Caravaggio, misteri siciliani

“Osservando qualsiasi biografia di Caravaggio, è evidente come quasi un anno di soggiorno del Caravaggio in Sicilia, sia stato riassunto in poche battute”. È quanto ha constatato Alvise Spadaro, alla conferenza di presentazione del suo ultimo libro “Caravaggio in Sicilia, il percorso smarrito”, che si è tenuta venerdì 17 aprile al Coro di notte dei Benedettini. Presenti lo stesso autore del libro, l’architetto Alvise Spadaro, ispettore onorario ai beni culturali, ed il prof Fernando Gioviale (facoltà di Lettere e Filosofia).

Proprio la esigua quantità di notizie sul soggiorno del grande artista nella nostra isola ha spinto Spadaro ad intraprendere gli studi e le ricerche che hanno portato alla pubblicazione del libro. La conferenza, si è aperta con un’introduzione del prof Gioviale, che ha fornito un’ampia panoramica del personaggio di Caravaggio, ponendo l’accento sull’apparentemente paradossale convivenza tra la vita sregolata dell’artista e la sua tendenza verso la bellezza classica. Il professore Gioviale, a proposito delle opere del Caravaggio presenti in Sicilia, ha espresso rammarico per le importanti opere di altri autori saccheggiate dal Castello Ursino.

Dopo di che, la parola passa all’autore, che precisa subito, come la scarsa quantità di notizie sul periodo siciliano di Caravaggio, abbia spesso comportato a dei “fraintendimenti” e a delle semplificazioni nell’interpretazione delle sue opere, nonché a delle vere e proprie sottovalutazioni delle stesse. Le ricerche di Spadaro, ricostruiscono o quantomeno aggiungono informazioni a quanto oggi si sa del percorso seguito dall’artista durante il periodo della sua permanenza.

Caravaggio sarebbe infatti sbarcato a Terranova, per poi andare a Siracusa, Messina e Palermo, lasciando come traccia del suo passaggio opere di inestimabile valore.

E’ infatti grazie alle ricerche dell’architetto Spadaro, che possiamo oggi aggiungere alle tradizionali tappe dell’artista a Siracusa, Messina e Palermo, una quarta importante tappa a Caltagirone, dove Caravaggio sarebbe andato successivamente allo sbarco a Terranova. Spadaro ha sottolineato inoltre il particolare stato d’animo in cui si sarebbe trovato l’artista durante il suo soggiorno siciliano.

Quest’ultimo va infatti inquadrato come periodo al contempo di rifugio, dalle carceri maltesi da cui il Caravaggio era riuscito incredibilmente ad evadere, e di attesa, per l’auspicata amnistia che il pontefice sarebbe stato in procinto di concedergli in merito al delitto da lui commesso anni prima a Roma, e per il quale era stato costretto a lasciare la città.

Doppiamente latitante, Caravaggio avrebbe goduto della protezione dell’arcivescovo di Messina Frà Bonaventura Secusio, che in quanto ex Ministro Generale dei Minori Osservanti francescani, avrebbe assicurato al Caravaggio le principali committenze ricevute durante il soggiorno nell’isola, mettendolo nelle condizioni di poter esprimere la sua creatività in maniera insolitamente libera, rispetto al passato, dai vincoli imposti dalle commissioni.

Spadaro ha così mostrato al pubblico diverse opere realizzate in Sicilia dal Caravaggio, evidenziando come in molte di queste si ritrovassero particolari riferimenti ad altre opere e a personaggi del vissuto del pittore.

Il libro è il risultato di studi e ricerche d’archivio condotte per vari anni dall’autore; tra queste, quella condotta negli archivi di Messina è riuscita a dare una spiegazione sul perché la commissione data dal nobile Giovanni Battista Lazzari di disegnare una pala raffigurante la Madonna si fosse poi concretizzata nell’oggi famosa “Resurrezione di Lazzaro”, essendo nel frattempo verificatasi, come scoperto da Spadaro la morte del fratello del committente.

Il soggiorno di Caravaggio in Sicilia, così come i significati di alcune sue opere, sembrano in definitiva, nonostante le ulteriori scoperte, ancora avvolti nel mistero. Così come un mistero rimane ancora la sorte della Natività, l’opera del Caravaggio rubata nel 1969 da Cosa nostra, attraverso le mani dell’oggi collaboratore di giustizia Francesco Marino Mannoia. Fu proprio Spadaro, nel 1984, a ritrovare un’importantissima copia dell’opera, eseguita a pochi anni dall’originale dal pittore palermitano Paolo Geraci, custodita inconsapevolmente nella stanza del prefetto di Catania. Quanto all’originale, secondo il pentito Cangemi, essa sarebbe ancora nelle mani della mafia che la esporrebbe durante i più importanti summit, come segno di potere.


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