Carlo Verdone sale in cattedra

La porte dell’Aula Magna del Monastero dei Benedettini sono ancora chiuse e giù una piccola folla, di prevalenza femminile, è in pole position per quello che sarà un vero e proprio assalto alle prime file centrali, quelle dalle quali sarà possibile fotografare (rigorosamente con il telefonino), salutare o semplicemente, osservare meglio, personaggi che il 95% dei presenti ha visto solamente al cinema o in tv: il mitico Carlo Verdone, il regista Carlo Veronesi, il giovane Silvio Muccino, Jasmine Trinca e il produttore Aurelio De Laurentis.

 

Aprono i battenti e nel giro di pochi secondi è tutto “sold out” tra un giubbotto che sta per “occupato” e le poltrone riservate alle autorità. L’incontro, organizzato dalla Facoltà di Lettere e coordinato da Fernando Gioviale e da Stefania Rimini, registra un’incredibile affluenza di pubblico, tale da portare i responsabili della sicurezza a chiudere le entrate, per la gioia, si fa per dire, di quanti giungevano in loco solo in quel momento. Quando gli ospiti fanno il loro ingresso in sala (preceduti dal Sindaco Scapagnini) è una babilonia di urla da stadio e flash; tra un autografo, un abbraccio e bacetto (sic!), i nostri vengono sommersi e nascosti alle retrovie. Mentre il Preside e i suoi collaboratori invitano a sedersi, De Laurentis afferra il microfono minacciando di andarsene se non verrà ristabilito l’ordine. Detto fatto…il monito fa il suo effetto.

 

 

Prende la parola l’applauditissimo Carlo Verdone che dopo aver presentato i colleghi e ringraziato la città di Catania, introduce il tema  conduttore dell’intero appuntamento: il tour promozionale a sostegno dell’ultimo film di  Giovanni Veronesi, “Manuale D’Amore”. Il regista/attore romano accenna la trama del film, sottolineando l’attualità dell’argomento affrontato (l’amore e le sue stagioni) e di come sia stato divertente realizzarlo. A questo punto, su espressa richiesta di De Laurentis, onde evitare un noioso bla, bla, bla (parole sue), ragazze e ragazzi dovranno formulare dieci domande inerenti al film e alla sua tematica.

 

Ironia della sorte fa si che a chiudere la griglia sia proprio Step1 e cosi dopo un intervento pepato (“perché il cinema italiano racconta solo storie di cornuti?”), i complimenti di alcuni, la soddisfazione di chi ha scritto una tesi su Verdone di poterlo incontrare  personalmente e qualche domanda di rito, tocca a noi. Chiediamo al regista Veronesi se la suddivisione tematica del film, quadripartito in episodi diversi “innamoramento”, “crisi”, “tradimento” e “abbandono”, sia stata la scelta iniziale o dettata dalla difficoltà di raccontare l’inizio e la fine di una singola coppia. Veronesi spiega che da un lato sarebbe stato troppo banale e dall’altro, troppo difficile, raccontare la storia di due sole persone, e dell’importanza che riveste la scelta di un cast numeroso, di benianimini, necessaria affinché lo spettatore possa immedesimarsi. Allo stesso modo risponde al nostro secondo quesito “com’è il pubblico italiano?” , compiacendosi per il rapporto preferenziale instaurato con la platea italiana e non nascondendo un certo “godimento” nel vedere le persone ridere di gusto durante le proiezioni. Il dibattito si conclude e nuovamente i nostri vengono inghiottiti dall’abbraccio dei presenti.

 

 

Mentre tutti si trasferiscono al Planet dove è prevista una conferenza stampa con i media locali incrociamo nuovamente Veronesi insieme  Jasmine Trinca e ne approfittiamo per fare alcune domande ad entrambi:

 

Domanda: Lei che è sia sceneggiatore che regista, trova una certa difficoltà nello scrivere pur sapendo che poi non si troverà dietro la macchina da presa o  è più facile realizzare un qualcosa che poi verrà portato sul grande schermo da altri?

Veronesi: Quando scrivo, soprattutto per i comici, mi diverto molto perché recitiamo e costruiamo insieme le gag, si tratta di un lavoro spensierato che uso come terapia. Discorso diverso quando mi applico alla regia, li si è autori fino in fondo e padroni dell’opera in una condizione completamente diversa, anche se, a volte, mi sono sentito più libero occupandomi della sola sceneggiatura.

 

D: Come mai un film come “Il Mio West” pur potendo contare su un cast blasonato e su una storia non avara di gag e di alti momenti di comicità, non è stato accolto dal pubblico come si sperava?

Veronesi: Adesso posso dire che si trattava di un’operazione molto ibrida, avevo voluto coniugare cose inconiugabili, David Bowie con Leonardo Pieraccioni è come mettere insieme Coca-Cola e Champagne, tutte due belle e buone (le bevande) ma è una combinazione che non riesce.

 

 

D: Adesso che sei una delle dieci attrici più richieste, è più facile scegliere un copione o da sempre ti eri prefissata una linea generale?

Trinca: (sorride) una delle dieci attrici…secondo la tua classifica?  All’inizio mi ero prefissata una linea molto rigida poi ho pensato che provare a fare altro nella vita in generale fa sempre bene.

 

D: e ti sei trovata a far parte di capolavori come “La stanza del figlio” e “La meglio gioventù”…

Trinca: (sorride ancora) e anche “Romanzo criminale” di Michele Placido che ho appena finito di girare.

 

 

La carovana si allontana a bordo di tre lussuosissime autovetture e noi non abbiamo ancora intervistato Verdone e Muccino…non ci resta che accodarci al corteo e sperare di rubare qualche dichiarazione all’ingresso del cinema Planet. Con estremo stupore anticipiamo di cinque minuti, microfoni e telecamere della stampa regionale, giusto il tempo per parlare un po’ con Silvio Muccino, che con estrema gentilezza e disponibilità ci concede (clessidra alla mano) più del previsto.

 

 

D: Ti da fastidio essere considerato solo come il “fratello di Gabriele Muccino” e di non essere giudicato semplicemente per quello che sei?

Muccino: Io credo di non essermi ancora espresso, sto con le orecchie aperte e gli occhi spalancati e sto esplorando territori come la commedia, ed impararla a fare è davvero importante per me.

 

D: E la parentesi Argento?

Muccino: E’ stata una parentesi disgraziata (ride di gusto)…

 

D: Hai mai pensato di produrre un film?

Muccino: Produrre non è alla mia portata, non so neppure come si faccia…produrre è un’arte.

 

D: Ti piace rischiare?

Muccino: Come tutti gli emergenti rischio, adesso per esempio sto lavorando con un regista esordiente, modifichiamo insieme la sceneggiatura; si tratta di  un film politico che non ha nulla a che vedere con la commedia e con quanto ho fatto fino adesso.

 

D: Ultima domanda: oggi durante la conferenza gli studenti ti hanno fatto molte domande, le hai trovate interessanti o rispettavano un certo target a cui sei abituato?

Muccino: Le domande sono state tutte interessanti, quello che mi ha colpito di più è stato il calore delle persone; quello che da sempre mi spaventa e terrorizza è l’agorà…ero davvero emozionato.

 

 

Salutiamo Muccino e raggiungiamo Carlo Verdone….

 

D: Quanto tempo ha impiegato per plasmare il personaggio che interpreta in “Manuale D’Amore”?

Verdone: Niente, Veronesi mi ha detto quello che dovevo fare e io l’ho fatto. Mi ha ispirato la realtà e la storia di un mio carissimo amico che è stato abbandonato anche in maniera molto tragica.

 

D: Matteo Garrone e Alex Infascelli sono probabilmente due tra i registi più importanti della nuova leva cinematografica italiana, lei che cosa ne pensa?

Verdone: Ne penso molte bene di tutti e due. Garrone lo stimo sia come regista sia come scenografo, il suo è cinema puro. Mentre per quanto riguarda Infascelli è folle e a me piace la sua follia.

 

D: Ultima domanda, nel film “Viaggi di nozze” lei cita, seppur indirettamente, i Pearl Jam. È un omaggio ad un genere o l’ennesimo saggio della sua invidiabile conoscenza musicale?

Verdone: I Pearl Jam sono un ottimo gruppo, il più longevo dell’era grunge (cita anche gli Stone Temple Pilots) che di fatto muore con Kurt Cobain. Il grunge ha comunque inventato poco, la maggior parte delle band prendeva spunto da Led Zeppelin e Black Sabbath…di gruppi come questi non ce ne saranno più.

 

 

 

 

Vittorio Bertone

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