Caccia al tesoro: la farsa dei beni confiscati

La nostra caccia al tesoro registra un’atmosfera di pessimismo. Tutti i nostri lettori, infatti, sono convinti dell’impossibilità di trovare un solo parlamentare nazionale eletto in Sicilia che, almeno una volta nella vita, non abbia venduto gli interessi della propria terra a Roma. Noi condividiamo solo in parte questo pessimismo e, per aiutare i nostri lettori in questa ricerca – oggettivamente difficile – abbiamo deciso fornire alcuni elementi utili. Lo sappiamo: l’ascarismo tra i nostri parlamentari nazionali è piuttosto diffuso. Però arrendersi al primo ‘giro’ è un errore. Andiamo, insomma, con l’ ‘aiutino’, nella speranza che qualcuno ritrovi un po’ di ottimismo.

Oggi, ad esempio, vi raccontiamo una storia che è andata in scena qualche tempo fa a Roma, durante una delle tante sedute del parlamento nazionale. Argomento: i beni confiscati alla mafia. Beni mobili e immobili. Ministro dell’Economia, a quel tempo, era Giulio Tremonti. Capo del governo, ovviamente, il Cavaliere Berlusconi. In discussione c’è la destinazione di questi beni: debbono restare nei luoghi dono sono stati confiscati o debbono essere gestiti da Roma?

Il riferimento, ovviamente, è al denaro – ingenti quantità di denaro – perché i beni immobili, almeno fino ad oggi, non possono essere ‘staccati’ -per esempio dalla Sicilia – e portati via. E infatti è solo per questo che i ‘piemontesi, nel 1860 – quei piemontesi che svuotarono le ‘casse’ del Banco di Sicilia per pagare i debiti di casa Savoia – non si portarono via, ad  esempio, la cattedrale di Monreale, il Palazzo Reale di Palermo, l’area archeologica di Siracusa, Selinunte, Segesta, il barocco di Ibla, Modica, la Valle dei Templi di Agrigento e via continuando.

Dunque, quel giorno, in parlamento, a Roma, si discuteva se i soldi – tanti, tantissimi soldi – confiscati alla mafia dovessero essere restituiti alla regione di provenienza, o se dovessero essere gestiti da Roma ‘spalmandoli’ su tutt’e venti regioni italiane. O, ancora meglio – che poi è la tesi che, di fatto, è passata – se fosse più ‘giusto’ spendere questi soldi nel Centro Nord Italia.

Ovviamente, anche se mafia e ‘ndrangheta sono già da un pezzo presenti a Milano e dintorni, a quella data il 90 per cento circa di queste confische di denaro riguardava Campania, Calabria e Sicilia. Quel giorno, a Montecitorio, in particolare, si parlava di un bel gruzzolo di soldi che era stato quasi del tutto confiscato a mafiosi siciliani. I quali, ovviamente, tra ‘pizzo’, ricatti e mafioserie varie, li avevano sottratti ai imprenditori siciliani.

A chi sarebbero dovuti andare questi soldi? In un Paese civile la domanda non si sarebbe nemmeno posta: alla regione dalla quale erano stati ‘prelevati’: cioè alla Sicilia. Invece, dopo un lungo e ‘appassionato’ dibattito, il parlamento nazionale ha deciso che questi soldi sarebbero stati gestiti da Roma. Ufficialmente, per ‘spalmarli’ sulle venti regioni del nostra Paese. In pratica, per realizzare infrastrutture nel Centro Nord d’Italia, visto che il Sud, già allora, aveva a disposizione le risorse Fas (Fondo per le aree sottoutilizzate), ma non le spendeva.

Così la Sicilia è stata fregata due volte. La prima volta dalla mafia che ha ‘drenato’ queste risorse dal sistema economico siciliano. La seconda volta dallo Stato, che si è tenuto questi soldi e li ha spesi altrove. Cornuti & mazziati. E ‘ascari’, perché i parlamentari siciliani eletti in Sicilia, diciamolo, non hanno fatto le barricate per impedire questo scempio di giustizia economica e sociale.

Tutti – e almeno in quell’occasione – tranne uno. Così torniamo alla nostra caccia al tesoro, ovvero la ricerca di un parlamentare non ascaro, anche a tempo. Prima domanda: come si chiama il parlamentare nazionale eletto in Sicilia che ha provato, senza successo, a impedire questi scippo? Seconda domanda: chi è il parlamentare nazionale – sempre eletto in Sicilia – che in quel momento ricopriva, in questa vicenda, un ruolo importante – che non ha fatto nulla per tutelare gli interessi della sua terra?

Cari lettori di LinkSicilia, a voi la parola: la nostra caccia al tesoro è solo all’inizio.


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La nostra caccia al tesoro registra un'atmosfera di pessimismo. Tutti i nostri lettori, infatti, sono convinti dell'impossibilità di trovare un solo parlamentare nazionale eletto in sicilia che, almeno una volta nella vita, non abbia venduto gli interessi della propria terra a roma. Noi condividiamo solo in parte questo pessimismo e, per aiutare i nostri lettori in questa ricerca - oggettivamente difficile - abbiamo deciso fornire alcuni elementi utili. Lo sappiamo: l'ascarismo tra i nostri parlamentari nazionali è piuttosto diffuso. Però arrendersi al primo 'giro' è un errore. Andiamo, insomma, con l' 'aiutino', nella speranza che qualcuno ritrovi un po' di ottimismo.

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