Il governo spinge per apporre i lucchetti al residence degli Aranci, entro un paio d'anni. Ipotesi che apre - subito ma anche in prospettiva - una questione occupazionale. I servizi agli ospiti diminuiscono. «Una bomba a orologeria», avverte il sindaco Mistretta
Cara Mineo, il piano per la chiusura e la «quota 1500» «Tra sei giorni sospesa assistenza sanitaria ai migranti»
Un piano del governo per la chiusura definitiva del Cara di Mineo. Un progetto che potrebbe divenire realtà entro 18 mesi. Sebbene i quattro lotti per i servizi all’interno del Cara – assegnati di recente dalla prefettura – presentino una durata su base triennale. Se fino a qualche tempo fa al residence degli Aranci di Mineo erano presenti oltre 4mila persone, oggi gli ospiti sono meno di 1800. Se si mettono in fila – come tessere del domino – la situazione politica generale, la volontà netta del ministro degli Interni Matteo Salvini e il sostanziale stop agli sbarchi nel Catanese, seguito al blocco della nave Diciotti, si comprende come non sia affatto fuori dal mondo l’ipotesi di apporre un catenaccio al villaggio che sorge ai margini della Catania-Gela. Alcune fonti situano il momento della chiusura al raggiungimento della «quota 1500», ovvero 1500 persone. Ma qui i modelli di integrazione si incrociano anche con un’altra, spinosa questione: quella occupazionale.
Il nuovo appalto, entrato in vigore giorno 1 ottobre, è stato disegnato per 2400 persone, anziché per 4mila. Questo ha già comportato una riduzione dei lavoratori impiegati all’interno del Cara, da 350 fino ai circa 190 di oggi, 41 dei quali si occupano della preparazione dei pasti. Nel passaggio da un appalto all’altro sono andate in fumo 48mila ore lavorative l’anno. «E c’è anche il tema legato alle professionalità che queste persone hanno sviluppato – avverte Francesco D’Amico, della Filcams Cgil di Caltagirone – Per uno che ha fatto il mediatore, che oggi si ritrova tagliato fuori, è difficile trovare un impiego nel Calatino».
I sindacati sanno che il governo nazionale composto da Lega e M5s sta lavorando sotto traccia la partita del closing. «Quello – spiega Giacomo Rota della Cgil – è un piano che Salvini ha sempre avuto in mente, ma secondo me non ci arriveranno prima di un paio d’anni». Per quanto il numero dei migranti diminuisca costantemente da settimane, sono ancora numerose le pratiche per la richiesta dei vari status (quello di rifugiato, ma anche le varie sfumature di protezione) che devono essere concluse. I tempi medio lunghi previsti da chi punta a chiudere Mineo sono dati soprattutto da questa circostanza. «L’iter per il riconoscimento della protezione – aggiunge una fonte di MeridioNews – dura circa 8 mesi».
La diminuzione dei servizi, intanto, però non comporta soltanto la perdita di posti di lavoro, ma anche uno scadimento nella tutela dei migranti. E chi rappresenta la città non può far altro che lanciare un allarme. «Io le dico – rivela il sindaco Giuseppe Mistretta – che mi è arrivata da poco una nota dell’Asp: dal 27 ottobre sospenderà l’assistenza sanitaria ai migranti, che dovranno dotarsi di un codice fiscale provvisorio e scegliersi un medico di base e un pediatra a Mineo. Prima c’era una sorta di convenzione con l’Azienda sanitaria per la quale venivano incaricati dei medici, che si recavano lì sul posto». Un servizio non previsto dal nuovo appalto. Il primo cittadino prevede già dei disagi. «Come si può arrivare al paradosso – continua – di pensare che 2mila persone debbano “salire” a Mineo per la medicina di base?».
L’assistenza medica in loco non è l’unico servizio depennato. «In questi giorni – racconta Mistretta – ho visto che numerosi migranti hanno ripreso a venire in città a piedi o in bicicletta, perché di sicuro non è più previsto il trasporto verso Mineo. Considerato che la strada è piena di tornanti, mettono a rischio la loro stessa vita». Un quadro che non lascia presagire niente di buono. «Allora il governo decida cosa fare – sospira il primo cittadino – perché in questo modo diventa una bomba a orologeria. Io non sono per la pensione d’oro, ma la qualità dell’accoglienza deve essere decente. O lo gestiscono bene – conclude – oppure lo chiudano».