Jankto, i calciatori gay e il mercato della minchia / L’asso di mazze

La minchia deve girare. Lo dico parafrasando il detto di Gianni Agnelli o di Silvio Berlusconi o forse di entrambi; «la patonza deve girare». E lo dico a proposito del primo coming out di un giocatore di serie A, Jakub Jankto: «Sono gay e non voglio più nascondermi». Finalmente!
Era ora! Non solo per Jakub Jankto e per l’esempio e il coraggio che potrà dare ad altri giocatori, ma soprattutto per il mercato che gira intorno al calcio, che non è fatto solo di compravendita di giocatori ma anche di molte altre economie compresa quella della stampa, cartacea e multimediale, che si occupa di costume e di moda e di gossip e che fino adesso era confinata nel cliché David & Victoria Beckam: una cornucopia di WAGS (wife and girlfriends, mogli e fidanzate di giocatori) e di relative corna e vacanze e paparazzate e coppie che scoppiano e altre che si riformano.

Bene, da adesso il mercato si allarga! Più lavoro per tutti: fotograf*, conduttor* televisivi, giornalist*, commentator*, espert* di moda, chirurgh* estetici, estetist*, shampist* e via discorrend*.
Vedi, già hanno interpellato l’ex compagna di Jankto, dal quale ha avuto un figlio: «Sono contenta e orgogliosa di lui».
Per quanto riguarda il ministro dello Sport, Andrea Abodi, che si è detto «contro le ostentazioni» ostentando il proprio pensiero, è come se un ministro alla Cultura commentasse (senza averlo letto, va da sé) il libro di uno scrittore gay che parla di storie gay con un: «La letteratura deve essere libera ma non amo le ostentazioni, e comunque cercherò di approfondire». Ha fatto bene Gramellini a scrivere di fastidioso «etero pride».
Come il capitale, anche la minchia deve girare, e non solo in campo.


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