Così Francesco Puglisi, fratello del parroco ucciso dalla mafia a Brancaccio il 15 settembre del 1993, padre 3P, ha ricordato il Beato, a margine della manifestazione. «Questa iniziativa ci ricorda - ha detto Lorefice - che ciascuno di noi porta dentro un bene che bisogna tirare fuori»
Carceri, intitolata sala del Malaspina a don Puglisi «Per alcuni preti sarà sempre una spina nel fianco»
È stata intitolata a padre Pino Puglisi, il sacerdote ucciso a Brancaccio dalla mafia il 15 settembre del 1993, la sala Gialla del centro per la giustizia minorile Malaspina di Palermo. A 25 anni da quell’omicidio il suo esempio di educatore è stato ricordato da Rosanna Gallo, direttore centro giustizia minorile per la Sicilia, a una cerimonia dove sono intervenuti anche il procuratore della Repubblica per i minorenni di Palermo, Maria Vittoria Randazzo, e il presidente del tribunale per i minorenni di Palermo, Francesco Micela. «Per me i sacerdoti si dividono in due categorie: quelli che lo fanno per vocazione e quelli che lo fanno per mestiere. I primi saranno sempre un punto di riferimento e un esempio da seguire, per i secondi mio fratello sarà sempre una spina nel fianco». Così Francesco Puglisi, fratello del parroco ucciso dalla mafia a Brancaccio, padre 3P, ha ricordato il Beato, a margine della manifestazione.
«Questa iniziativa ci ricorda l’atto di fiducia quotidiano di don Pino nei confronti di tutti noi – ha detto l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice – don Pino ci ricorda che ciascuno di noi, al di là della propria provenienza o collocazione territoriale, e penso in particolare ad alcuni quartieri, porta dentro un bene che bisogna tirare fuori. Intitolargli una sala qui è anche un atto di speranza e responsabilità per noi tutti, un invito a ripartire dai più piccoli se vogliamo che ci siano giustizia e legalità». All’ingresso dell’aula è stata scoperta una targa donata dalla sezione di Palermo dell’Associazione Italiana dei Magistrati per i minorenni e per la famiglia.
All’iniziativa sono presenti anche gli studenti del liceo classico Vittorio Emanuele, dell’istituto Regina Margherita di Palermo e i giovani dell’istituto alberghiero che hanno preparato il buffet. I giovani hanno interpretato una riduzione del musical Tu da che parte stai? di Roberto Lopes, mentre alcuni ragazzi del Malaspina hanno cantato una canzone da loro scritta su padre Puglisi. Con loro Cristian Picciotto, il rapper che ha fatto un laboratorio insieme ai ragazzi di Libera.
«Lo ricordo da ragazzo, non posso dire di averlo conosciuto, ma la sua presenza era discreta ma riconoscibile – ha detto Micela – padre Puglisi era una persona semplice, riservata, era attento all’essenziale, concreto, con una forte formazione culturale, i suoi valori che sono entrati in questo edificio saranno ricordati anche dalla citazione sulla targa del suo famoso detto ‘Se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto».
All’iniziativa sono presenti anche i Responsabili delle strutture di altre province siciliane. Da ex allievi e oggi insegnanti, Rosaria Cascio e Gregorio Porcaro hanno ricordato l’esempio di “3P”. Un esempio militante, in «anni in cui era l’unico a pronunciare la parola mafia – ha detto Cascio – don Pino ha salvato tanti bambini, quegli anaffettivi che per le famiglie mafiose dovevano abituarsi subito all’odore del sangue, per imparare poi ad ammazzare i cristiani».
«Don Puglisi aveva un’empatia particolare con i giovani, un ascolto capace di scavare – ha detto padre Stabile che si è commosso nel ricordarlo – L’impegno sociale nasce dal nostro essere preti, la dignità non viene solo dalla legge, c’è un valore di giustizia e dignità che vuol dire compiere la volontà di Dio e questo aspetto era un tutt’uno per don Puglisi. Negli anni 70 padre Puglisi accompagna in questa bidonville vicina al fiume Oreto dei giovani volontari. Da Godrano a Settecannoli a Brancaccio, quartieri dove gli odi erano inveterati, dove i ragazzi non volevano stare insieme a scuola perché appartenevano a gruppi diversi, hanno testimoniato la dedizione di Padre Puglisi. Ancora oggi la povertà più grande è quella culturale».