia porti in tribunale tutte le relazioni tradotte in spagnolo con traduzione giurata». Non bastano gli stralci salienti, insomma, quello che emerge dalle perizie è importante e il magistrato vuole quindi leggerle integralmente. E la famiglia esegue. Fa tradurre ogni pagina, ogni riga di quelle relazioni, che vengono presentate. Ma il tribunale chiede anche che, trattandosi di una denuncia penale, a presentarla insieme all’avvocato sia anche la famiglia da cui questa denuncia parte. Quindi i genitori di Mario volano di nuovo a Madrid per apporre le loro firme davanti al cancelliere spagnolo.

È febbraio 2018, l’iter sembra finalmente concluso e il 30 maggio, giorno del quinto anniversario della morte di Mario, arriva una e-mail di risposta: «Il giudice della stanza 35 aveva accolto la denuncia perché aveva riscontrato un reato – dice Santina -, ma spiegava che avrebbe mandato l’intero fascicolo al fiscàl, un procuratore insomma. Quasi come se non avesse voluto prendere fra le mani questa patata bollente». Ma il nuovo procuratore a ottobre dello stesso anno decide invece che non c’è nessun reato e respinge la denuncia. «Cosa significa? Che anche se c’è qualcuno che in questa storia non ha lavorato come avrebbe dovuto, dichiarando pure il falso, alla fine il risultato resta sempre quello del suicidio?». La famiglia però non si arrende e a novembre presenta ricorso all’Audiencia Provincial di Madrid, una sorta di corte d’appello italiana. Il 15 gennaio la buona notizia: il ricorso viene accolto e ordina al giudice della stanza 35, quello che aveva passato la patata bollente al fiscàl, di indagare il medico legale spagnolo. «Adesso ci aspettiamo un effetto domino», dice Santina. Mentre qui a Palermo il caso, passato alla procura generale, resta aperto per omicidio volontario contro ignoti con l’aggravante della premeditazione. Il 5 novembre scorso è stata effettuata un’ulteriore esumazione della salma e la relativa autopsia, ma per i risultati si dovrà attendere ancora, forse fino al 4 febbraio, perché i periti della procura hanno chiesto 30 giorni di proroga.

«Stiamo vivendo come famiglia qualcosa di terribile – commenta Santina -, non solo il dolore della morte di un figlio e fratello, una tragedia immane, ma anche tutto quello che comporta il lottare coi denti per la verità, subendo cattiverie, articoli contro di noi dalla Spagna, attacchi sui social con finti profili. Le televisioni spagnole e i media in generale lì si sono chiusi perché forse non volevano mancare di rispetto alla loro collega, e non hanno mai voluto sapere cosa avesse da dire la famiglia. Ma noi non inventiamo nulla, abbiamo sempre parlato con cognizione di causa, carte in mano, non siamo pazzi. Perché tutta questa copertura al netto di un ragazzo di 30 anni morto così?». E poi c’è Raquel Sanchez Silva, la vedova. Che né di fronte alla recente notizia del medico legale indagato né prima ancora di fronte alle numerose perizie dei tecnici che puntano sull’omicidio ha mai cercato un contatto con la famiglia Biondo. «Se hai la coscienza pulita e in maniera innocente puoi anche aver creduto dall’inizio che si fosse suicidato, perché così ti avevano detto, ora che sta uscendo tutto questo perché non ci cerca per saperne di più? È l’atteggiamento di chi nasconde qualcosa? – si domanda Santina -. Davvero non le interessa sapere la verità su questa morte? È perché la conosce già? Hanno provato in tanti modi a ostacolarci, a insabbiare, a respingere quello che andavamo scoprendo, ma il muro è crollato. Adesso spero che questo medico parli, perché non credo che siano stati errori fatti per negligenza, sono stati errori fatti con cognizione di causa, qualcuno dall’alto ha deciso che Mario Biondo si era suicidato». 


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