Campagna #VoglioStudiare per istruzione a migranti «Hanno il diritto di completare gli studi che iniziano»

Vengono da Ghana, Mali, Sierra Leone Senegal. Nomi, storie, esperienze diverse di migranti, spesso minori non accompagnati, che vivono nella città di Catania. Accomunati dal desiderio dello studio, l’unica possibilità che hanno per inserirsi nel mondo del lavoro, ottenere il permesso di soggiorno di lunga durata e integrarsi nella società. «Abbiamo bisogno di una scuola dove possiamo imparare qualcosa e avere la licenza media – affermano Abbas, Moussa, Yahya – non conosciamo nulla qui, non conosciamo la lingua, non conosciamo il lavoro». Lo dicono forte e chiaro nei video, lo ribadiscono con lo sguardo nelle fotografie che i docenti del Cpia (Centro per l’istruzione degli adulti) di Catania postano sui social network con l’hashtag #VoglioStudiare

Una campagna social che se da un lato serve a sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sul fatto che questi ragazzi non rappresentano un problema ma delle risorse, dall’altra ha creato una rete di solidarietà nei confronti dello studente Mamadou, trasferito da un giorno all’altro al centro richiedenti asilo di Mineo non appena diventato maggiorenne. A causa, pare, della mancata richiesta da parte del tutore, quando era ancora minorenne, della permanenza a Catania per poter completare il ciclo di studi e ottenere la licenza media. «Mamadou Touré è uno dei più volenterosi alunni che ho avuto e avrebbe avuto il diritto di completare il suo percorso di studi fino a 21 anni, anche se in realtà gli sarebbero bastati sei mesi, visto che a giugno avrebbe fatto gli esami di terza media», racconta a MeridioNews Alessandro De Filippo, che insegna Italiano e che insieme a colleghi e associazioni, e con un ricorso agli educatori di Mineo, sta facendo di tutto per fare rientrare l’alunno a Catania o per farlo trasferire allo Sprar di Caltagirone, dove potrebbe portare a termine l’anno scolastico.

«Se li facciamo frequentare a singhiozzo e non gli diamo continuità non li mettiamo nelle condizioni di essere compatibili con le regole della nostra società. Sembra che si faccia di tutto per non fare integrare questi ragazzi quando si dovrebbe lavorare per ottenere il contrario», aggiunge il professore, sottolineando il problema dell’assegnazione dei tutori, mansione che viene seguita dal tribunale dei minori, e di cui i minori stessi non sanno nulla. «Se si tratta di persone serie si interessano. Altrimenti come è stato per Mamadou li lasciano al loro destino di pacchi da spostare a seconda della disponibilità di letti». Al Cpia ci sono altri sette ragazzi che presto diverranno maggiorenni e rischiano di essere trasferiti. 

Landing, per esempio, è a Catania da otto mesi, a settembre diventerà maggiorenne ma per lui non sarà una festa, perché da quel momento teme di essere spostato come il compagno di stanza Madamou dall’educandato Regina Elena, comunità a cui i docenti si sono rivolti per invitare a un colloquio scolastico i tutori dei minori, di cui non conoscono il nome e che hanno la loro responsabilità legale. L’unico punto di riferimento che hanno questi ragazzi sono i docenti di scuola, che cercano di rendere gli studenti indipendenti per aprirsi una strada e avere un’opportunità. «Metterli appena diciottenni al Cara di Mineo, dove ci sono quattromila persone che vivono in condizioni difficilmente controllabili, è un danno – sostiene De Filippo – Sono dei bravi ragazzi e vogliamo che trovino una sistemazione. Se ci permettono di arrivare al termine del percorso scolastico saranno le loro qualità a permettergli di restare».


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