La seconda parte dell'inchiesta Mafia Capitale torna ad approfondire la vicenda legata all'assegnazione dei servizi all'interno del Centro d'accoglienza per richiedenti asilo. Spiegando come, secondo l'accusa, è stato possibile truccare una gara da 97 milioni a favore del gruppo La Cascina. Ma le irregolarità affonderebbero già al 2011
Cara Mineo, il bando blindato: «La gara è finta» Le indagini si allargano alla gestione Castiglione
«Noi non volevamo fare la gara perché è una finta gara… cioè che cazzo vai a fa’ na gara come quella quando la struttura è solo quella?». Eccolo il bando «blindato» per la gestione del Cara di Mineo. Parola di Luca Odevaine. La gara da 97 milioni di euro per gestire i servizi all’interno del centro d’accoglienza per richiedenti asilo dal 2014 al 2017 sarebbe stata truccata. A sostenerlo sono i pubblici ministeri della procura di Roma che coordinano l’inchiesta Mafia Capitale. Una mole di intercettazioni sta alla base delle accuse. La maggior parte coinvolge proprio Odevaine, l’uomo del giro di Massimo Carminati che avrebbe permesso di far funzionare affari di milioni di euro sulla pelle dei migranti. Grazie agli incarichi ricoperti: appartenente al Tavolo di coordinamento nazionale sull’accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale e membro di tutte le commissioni, a partire dal 2011, che hanno aggiudicato gli appalti del Centro d’accoglienza per richiedenti asilo di Mineo. Sull’ultima gara, quella assegnata nel luglio del 2014, spiega al telefono con il suo fidato commercialista, Stefano Bravo: «Pubblichiamo il bando, poi tornerò per la commissione per aggiudicarla, però diciamo che è abbastanza blindato insomma, non sarà difficile che se lo possa aggiudicare qualcun altro (i due ridono), no vabbé dai è quasi impossibile nel senso che alla fine […] continueranno a gestirlo quelli che lo gestiscono adesso».
I gestori, di ieri e di oggi, sono le imprese che compongono l’associazione temporanea d’imprese Casa della solidarietà: la Senis Hospes, il consorzio Sol. Calatino, il consorzio Sisifo, la Pizzarotti (proprietaria del residence degli aranci dove ha sede il Cara), il comitato provinciale della Croce Rossa e, soprattutto Cascina Global Service. È con quest’ultima – che opera nel settore della ristorazione e dell’immigrazione – che, secondo l’accusa, Odevaine ha un solido e antico legame. «Un rapporto di natura illecita», in cui il componente della commissione aggiudicatrice sarebbe finito nel libro paga della ditta. In cambio di una gara blindata. Odevaine, intercettato, non mostra timore di eventuali ricorsi da parte di ditte perdenti. «Quelli del mestiere lo sanno benissimo chi sono, chi ci sta dietro – dice – e quindi… che te devo dì, faranno ricorso e che cazzo te devo dì, d’altronde bisogna vedè pure se sono in grado, anche perché poi il principale concorrente è in vaglio di amministrazione controllata».
Gli investigatori ricostruiscono dettagliatamente i passaggi che hanno preceduto la gara, gli incontri tra Odevaine e i rappresentanti del gruppo La Cascina, a cui il membro della commissione avrebbe fornito persino i dati per accedere alla sua email personale, permettendo così all’impresa di conoscere in anteprima tutti i dettagli del bando, compreso il capitolato d’appalto. Odevaine incontra Carmine Parabita e Domenico Cammisa (rispettivamente componente del cda e amministratore delegato de La Cascina) e, davanti a loro, chiama al telefono Giovanni Ferrera, direttore del Consorzio Calatino Terra d’Accoglienza e futuro presidente della commissione aggiudicatrice, con il quale discute, in viva voce, dei contenuti del bando. Durante la conversazione parlano anche della previsione di un punteggio incrementale da attribuire per il possesso del requisito del centro cottura entro il raggio dei 30 chilometri. Fattore già inserito nei precedenti bandi e risultato decisivo per l’aggiudicazione della gara. «A me – spiega Odevaine a Salvatore Menolascina (altro componente del cda) e Parabita, tranquillizzandoli – la gara, devo dire la verità, non mi preoccupa affatto. Ti dico, l’unica cosa che mi preoccupa è a questo punto la composizione della commissione. L’importante è che ci stiamo io e Giovanni (Ferrera, ndr)».
Proprio sulla nomina di Odevaine nella commissione giudicatrice ci sarebbero state resistenze da parte di alcuni sindaci del Consorzio Calatino terra d’accoglienza. Le indagini hanno accertato un intervento de La Cascina per risolvere il problema. Tramite Ferrera, Odevaine viene assunto come dipendente al Consorzio. E poco dopo viene nominato nella commissione aggiudicatrice, assieme allo stesso Ferrera e all’architetto Salvatore Lentini.
Ma le presunte irregolarità nell’assegnazione dei servizi all’interno del Cara non si sarebbero limitate solo all’ultima gara. Durante un incontro con i vertici de La Cascina, è lo stesso Odevaine a ricordare l’origine dei loro rapporti e a chiarire il contenuto degli accordi economici raggiunti nel tempo. «Quando Gabrielli (capo della Protezione civile nazionale ndr) mi chiese di andare giù a Mineo, cominciai a fare un ragionamento con Giuseppe Castiglione. L’aria non era proprio delle migliori, però lui venne nominato sub-commissario di Gabrielli. Quando io ero andato giù, mi è venuto a prendere lui all’aeroporto, mi ha portato a pranzo. Arriviamo al tavolo, c’era pure un’altra sedia vuota. Dico “eh chi?” e praticamente arrivai a capì che quello che veniva a pranzo con noi era quello che avrebbe dovuto vincere la gara», spiega Odevaine ridendo. «C’è voluto un po’ di tempo – continua – però abbiamo concordato un percorso. Gli ho detto “io capisco che dobbiamo valorizzare tutte le realtà locali, fare un consorzio di cooperative, però sta roba qua non può essere affidata solo a piccole cooperative locali“. Per cui alla fine lui capisce, gli dico “noi dobbiamo creare un gruppo, poi facciamo la gara, però certo favoriamo le condizioni per cui ci sia un gruppo forte”. Ne parlo con questi dell’Arciconfraternita a Roma, loro nel frattempo si erano appunto fusi con la Cascina, per cui ho conosciuto loro gliel’ho presentati a Castiglione».
Giuseppe Castiglione, sottosegretario all’Agricoltura e uomo forte del Nuovo centro destra in Sicilia, non è tra i 44 arrestati. E, al momento, non avrebbe ricevuto nessun avviso di garanzia. Odevaine, Cammisa, Francesco Ferrara (vicepresidente de La Cascina), Menolascina, Parabita e Bravo sono accusati a vario titolo di concorso in corruzione e turbativa d’asta per reato continuato.