«Non si sa se domani si aprirà o meno. Oramai viviamo a ore, nemmeno più a giornata». È questo il grido d’allarme lanciato da Franca Prestipino, la titolare dell’omonimo bar storico di via Etnea a Catania. «La pandemia prima, l’alluvione, poi il personale che non si trova, il turismo che sta terminando e ora anche le bollette. Come faremo a pagare? Noi non ce la facciamo più. Rischiamo seriamente di chiudere – dice la figlia dell’imprenditore che quell’attività l’ha fatta nascere nel cuore del centro storico del capoluogo etneo – Tutto quello che abbiamo creato in cinquant’anni sta per crollare, non per colpa nostra ma per colpa del governo». Ed è per questo che anche lei ha aderito all’iniziativa di protesta lanciata da Fipe Sicilia, la federazione dei pubblici esercizi: giovedì 15 settembre, a partire dalle 20, si spegneranno le insegne per protestare contro il caro bollette che sta mettendo in ginocchio molte attività. Come anche la storica pasticceria Spinella, anche questa a rischio chiusura per lo stesso motivo.
«I nostri esercenti hanno subito un continuo aumento pari al 500 per cento delle bollette rispetto all’anno precedente e non ce la fanno più», commenta Dario Pistorio, presidente regionale di Fipe Confcommercio. «Serve immediatamente un tavolo di crisi con i futuri governatori per ragionare sulle soluzioni future». A fargli eco è anche il presidente provinciale ristoratori Fipe Giovanni Trimboli: «La politica non si sta occupando completamente di questo problema che, però, va risolto al più presto. Noi non staremo qui a guardare perché si rischiano posti di lavori, investimenti e imprese».
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